di Mauro MelliniDalla relazione del Segretario del Pr uscente Mauro Mellini al VI Congresso di Milano (1, 2, 3 novembre 1969) i temi che caratterizzano l'impegno politico del partito nel 1970: l'approvazione del divorzio, l'organizzazione del referendum abrogativo del Concordato, la propaganda per l'esenzione dall'insegnamento confessionale, la marcia antimilitarista Milano-Vicenza.
(NOTIZIE RADICALI n. 80, 19 novembre 1969)
TESTO DELLA RELAZIONE DI POLITICA GENERALE LETTA DAL SEGRETARIO NAZIONALE USCENTE MAURO MELLINI AL CONGRESSO DI MILANO. TALE RELAZIONE PUO' ESSERE IMPORTANTE PER CONSENTIRE UNA ESATTA VALUTAZIONE SUGLI IMPEGNI POLITICI ASSUNTI DAL PARTITO E SULLE INIZIATIVE CHE LA NUOVA SEGRETERIA E DIREZIONE DOVRANNO PRENDERE PER ASSICURARNE, PER IL NUOVO ANNO, UN PIU' AMPIO SVILUPPO.
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Un anno fa, a conclusione del congresso di Ravenna, veniva approvata, accanto ad una mozione generale, una seconda mozione, passata all'unanimità dei voti, che impegnava il partito ad iniziare, nel primo giorno di entrata in vigore della legge di attuazione dell'istituto costituzionale del referendum popolare, la raccolta delle firme necessarie per sottoporre a referendum abrogativo il concordato tra lo Stato e la Santa Sede.
Questo tipo di azione politica, consistente nel concentrare su di un particolare obbiettivo l'attività del partito in quanto tale, e nel promuovere attorno a tale specifica azione, il consenso e la partecipazione di un largo schieramento di forze, con un movimento popolare dal basso, capace di determinare un atteggiamento favorevole anche da parte di altri partiti e movimenti della sinistra italiana, risponde ad una indicazione sui metodi e sugli obiettivi di lotta politica contenuti nella mozione generale approvata dal congresso, nella quale veniva riaffermata la validità dell'azione diretta, attraverso la formazione di movimenti suscettibili di mobilitare larghe masse, a perseguire obiettivi immediati di trasformazione e di scardinamento nei confronti di strutture e di istituzioni essenziali, nel contesto politico e sociale italiano, alla conservazione ed all'autoritarismo espressi dal regime. La lotta contro il clericalismo, il militarismo, le strutture assistenziali oppressive, la corruzione istituzional
izzata quale strumento di potere venivano individuati quali altrettanti fronti dell'azione antiautoritaria del partito radicale.
Ma il voto di una specifica mozione che impegnava il partito con determinate e precise scadenze, ad una azione contro il concordato, fissando modi e tempi dell'azione stessa, attribuiva ovviamente carattere di priorità a tutto quanto occorreva compiere in tale direzione, rispetto ad ogni altro impegno e ad ogni altra battaglia in cui il partito come è impegnato.
La lotta contro il concordato ed una chiara posizione abrogazionista, sono da sempre proprie del nostro partito. La lotta per il divorzio, che ci ha visti impegnati in prima linea, ci ha portati da tempo ad affrontare, presso vaste masse popolari tale problema, e ci ha dato modo di misurare appieno l'estrema "concretezza" della lotta anticoncordataria e la reale possibilità di condurla non soltanto sul piano di principi astratti, ma su quello certamente assai più complesso ed articolato dei molteplici interessi popolari lesi direttamente ed indirettamente dalla macchina di potere garantita e sorretta dal concordato.
D'altra parte altre lotte, che potremmo oramai definire tradizionali per i radicali, quelle per l'assistenza, per la scuola, ci avevano condotto a scontrarci quotidianamente con il regime concordatario e clericale, così che l'iniziativa anticoncordataria ha rappresentato e rappresenta il punto di coesione e d'incontro di vari movimenti ed azioni politiche di cui il partito radicale è stato al centro.
La determinazione di prendere l'iniziativa diretta a promuovere il referendum per l'abrogazione del concordato, interveniva nel momento in cui il governo Leone aveva da poco annunziato la costituzione della commissione preparatoria per la revisione bilaterale. A Carlo Arturo Jemolo, chiamato a farne parte, il segretario del P.R. inviava subito dopo il congresso e secondo l'indicazione da questo ricevuta, una lettera con la quale, sottolineando il carattere mistificatorio delle funzioni attribuite alla commissione, rese evidenti dalla sua stessa composizione, gli comunicava l'appello dei radicali affinché rifiutasse di farne parte. La risposta negativa e alquanto nebulosa dello Jemolo, non può certo considerarsi un insuccesso di un passo che andava compiuto per non concedere alibi e coperture alle persone, oltre che alla commissione ed al governo.
