di Goffredo FofiSOMMARIO. Come il "Corriere della Sera" e "L'Unità", il quotidiano napoletano dedica l'intera prima pagina culturale al romanzo di Maria Teresa Di lascia. Per Fofi, la scrittrice, che si è scelta "madri" di altissimo livello, come la Morante e la Ortese, ha scritto uno straordinario "ritratto di società meridionale e di famiglia meridionale". Esprime l'amarezza per la perdita di un talento così valido e alto. Generoso Picone rievoca la figura della Di Lascia, riportando anche alcune dichiarazioni, tra cui quella di Emma Bonino, che ricorda la "visionarietà" e la "poesia" della compagna di lotte radicali.
(La pagina 'Cultura e Società' è quasi interamente dedicata a Mariateresa Di Lascia e al suo romanzo. Al centro pagina una splendida e suggestiva foto con il volto, intensamente assorto, di Mariateresa accanto ai volti di Elsa Morante e Anna Maria Ortese).
(IL MATTINO, 3 marzo 1993)
Esce, poco dopo la sua morte, il libro di Mariateresa Di Lascia. E già viene assimilato all'opera di Ortese e Morante.
Il romanzo di Mariateresa Di Lascia, Passaggio in ombra, celebra "i riti incantati della MEMORIA e del FUTURO" come vissuti nell'età d'oro della vita, nella favola dell'infanzia e dell'adolescenza. E narra il loro periodico scambiarsi di veste, e la loro rovina, che è il Tempo. Li celebra e li narra con magnificenza di prosa, con perfetto controllo di scansioni e simmetrie, con la sapienza di una narratrice di razza che ha letto e assimilato i modelli più ardui. Essi sono quelli della linea femminile della nostra letteratura degli ultimi decenni, certamente più ricca di risultati sul versante delle scrittrici che su quello degli scrittori. Sentiamo le buone letture, le adesioni persuase, la corrispondenza di pulsioni e di aspirazioni, una lingua e degli occhi che nascono dai sentimenti, o meglio da un sentimento dell'esistenza come passione, destinata a non realizzarsi e a permanere sconfitta e tuttavia a riprodursi, a rigenerarsi. Di "madre" in "figlia".
La Di Lascia si è scelta "madri" straordinarie, e straordinariamente solitarie, come la Morante e la Ortese; soprattutto la prima, di cui, a inizio del romanzo, si sente il peso e si ha paura dell'imitazione, ma per vedere sciolta quest'impressione rapidissimamente, al calore di una visione e di una scrittura molto autonoma. Di madre in figlia si snoda anche la vicenda del romanzo (come in un'altra scrittrice di area napoletana recente, la Ferrante, che ha scavato con particolare crudeltà dentro questo rapporto), che è una storia di famiglia meridionale, eminentemente meridionale. E di altri tempi, non lontani, quando il Sud era ancora pienamente Sud, e le famiglie un nodo, vasto di membri e sorprese, di affetti e di conflitti, di esplicito e di nascosto che coinvolgeva tutta la vita, che proteggeva e opprimeva per tutta la vita. Raccontare 'Passaggio in ombra' è in un certo senso superfluo; la sua "trama" è semplice e complicata come quella di ogni storia di famiglia, e l'autrice sa muoversi con superba cap
acità d'intreccio nella semplicità, con essenziale richiamo alla nudità dei rapporti basilari nella complessità. Due cose non se ne devono però tacere, perché fanno il succo del romanzo. La prima sta nel rapporto che esiste - in questa famiglia non più eccezionale di tante, e tuttavia, come ogni famiglia, con la sua particolarità ed eccezionalità - tra le donne e gli uomini che vi si attraggono e fronteggiano. Siamo in una società dove gli uomini comandano, e però rappresentano loro l'instabilità, la difficoltà della durata, la superficialità dei rapporti, mentre le donne sono il legame, la fedeltà, la continuità troppo spesso frustrata e tradita dagli uomini. Della famiglia D'Auria, dice uno dei suoi membri traditi, un "bastardo": "No, non si può dire che siano cattivi... E' che sono ...Sono fatui, ecco! sono fatui e feroci!".
Vale per le donne (la massiccia donna Peppina, che mi sembra uno dei più riusciti "caratteri" femminili della nostra letteratura) ma vale soprattutto per gli uomini, e per i due che nel romanzo combinano e scombinano, con fatuità e con ferocia, padre e figlio, Tripoli e Francesco, la vita di Anita e della narratrice Chiara, che sono la mancata moglie e la figlia di Francesco.
La vita di Chiara è segnata dalla irregolarità della nascita, così come quella del cugino bastardo, di cui s'innamora ricambiata una volta adolescente. Del giovane Saverio tutti dovrebbero ignorare la parentela con i D'Auria e fin l'esistenza.
Ogni amore, in una società chiusa e in un clan rischia di essere incestuoso. Tra Chiara e Saverio non può esserci amore per la condanna - colpa non espressa, misteriosa, genetica e sociale - che pesa sull'incesto, ma ogni famiglia riproduce questa colpa, ne ha inciso nella sua fibra il segno occultato, un rischio che è quello della chiusura, e per questo è tanto più forte nelle società più chiuse. Il tradimento è tradimento dei padri, però, e la fedeltà è delle madri.
