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Conferenza Rivoluzione liberale
Vernaglione Piero - 1 novembre 1999
Dibattito scuola

Un paio di osservazioni su alcune affermazioni di Bandinelli, dopo aver premesso che il mio punto di vista è quello di Martino (e di Cappato, Capezzone, Poretti).

1) a mio avviso sopravvaluti, nell'era della secolarizzazione, la capacità di "egemonia" della Chiesa cattolica italiana, nonché le risorse che può mettere in campo per una diffusione capillare di scuole nel territorio. Se la soluzione alternativa è il "buono", il denaro non finanzia direttamente le scuole cattoliche: viene distribuito alle famiglie, che decidono liberamente in quale tipo di scuola mandare i propri figli. Secondo me sarebbero molto più numerose le scuole laiche. Ad esempio, credo che si costituirebbe, al pari dell'Università Luiss o Bocconi, un liceo "Luiss", un istituto tecnico "Bocconi" e così via con altri privati laici, anche di minor qualità.

2) però non voglio eludere il punto di principio posto da Angiolo; egli mi obietterebbe: nelle scuole cattoliche, anche se minoranza (ad esempio il 30% delle scuole nazionali) vengono imposti dei valori a senso unico e parziali. Certo. Ma la scuola pubblica è forse il luogo dell'obiettività e del pluralismo? Oggi gli alunni ricevono saperi e contenuti educativi ugualmente parziali, solo che la natura di tali contenuti dipende dal caso. Possono capitare con insegnanti che hanno l'una o l'altra visione culturale, e tale circostanza sfugge al loro controllo (essendo determinata, come sai, dai trasferimenti, dalle assegnazioni provvisorie dei provveditorati, dalle richieste di supplenti fatte dai presidi ecc.). Con il sistema alternativo almeno la famiglia può scegliere il tipo di istruzione. Questo crea rigidi ghetti educativi? Non me ne preoccuperei molto: una tale condizione è già ampiamente diffusa oggi nella scuola pubblica, in cui ad esempio molti miei colleghi, esponenti tipici del conformismo di sinistr

a contemporaneo, propongono ai ragazzi come verità assolute delle letture faziose della realtà storica, economica o giuridica (la "solidarietà coercitiva", il "diritto al lavoro", la "disoccupazione colpa dei padroni cattivi", il dopoguerra italiano come storia di complotti per escludere i comunisti buoni dal governo, e così via). Si perde la libertà di insegnamento? L'insegnante chiederà il trasferimento nella scuola disposta ad accogliere i suoi metodi e i suoi punti di vista. Anche questo non mi scandalizza. Il docente è un prestatore d'opera come gli altri, che scambia un servizio in cambio di un prezzo, e, come in tutti i rapporti contrattuali, non può pretendere di imporre unilateralmente al datore di lavoro i contenuti del contratto.

 
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