Preparare la raccolta delle firme con le modalità e nei termini previsti dalla legge che frattanto veniva elaborata e votata al Senato, si è presentato subito come un compito estremamente arduo, tale da richiedere un lungo lavoro di preparazione preventiva, con la costituzione di gruppi, la prenotazione di pubblici ufficiali autorizzati dalla legge all'autenticazione, l'individuazione preventiva almeno di una gran parte delle persone, intenzionate a firmare, ed oltre a ciò, naturalmente appariva ed appare necessaria l'elaborazione dal punto di vista giuridico-costituzionale delle modalità e dei termini esatti dell'iniziativa, allo scopo di superare difficoltà che, anche di fronte alla fondamentale e primaria importanza politica dell'iniziativa in sé. Ma soprattutto andava e va compiuta un'azione diretta a determinare tra le forze politiche, i gruppi, i parlamentari, quelle adesioni necessarie a garantire in partenza un largo carattere unitario all'iniziativa.
Per questo la segreteria provvedeva, con la collaborazione di vari compagni ed in particolare di Spadaccia, alla relazione di un documento illustrativo dei punti essenziali su cui si articola l'azione anticoncordataria mediante referendum. Veniva poi organizzata una conferenza stampa-dibattito il 16 aprile, nel corso della quale il segretario del PR illustrava l'iniziativa ed i parlamentari Terracini, Galante, Garrone, Fortuna, Baslini, Ballardini e Libertini, esponevano il loro punto di vista sull'iniziativa stessa, punto di vista che, pur nella varietà delle motivazioni e nel vario grado di impegno, risultava essere largamente ed univocamente positivo. Ciò appariva tanto più rilevante, in quanto, tranne Galante Garrone, abrogazionista da sempre, gli altri partecipanti avevano in precedenza mostrato maggior propensione per le posizioni revisioniste.
Il documento per il referendum veniva pubblicizzato con un numero di Notizie Radicali, tirato a copie. Esso contiene specifiche indicazioni operative per la costituzione di gruppi e la preparazione dell'azione di raccolta ed autenticazione delle firme. Con lo stesso numero veniva lanciata una sottoscrizione popolare per sostenere le spese certamente ingenti.
Adesioni alla proposta di referendum pervenivano al PR anche in occasione della manifestazione indetta a Milano dall'ALRI il 10 maggio, al Piccolo Teatro, nel corso della quale l'ALRI stessa annunziò un'azione collaterale con un appello anticoncordatario ed il sostegno all'iniziativa per il referendum ed il sen. Albani espresse analogo atteggiamento.
Nel numero di Notizie Radicali di lancio dell'iniziativa, veniva rivolto ai divorzisti un appello perché aderissero all'azione per il referendum abrogativo del concordato, azione che aveva ed ha tra le sue motivazioni quella di fornire un necessario strumento di sicurezza per la strategia della lotta per il divorzio. L'adesione della LID, preannunziata, del resto, dallo stesso on. Fortuna, nella conferenza stampa del 16 aprile; non poteva mancare e non è mancata ed è stata formalmente espressa nella grande manifestazione divorzista a Piazza Navona a Roma il 7 giugno. Né si è trattato di una mera adesione formale: la molteplice attività della Lega si svolge, infatti, con l'obiettivo: per il divorzio, contro il concordato, uno slogan con il quale è stata indetta l'altra grande manifestazione del 21 settembre a Roma.
Per sanzionare il carattere unitario e la partecipazione di forze molteplici, non escluse quelle che vedono nel referendum una possibile alternativa ad una azione revisionista da non scartare a priori, si è deciso di dar vita ad un comitato di sostegno della campagna per la preparazione del referendum abrogativo. Finora hanno già aderito a tale comitato oltre sessanta deputati e senatori, oltre moltissimi esponenti del mondo politico e culturale.
Parallelamente all'iniziativa radicale ed in concomitanza o in collegamento con essa si sono avute per la prima volta nel paese una serie di azioni, di prese di posizione, di movimenti, che consentono di ritenere che l'azione abrogazionista abbia trovato terreno fertile e ben diverso da quanto ci si sarebbe potuti attendere solo qualche anno fa, e che l'eco di tale azione abbia contribuito a rompere certi stati di inerzia e certe passive sopportazioni che hanno consentito i maggiori successi del clericalismo nostrano.
