Le banalita' abissali che sono state pronunciate nel dibattito che ha impegnato i Consiglieri regionali del Lazio a proposito di famiglia e coppia e assistenza fanno dubitare dell'essersi davvero svolta una seduta di tal fatta; o almeno inducono a illusoriamente sperare di no.
E mi sembra necessaria una annotazione, che mi rendo conto essere troppo ragionevole per essere presa sul serio: sono del tutto contro le famiglie di fatto, i surrogati del matrimonio. Il matrimonio e' un negozio giuridico previsto dall'ordinamento per alcuni scopi, e non si comprende perche' non debba essere utilizzato da due individui per esempio dello stesso sesso. Che la coscienza di molti seguaci del culto cattolico o di altri culti impedisca che a sposarsi siano altri che una donna e un uomo, e', sembra, conseguenza del dettato divino. Ma lo Stato italiano che c'entra? La Chiesa cattolica impedisce il divorzio, e a salvaguardia della famiglia creo' e consolido' il monopolio, ancorche' costosissimo e lucrosissimo, del divorzio stesso. Ma ora, perche' mai l'istituto giuridico, il negozio di matrimonio non dovrebbe essere accessibile a tutti? A una coppia come che sia?
Si lasci alla liberta' e alla altezza della coscienza annettere la ricchezza di un impegno di fronte a Dio o alla Chiesa al matrimonio. E si eviti la bestemmia contro Dio della mediazione con il rigore fecondo della coscienza delle persone.
Il negozio giuridico tra donna e uomo si chiama matrimonio; quello, identico, affatto identico tra persone, per esempio, dello stesso sesso, dovrebbe chiamarsi diversamente, unione di fatto, o altro. Perche'?
Si smetta di bestemmiare Dio, e di offendere i credenti, operando a limitare la forza della loro coscienza, mentre a quella non si deve che rispetto e liberta'.
Battersi per il riconoscimento come famiglie di fatto per esempio delle coppie omosessuali e assolutamente errato, e fuorviante. No: le coppie omosessuali devono potere sposarsi, contrarre matrimonio.
Matrimonio. Con tutto quel che comporta. Se proprio vogliono.
Se poi vogliono a quel negozio attribuire un valore diverso, di patto davanti a Dio, sono dignitosissimi affari loro.
E se la Chiesa cattolica o un'altra Chiesa non consente quei matrimoni, sono affari loro. Affari importanti, serissimi, di coscienza; ma affari loro.
Alle famiglie di fatto occorre dire no. mentre occorre che il matrimonio sia accessibile a tutti i tipi di coppia, o magari di terzetto, o sestetto...
Se poi la parola matrimonio non andasse bene, lo si chiami Coniugio, o Richetto, e andra' bene lo stesso.
Per il matrimonio omosessuale varrebbe la pena battersi; per la istituzione di un negozio giuridico diverso e specifico, credo proprio di no.
E' stato in ogni modo sconcertante il comportamento del Polo ieri al Consiglio Regionale del Lazio, della minoranza polista. E tanto sconcertante quanto prevedibile la unanimita' dei suoi esponenti.
Grazie, grazie a Dio che quel consesso e' legislativo solo per una regione e nei limiti delle materie demandate alla legislazione regionale...