Ritratto di società meridionale e di famiglia meridionale, 'Passaggio in ombra', è raccontato in prima persona e in flash-back dalla protagonista Chiara dal basso, dall'infimo della sua caduta e della sua solitudine - rivendicata, scelta, e disperatamente rivoltosa contro i padri che però non si è osato "uccidere". (Non è una antica Beatrice Cenci, Chiara, e, non sa adempiere alla possibilità del parricidio perché è forse la complicità stessa delle altre donne ad impedirlo, è la complessità dei legami, è il laccio della famiglia). Dall'infimo della caduta, ma qui sta la grandezza del libro, dall'alto dell'esperienza aurea (D'Auria: il cognome non è certo casuale) dell'età felice, quella in cui anche la tragedia è vita, in cui il mormorare o il gridare della vita invade e travolge coi suoi fiati e le sue luci, i suoi sbalordimenti e una gamma di possibilità che paiono infinite.
Mariateresa Di Lascia sarebbe diventata, non fosse morta così precocemente, una grande scrittrice; ma lo è già così, con un solo romanzo compiuto. Si saluta l'apparizione di questo libro così intenso, ampio, trascinante, colorito, doloroso e vitale con un sordo rancore verso la sorte che ha strappato alla vita una donna di grandissimo talento e ci impedirà di seguirla in altre sue opere. Il "passaggio in ombra" è stato anche il suo, breve e però pieno di luce, il cui senso si è raccolto - motivo di gioia per il lettore che si allontana dalle sue pagine con la malinconia di un distacco finale - nella luminosità e nella gloria di queste splendide pagine.
LA POLITICA COME POESIA
Il Ricordo
di Generoso Picone
Bella, era bella Mariateresa di Lascia, che ora non c'è più e ci ha lasciato un libro a tenerla ancora in vita. Bella, era bella Mariateresa Di Lascia che aveva quarant'anni quando morì, a metà dello scorso agosto, per un cancro che l'annientò in un paio di settimane. "Quando faccio una cosa io la faccio per bene", disse al suo compagno, Sergio D'Elia, ironizzando su quella sua mania del rigore, della precisione. E nessuno potrà mai capire quanto le sia costato, a lei che amava la vita e le persone fino all'estremo, con voracità, con ineguagliata energia.
Era nata a Rocchetta Sant'Antonio, in provincia di Foggia, il 3 gennaio del 1954. La sua militanza nel Partito Radicale datava dagli inizi degli anni '80 e nel 1982 era diventata vice segretaria nazionale, alle spalle di Marco Pannella, e quindi deputata al Parlamento. Impegnata in campagne per la difesa dei diritti umani in Europa Orientale, nel 1987 aveva coordinato la campagna contro il nucleare e quindi fondato la lega "Nessuno tocchi Caino" per l'abolizione della pena di morte. Assieme ad Adriano Sofri, nel 1993, aveva animato l'iniziativa "Io digiuno" in aiuto alle vittime della guerra nell'ex Jugoslavia.
Anni di battaglie, di lotte, di politica.
"Era una persona politica nel senso alto del termine", spiega Emma Bonino: "Di grande intelligenza, arrivava subito all'essenza dei problemi con il suo linguaggio, evocativo ma non disordinato come quello di Marco Pannella. Mariateresa ha avuto la capacità di non essere mai né mediocre né conformista. E anche il suo carattere così insofferente e duro rendeva più difficile amarla, però anche più prezioso". "Il suo cattivo carattere era IL carattere. Intollerante, aggressivo, 'un litigio non si nega a nessuno' diceva, ma con l'aggressività voleva esclusivamente invitare l'altro a tirare fuori il meglio di sé", ricorda Sergio D'Elia, oggi segretario di "Nessuno tocchi Caino", la lega fondata con Mariateresa. D'Elia la conobbe alla fine dell'86, quando lui era ancora in carcere come militante di Prima Linea e si iscrisse al Partito Radicale.
"Mariateresa mi aiutò moltissimo, in carcere e dopo, a uscire dalla mia storia non da sconfitto e a recuperare la mia parte migliore".
'Passaggio in ombra', è il frutto di quattro anni di scrittura, dall'88 al '92. Prima Mariateresa Di Lascia aveva completato 'La coda della lucertola', romanzo che però non volle pubblicare. Dopo, con il racconto 'Compleanno' vinse il "Premio millelire" e l'anno scorso aveva cominciato a lavorare al romanzo "Le relazioni sentimentali", rimasto incompiuto. "Nel '90 mandò 'Passaggio in ombra' all'Adelphi - aggiunge D'Elia - Ena Marchi ne diede un giudizio ampiamente positivo mentre Pontiggia espresse qualche perplessità sulla struttura narrativa. Quindi niente. La Feltrinelli, invece, lo ha pubblicato in pratica come Mariateresa l'aveva scritto".
E 'Passaggio in ombra' ora è lì, a testimoniare di una narratrice già apparentata con Elsa Morante, Anna Maria Ortese, Marguerite Yourcenar. "Dal libro ho conosciuto una parte nascosta di Mariateresa" è il giudizio tutto umano di Emma Bonino. "Ne leggo le pagine e sento Mariateresa ancora con me, la sua visionarietà, la sua poesia", dice Sergio D'Elia. Il primo libro che Mariateresa gli regalò fu 'Il piccolo principe' di Antoine Saint-Exupéry, il libro che precisava un po' il suo punto di vista sul mondo, dalla parte dei bambini che lei amava e soprattutto rispettava.
"Ecco, Mariateresa intendeva la politica così, alla maniera del Piccolo principe, innocente, mai compromissoria, rigorosa. Questa era Mariateresa; questa è".