L'undici febbraio, nel quarantesimo anniversario dei patti lateranensi, si sono avute da più parti prese di posizione in senso anticoncordatario. E se non va sopravvalutata l'astratta e generica conversione al ``superamento'' dei regimi concordatari da parte di certi professori di diritto ecclesiastico, non può essere invece sottovalutata, ad esempio, l'iniziativa di quegli studenti medi milanesi che hanno rifiutato la vacanza celebrativa per affrontare la discussione del fatto storico e delle sue conseguenze attuali. Sempre a Milano, manifestazioni anticoncordatarie si sono avute nella ricorrenza dell'11 febbraio ad iniziativa di radicali e di gruppi libertari. Né può essere sottovalutata la presa di posizione anticoncordataria e di positiva valutazione dell'iniziativa radicale, da parte della rivista ``Quest'Italia''.
Significativo l'atteggiamento di una assemblea di gruppi ecclesiali, tenuta a Roma al ... il ... nel corso della quale il rifiuto del concordato e dei privilegi da esso assicurati alla chiesa, emerse con particolare vigore e chiarezza, e significativo il fatto che in tale convegno il saluto portato dal compagno Teodori, abbia trovato maggiori consensi dell'intervento di Raniero La Valle su posizioni revisioniste, malgrado la fama di uomo del dissenso cattolico. Né va dimenticata la presa di posizione di un'organizzazione assai ben inserita nel contesto clericale quale la FUCI, che nel suo ultimo congresso una posizione di principio contraria al regolamento concordatario dei rapporti tra Stato e Chiesa: segno che certe posizioni possono essere difficilmente ignorate ed eliminate persino nell'ambiente più legato a concezioni opposte.
D'altra parte è significativo che una proposta di legge costituzionale per l'abrogazione della seconda parte dell'art. 7 della Carta, sia stata presentata da un senatore indipendente di sinistra, di provenienza cattolica, il sen. Albani, che ha il merito di avere chiaramente differenziato la sua posizione da un certo clericalismo populista e frontista che sembra godere di tante simpatie in tanta parte della sinistra italiana. La proposta del sen. Albani, rappresenta indubbiamente un'azione collaterale di cui non può essere disconosciuta l'utilità per il successo dell'azione anticoncordataria.
E' indubbio che l'iniziativa Radicale, l'essersi messo in discussione con estrema chiarezza il principio concordatario, il fatto che la questione sia oramai posta su di un piano di iniziativa dal basso, al di fuori degli schemi tradizionali, non solo ha consentito a molti che fino ad ora avevano visto nella revisione l'unica possibilità di sbloccare la situazione di riconsiderare il problema, ma ha soprattutto tolto molte illusioni a chi si illudeva di poter rapidamente giungere ad una revisione di comodo, necessaria al Vaticano come alibi e copertura, specialmente rispetto alla opinione pubblica laica e cattolica internazionale.
Insediata con notevole ritardo rispetto alla sua costituzione, la famosa commissione preparatoria non ha chiuso ancora i lavori, e pur avendo consumato il doppio del tempo previsto per l'elaborazione dei suoi pareri, pare che sia in altro mare e, malgrado l'accorta composizione, non è riuscita, a quanto sembra, neppure a trovare concordia di pareri.
Ma ancora più evidente è il disagio di certi ambienti politici clericali e collaborazionisti, nell'atteggiamento da essi assunto a proposito della legge sul referendum. Quando il varo di tale legge era sembrato rappresentasse una arma credibile di ricatto nei confronti dei partiti divorzisti, disposti a farsi ricattare, e soprattutto sembrava potesse rappresentare un alibi per tali partiti di fronte alle pressioni dell'opinione pubblica divorzista, era stato accelerato al massimo il corso della discussione della legge, al punto che questa, al Senato era risultata strozzata, con la approvazione di un testo volutamente contrario allo spirito della norma costituzionale, perché restrittivo della possibilità di effettiva promozione da parte di organizzazioni non maggioritarie, cioè da parte di quelle che solo potevano aver bisogno di valersene. Ma appena è stata resa nota l'azione diretta ad utilizzare il referendum in funzione anticoncordataria, non solo l'iter della legge alla Camera si è arrestato, ma è scompa
rso ogni accenno ad essa nel programma del monocolore Rumor.
