Parigi, il barone e la marcia dei trentamila imprenditori
di Stefano Cingolani
dal Corriere della Sera del 5/10/1999
PARIGI - Il tubo della metropolitana numero 12 scarica, alla fermata Porte de Versailles, una folla inconsueta di impermeabili beige o di parka nero-azzurri. Arrivano in trentamila da tutto il Paese e occupano i capannoni della fiera; non vengono ad esporre le loro merci, ma, per la prima volta, se stessi. Chiedono di essere ascoltati, compresi, rispettati, quasi fossero dei marginali. Invece sono padroni, come li chiamano ancora i francesi; sono imprenditori, come preferiscono essere definiti.
Possiedono aziende che fatturano miliardi, pagano salari e incassano profitti (o perdite). Sono le truppe del libero mercato, il lievito dell'economia moderna.
E qui vogliono essere "ascoltati, compresi, rispettati"; magari come i colleghi italiani o (ma e' quasi un sogno) quelli tedeschi. La loro protesta si rivolge al governo, pero' il loro lamento si estende a una societa' che li usa e poco li sopporta.
"La tara del marxismo-stalinismo mina ancora la Francia", attacca Eduardo Malone capo della Chargeurs Textile, una delle maggiori imprese tessili. E rincara eccitato, sovrastando gli applausi, mentre una serie di grandi schermi riflette la sua immagine: "Sono venuto dall'Argentina per sfuggire a una dittatura e sono incappato in un'altra".
(segue)