Per denunciare il carattere ad usum dei fini della legge sul referendum approvata al Senato, e soprattutto per segnalare la grave restrizione rappresentata dal brevissimo termine utile per la raccolta di un così gran numero di firme, nonché l'iniqua regolamentazione della propaganda radiotelevisiva, congegnata in modo da assicurare la solita disponibilità ai partiti rappresentati in parlamento, anziché una effettiva parità per le opposte posizioni sul referendum, il partito ha inviato ai presidenti dei gruppi parlamentari delle Camere, al Presidente della Camera ed al Presidente della Repubblica, un pressante appello perché sia rispettato nella sua pratica attuazione il principio costituzionale, che costituisce un correttivo del sistema dei partiti e dei gruppi parlamentari. La questione posta con tale lettera, se appare oggi alquanto meno urgente, perché è da escludere una rapida e poco meditata approvazione della legge, è però sempre gravissima, ed anzi è da ritenere che oramai l'approvazione di una qualsi
asi legge di attuazione dell'istituto del referendum non possa essere ottenuta senza un battaglia dura, nella quale il partito radicale vede in giuoco, non soltanto una soluzione per il problema del concordato, ma anche la realizzazione di un istituto democratico, tanto più necessario quanto la vita parlamentare appare fiacca e scaduta.
Comunque possiamo e dobbiamo dire oggi che i tempi dell'iniziativa anticoncordataria, per il ritardo della legge, per l'avvicinarsi del periodo, in relazione alla scadenza delle elezioni politiche, in cui non potrebbe esercitarsi il referendum, appaiono alquanto più lunghi di quanto non sembrasse dovessero essere quando l'iniziativa fu deliberata al congresso di Ravenna.
Il peso organizzativo dell'iniziativa appare senz'altro ingente. Raggiungere l'obiettivo non sarà possibile se non dando vita ad una fitta rete di quei gruppi locali anticoncordatari, prevista dallo stesso documento di lancio della proposta radicale. Finora questo è stato indubbiamente il lato in cui l'azione del partito e della segreteria è apparsa maggiormente carente. Promuovere questi gruppi è la condizione essenziale per poter aspirare al successo dell'iniziativa, anche solo a quello, di per sé forse determinante, della raccolta delle 500.000 firme per una valida richiesta di referendum.
Alla fine di settembre, d'accordo con la LID, per trovare intanto precisi punti di riferimento alla futura, formale raccolta e disporre in partenza di un indirizzario dei potenziali firmatari della richiesta, si è iniziata la raccolta di firme di cittadini aderenti. Quella organizzata in talune città ha dato immediatamente un esito eccellente. La delegazione della LID di Bari ha raccolto, in pochissimi giorni, migliaia di firme. Così eccellente esito si è avuto in taluni luoghi di lavoro, come all'ACEA di Roma, dove, malgrado le intimidazioni e le rappresaglie dei dirigenti, ben più della metà del personale, ha sottoscritto i moduli d'impegno alla richiesta del referendum anticoncordatario. Rimane naturalmente il problema di tradurre il gran numero di adesioni così pervenute in un potenziale organizzativo, capace di affrontare sul piano collettivo e dell'azione coordinata una azione di propaganda e di espansione dell'iniziativa.
Né può dirsi sufficiente l'azione svolta sul piano propriamente politico, del contatto con i gruppi, i partiti, i parlamentari, in una parola rispetto alla realtà esterna al partito radicale, come pure quella diretta ad organizzare una valida centrale di coordinamento e di promozione di iniziative locali, destinate necessariamente ad assumere vaste proporzioni.
Ciò porta ad affrontare il problema della crescita e dell'adeguamento delle strutture organizzative del partito, di cui tratterò specificamente più oltre. E ciò è tanto più evidente ove si consideri la priorità concessa ad una azione di tanto impegno per una piccola formazione politica, non ha significato e non significa abbandono degli altri settori di lotta tradizionale del partito radicale. Anzi, l'anno che ora si chiude ha visto, se mai l'apertura di fronti nuovi. Non è stato certo abbandonato il fronte di lotta anticlericale, che del resto, vede realizzato nell'azione anticoncordataria la sua più concordata e valida espressione. Oltre alle manifestazioni dell'11 febbraio a Milano di cui sopra, si è fatto cenno ed a quelle promosse in varie città, va ricordato il carattere nuovo, segnato dall'accentuazione del carattere anticoncordatario, assunto quest'anno dalla celebrazione del 20 settembre, con il comizio a piazza G.Belli a Roma, con larga partecipazione popolare e giovanile.
Naturalmente connesso all'azione anticoncordataria, è il fronte del divorzio, in cui la presenza radicale continua ad essere preminente e caratterizzante. Mentre si manifestano nello schieramento laico incertezze e tentennamenti, tanto più gravi e preoccupanti quanto più prossimo appare il traguardo, mentre sembra che troppi laici abbiano una autentica paura di vincere questa battaglia, il perdurante affidamento che i nostri avversari fanno nel metodo del ritardo e dell'insabbiamento, impongono ai radicali, non soltanto un rinnovamento impegno per rinsaldare ed espandere la LID, ma anche per svolgere un'azione autonoma di pungolo e di pressione sulle altre forze dello schieramento laico, e soprattutto per condurre un attacco a fondo contro l'attuale regime matrimoniale, caratterizzato dal monopolio confessionale e clericale, che è poi la realtà che si cerca di conservare, respingendo il divorzio. Del resto, ogni giorno di più appare che certe premesse radicali sono imprescindibili per condurre a fondo la lot
ta per realizzare la riforma divorzista ed in ciò, più ancora che nell'impegno di molti di noi nella lega, sta la ragione di una sempre più stretta connessione tra l'azione del P.R. e quella della LID.
Mancante di un diretto collegamento con la battaglia anticoncordataria, ma al pari di questa espressione dell'atteggiamento antiautoritario dei radicali e della loro determinazione di colpire le strutture essenziali del regime e della società autoritaria ed oppressiva, con una azione di rottura nei confronti di quegli aspetti di esse, che per una vecchia inerzia della sinistra, sono venute a far parte delle cose intangibili, dei tabù, della società italiana, è la lotta antimilitarista.
Anche quest'anno si è avuta la manifestazione di dissenso radicale alla celebrazione militarista della festa della Repubblica del due giugno. Particolarmente intensa, come sempre, l'attività antimilitarista del gruppo di Pescara, dove Del Gatto, ha dovuto portare la testimonianza del suo antimilitarismo nell'aula della Corte d'Assise nel processo per vilipendio alle forze armate contro di lui intentato, con l'avvallo dell'autorizzazione a procedere dell'on. Reale. Ma la più importante manifestazione antimilitarista è stata senz'altro la marcia Milano-Vicenza, oramai giunta alla sua terza edizione, manifestazione che, come ogni anno ci ha consentito ampi contatti e proficui confronti con numerosi gruppi antimilitaristi e libertari. Alla Marcia è seguito il convegno di Bologna del 28 settembre, cui hanno partecipato compagni radicali, ed ora è stato organizzato il primo congresso antimilitarista per il 4 novembre in questa stessa sala.
La lotta antiautoritaria e contro le strutture oppressive dell'assistenza pubblica, per tanti versi collegata anch'essa alla lotta anticlericale ed anticoncordataria, è continuata una specifica azione riguardo alle strutture ospedaliere ed assistenziali romane, centro di potere e di corruzione su cui si inpernia il potere ed il sottobosco politico ed elettorale nella capitale. L'azione diretta contro le illegalità istituzionalizzate agli Ospedali Riuniti di Roma, è culminata con l'interruzione della seduta del consiglio di amministrazione, impegnato in un ennesimo pasticcio ed ora si protrae sul piano giudiziario per le denunzie presentate da Pannella per i reati commessi nella gestione e per la pretesa fatta valere dal dott. Alonzo, ex sovrintendente, che ha sempre evitato di sporgere querela, di ottenere danaro in sede civile per i suoi pretesi danni.
Il tentativo di dar vita ad una associazione delle famiglie dei ricoverati negli ospedali psichiatrici, quale mezzo per portare avanti una decisa azione contro la mostruosa situazione dei manicomi e della legislazione in materia, non ha avuto buon esito, malgrado gli impegni di alcuni compagni romani. Il tentativo ha tuttavia dimostrato ampie possibilità di lavoro ed ha raccolto ampi consensi, così che appare come un settore è tuttora aperto alla nostra iniziativa. Un'azione di particolare importanza è stata compiuta in un settore nuovo di lotta: quello delle strutture giudiziarie. Fu dovuta all'iniziativa ed all'organizzazione radicale la controinaugurazione dell'anno giudiziario a Piazza Cavour a Roma, ed alla proposta, oltre che alla attività organizzativa in loco di alcuni compagni radicali, furono dovute le manifestazioni svoltesi nella stessa occasione in vari centri. In tale occasione fu svolta una efficace azione diretta di militanti radicali avanti alle carceri, presso i parenti dei detenuti, e furo
no compiuti passi per dar vita ad una associazione di parenti dei detenuti per una efficace pressione in ordine al problema del regime carcerario e della disfunzione della giustizia. Un gruppo di militanti romani e milanesi diede mano alla creazione di un gruppo "rivolta giudiziaria" che, oltre che sul piano dell'azione per la trasformazione delle strutture legislative e giudiziarie, si muovesse sul piano delle norme esistenti per combattere la prassi di sopraffazione e di illegalità del regime e le sue contraddizioni clamorose, consistenti nella accanita conservazione e nella sistematica violazione di una serie di norme. Non si è riusciti a dar vita ad un gruppo autonomo e funzionante, anche se il metodo proposto e l'attenzione di una opinione pubblica abbastanza larga, fanno sì che oramai questo sia divenuto uno dei terreni di lotta riconosciuti come radicali.
Nelle sedi giudiziarie più diverse, compagni radicali hanno dovuto affrontare giudizi e subire condanne per la loro azione politica e per le sistematiche azioni repressive della polizia. Il fermo ``preventivo'' dei radicali il 2 giugno, che ricorda i metodi della polizia fascista, le denunce e le condanne per decreto dei partecipanti alla marcia antimilitarista Milano-Vicenza, il processo a carico di Pannella e Rendi per la manifestazione all'Ambasciata dell'URSS il 22 agosto del 68; le denunce ed i processi di Regina Coeli a Roma, il processo all'Assise di Pescara a carico di Del Gatto, hanno tutti in comune, alla loro origine una petulante e vessatoria azione di polizia che, malgrado il carattere non violento delle manifestazioni radicali, si accanisce con le solite pretese di ``autorizzazione'' delle manifestazioni, con la solita qualificazione di ``resistenza'' agli atteggiamenti di non collaborazione di fronte agli ordini illegittimi.
Di fronte ai più manifesti soprusi, i radicali hanno deciso di reagire con denunzie a carico dei poliziotti e degli stessi questori, per rompere una buona volta l'abitudine alla sopportazione dell'illegalità poliziesca, che è ormai più forte e nociva per il costume democratico del paese di certe coperture e connivenze di magistrati, di burocrati e di ministri.
Un cenno a parte merita certamente la vicenda giudiziaria di cui è al centro Pannella, oggetto di una lunga ed alquanto inverosimile serie di imputazioni, per aver reagito alla sconcertante vicenda del caso Braibanti. A lui dovranno dare atto, anche i più formalisti e scrupolosi cultori di un astratto e bigotto ``rispetto'' per la magistratura, che il suo scritto pubblicato su Notizie Radicali ha giovato più di lunghi anni di polemiche e di trattazioni scientifiche a demolire il mito della motivazione concepita in realtà come alibi retorico e non come dato di riscontro delle responsabilità del giudicante.
Per affrontare questa complessa serie di attività, e soprattutto per far sì che esse potessero uscire dalla fase della quotidiana improvvisazione e conducessero ognuna alla creazione di elementi e strutture necessarie al futuro sviluppo, il partito ha compiuto, specie nel periodo immediatamente successivo al congresso di Ravenna, uno sforzo di adeguamento della sua organizzazione diretto a ridurre gli strumenti dei suoi organismi centrali all'essenziale, ma a dare a questo essenziale efficienza ed agilità, non disgiunta dalla continuità e regolarità di funzionamento.
Non possiamo dire che tale intento sia stato raggiunto né che l'opera svolta possa comunque dirsi soddisfacente.
La giunta esecutiva, uscita dal congresso di Ravenna, e che aveva dato mano a tale opera, che tra l'altro doveva portare ad una più netta separazione, anche sul piano degli strumenti di lavoro e su quello finanziario, tra l'attività nazionale e quella romana, è rapidamente scaduta di efficienza per l'assentarsi di taluno dei suoi membri, le dimissioni di Oliva, talune condizioni relative al suo funzionamento poste da Teodori, e per la mancanza di una adeguata azione del segretario, diretta a sollecitarne la coesione ed il funzionamento collettivo della giunta stessa, e per la prolungata inattività di alcuni membri anche in ordine a questioni specifiche loro affidate, così che al segretario ed alla direzione non è restato che prendere atto del venir meno di questo organismo.
La direzione del partito ha tenuto in quest'anno riunioni mensili, dedicando un certo numero di esse a specifici problemi, scelti all'inizio di tali riunioni, come le strutture ed il funzionamento del partito, il divorzio, la ``"rivolta giudiziaria'', l'antimilitarismo, con l'intento di fornire al segretario indicazioni e mezzi per l'azione in questi settori.
Strumento essenziale per l'azione politica del partito e dei suoi organismi nazionali e periferici.
Circa l'indirizzo da dare a Notizie Radicali, due esigenze diverse e in certo senso contrapposte si presentano: quella di fornire al partito un mezzo di comunicazione con il suo esterno, un organo capace, pur nella sua modestia, di servire per battaglie politiche, per pubblicizzare iniziative, per allargare quella sfera di simpatie e di consensi che è larga parte della vita e della forza del partito radicale, e quella invece di fornire il mezzo di collegamento con gli iscritti ed i simpatizzanti più impegnati, di fornire le notizie della quotidiana attività dei gruppi e circa le singole iniziative. L'accettazione dell'uno o dell'altro indirizzo importa naturalmente diversi soluzioni circa la tiratura, la veste, la periodicità etc. L'impegno in talune battaglie come l'iniziativa anticoncordataria, hanno imposto il prevalere del primo indirizzo. Ma rimane aperto indubbiamente il problema di sopperire in maniera più efficiente alla seconda funzione.
Dopo un anno dal congresso di Ravenna il partito appare indubbiamente accresciuto per il peso rappresentato dalle sue iniziative politiche, per il credito dell'opinione pubblica, per l'attesa che da molte parti, si manifesta in ordine agli sviluppi delle iniziative in corso e ad altre azioni che da molti si ritiene solo il partito radicali possa intraprendere.
Dobbiamo dire che il maggior successo del nostro impegno politico di radicali è proprio nell'esistenza stessa di un partito libertario nelle strutture e nei metodi, teso al conseguimento di immediati e risultati di scardinamento di strutture autoritarie ed oppressive, libero da schematismi ideologici e pastoie burocratiche. Ma tale successo sarebbe non solo incompleto, ma effimero, se non riuscissimo a fare di questo partito, conservandone intatte queste essenziali caratteristiche, uno strumento più ampio ed efficiente e, soprattutto, un organismo in cui l'agilità ed il carattere libertario nell'azione non siano che la conseguenza della improvvisazione e della provvisorietà.
Tale risultato non è stato ancora conseguito né appare di prossima realizzazione. Creare un organismo così come lo statuto approvato al congresso di Bologna lo vuole, presuppone non soltanto una serie di atti formali, non soltanto uno sforzo organizzativo né solo un aumento numerico di iscritti e di gruppi, ma una crescita del partito nel suo assieme, un salto qualitativo, che sentiamo possibile ma che sappiamo anche essere di non facile realizzazione.
Soprattutto occorrerà rafforzare la consapevolezza del fatto che il partito è un partito di militanti, creare, nella vasta schiera dei simpatizzanti, di coloro che seguono e sostengono l'azione del partito radicale, la coscienza della necessità di un tale impegno. Occorrerà soprattutto che la struttura per gruppi non territoriali, assuma un assetto efficiente e che si sviluppi tra coloro che in un modo o nell'altro condividono le nostre battaglie in questo o quel settore, la consapevolezza della necessità della sintesi federativa con le altre iniziative nell'ambito del partito radicale.
Questi risultati, d'altra parte, non potranno essere raggiunti che accentuando e rafforzando l'azione, ricercando assiduamente occasioni e forme di lotta suscettibili di coinvolgere categorie più vaste di cittadini, far sì che la testimonianza dell'azione diretta non sia mai fine a se stessa.
Le vicende del partito nelle varie sedi territoriali, confermano queste condizioni. L'impoverimento e la crisi della federazione milanese è dovuto in larga misura dalle difficoltà incontrate dai compagni di questa città di condurre su di un piano di più ampia partecipazione di massa certe battaglie in cui il partito è più fortemente impegnato, trovandovi occasione di più realistico impegno e di allargamento del nucleo dei militanti, con l'inevitabile ripiegamento su perplessità ideologiche e di fondo.
D'altra parte dobbiamo però constatare che l'accostamento alla militanza radicale da parte di un vasto numero di cittadini impegnati nelle singole lotte tipicamente radicali, si va accentuando. Il partito è stato ancor più in questo anno il partito di tutti i divorzisti, di tutti gli anticlericali, di tutti gli antimilitaristi, di tutti i libertari. A sostegno finanziario di molti di loro, come vi dirà il tesoriere, si deve in larga misura la modesta disponibilità di mezzi del partito. Al loro impegno, la riuscita di molte nostre azioni.
D'altra parte il partito radicale ha cercato sempre di mettere a disposizione di tutti i gruppi che vorrei chiamare della ``sinistra povera'' i suoi mezzi modesti. Se nelle nostre sedi ha trovato ospitalità il movimento studentesco, gruppi libertari, troxisti, marxileninisti etc., gruppi cioè anche indifferenti e talvolta molto ideologicamente ostili al partito, non è stato certo per caso, né per mero spirito di cortesia. Anche nei confronti di gruppi ideologicamente più chiusi, noi sentiamo di dover essere al servizio della sinistra, evitando preclusioni ideologiche o semplicemente preclusioni di qualsiasi genere, anche nei confronti di chi le pratica nei nostri confronti.
Certamente un diverso tipo di collaborazione, di intesa, basata sul comune impegno in molte iniziative esiste con i vari gruppi del dissenso di maggior apertura ideologica e meno preoccupati della purezza ideologica propria ed altrui. Particolarmente attiva è la collaborazione con tali gruppi sul terreno dell'antimilitarismo. La crisi che ha investito la maggior parte dei gruppi spontanei, non ha consentito lo sviluppo di quella collaborazione e di quelle azioni che erano apparse possibili e promettenti lo scorso anno.
I rapporti con i partiti rappresentati in parlamento non hanno segnato in questo anno quei progressi che il nostro atteggiamento, teso sempre, a ricercare anche nel loro ambito ed al loro stesso vertice, un dialogo e comuni impegni di lotta con tutti i militanti della sinistra, su di un piano di piena lealtà di ciascuno di essi nei confronti della sua organizzazione tradizionale.
Abbiamo cercato colloqui e scambi di idee con le segreterie dei partiti anche a proposito della legge sul referendum e della nostra iniziativa sul concordato, senza ottenere risposta. Anzi va precisato che tale tentativo, esteso a tutti i partiti dell'arco laico, non ha trovato che la risposta, sostanzialmente stonante, di Malagodi. E' evidente, al di là di ogni facile considerazione di dimensioni, che una perdurante difficoltà di accettare un linguaggio e degli schemi difformi da quelli su cui si muove l'ambiente politico tradizionale.
Colloqui si sono avuti peraltro tra una delegazione del partito radicale e l'on. Paietta della direzione del PCI, per un esame di una serie di questioni politiche ed in particolare per un franco scambio di idee circa l'atteggiamento della stampa comunista, da noi giudicato ostinatamente discriminatorio ed inutilmente ostile nei nostri confronti.
Dobbiamo dire che l'atteggiamento della stampa di sinistra in genere nei nostri confronti, rappresenta indubbiamente l'aspetto più tipico dell'atteggiamento sospettoso che troppe volte i partiti della sinistra tradizionale assumono verso di noi, un atteggiamento che, ben al di là delle conseguenze di una mancanza di collaborazione con la nostra modesta formazione, li porta ad estraniarsi da importanti movimenti e da forti spinte esistenti nel paese, movimenti e spinte che, malgrado tutto sono forza e ricchezza di tutta la sinistra. Se ciò è vero, è vero anche che sul piano delle iniziative non è mai mancata una collaborazione a volte essenziale con singoli parlamentari ed esponenti della sinistra, collaborazione che è andata ben oltre il semplice apprezzamento di opinioni, per giungere ad una accettazione sostanziale del nostro metodo ed al riconoscimento pieno della validità del nostro impegno politico. E' singolare, ad esempio, che mentre con il PSI appare forse più difficile che con altri partiti un'intes
a ed un dialogo al livello delle organizzazioni centrali di partito, è presso i parlamentari socialisti che abbiamo trovato più attiva collaborazione in molte nostre battaglie, ultima quella per il referendum sul concordato.
L'esposizione di questi aridi fatti e di queste schematiche considerazioni, non sono certo la tradizionale relazione introduttiva di un tradizionale congresso di partito. Non sono forse neppure quella che dovrebbe essere la relazione di un congresso radicale, di un partito concepito ed organizzato come il nostro, perché forse tale relazione dovrebbe essere più analitica e densa di riferimenti ai fatti ed alle cose delle nostre lotte.
Mi auguro peraltro che essa possa essere utile riferimento ai compagni radicali e soprattutto ai gruppi autonomi, ai compagni delle nostre lotte, agli anticlericali, ai divorzisti, ai militanti di altri partiti che vorranno partecipare ai lavori del congresso come schema che consenta loro una visione dei vari tipi di azione politica e del contesto nel quale abbiamo avuto modo di concepirla e di svolgerla in questo anno.
La direzione ha deciso di proporre a questo congresso come tema specifico, la prosecuzione dell'azione anticoncordataria. Sappiamo che le implicazioni di questo tema sono ampie e complesse.
Dall'iniziativa del congresso e dalla sua capacità di affrontare con una chiara visione dei mezzi e degli obiettivi il suo compito di determinare le priorità e le scelte anche degli uomini per l'azione radicale nel prossimo anno, dipenderà in larga misura la possibilità di colmare le lacune e di raggiungere invece gli obiettivi che lo sguardo, che abbiamo dato all'azione passata, ci consente di individuare.