L'"emergenza droga" che in questo periodo riempie giornali e televisioni con una valanga di parole in liberta' obbliga, secondo me, questa volta a qualche riflessione accurata. Questa volta in discussione non e' tanto la questione della punibilita' o meno del consumatore o quale intervento terapeutico sia piu' o meno accettabile. Quello delle cosiddette "nuove" droghe (che tanto nuove poi non sono) rappresenta un fenomeno rispetto al quale siamo tutti in ritardo ed in difficolta'. Sia per le caratteristiche del fenomeno, che per le caratteristiche delle sostanze, che per le caratteristiche degli utilizzatori. Una "cultura" ultra ventennale sviluppatasi attorno ei fenomeni eroina e cannabis e' oggi del tutto incapace di comprendere, analizzare ed elaborare soluzioni per un fenomeno che presenta tratti peculiari.Certo noi abbiamo cominciato a porre e a porci il problema tra i primi. Ma dal nostro punto di vista di antiproibizionisti radicali, proprio per la capacita' che in tutti questi anni abbiamo avuto di analizzare il fenomeno delle droghe e di elaborare proposte politiche (cioe' di governo del problema), rispondere alle sparate di Fini e compagnia con la sola parola d'ordine della legalizzazione non puo' e non deve bastare. Non fosse altro perche' la domanda che sorge spontanea, anche senza essere pregiudizialmente ostili, e' "legalizzare va bene ma come?".
Siamo di fronte a sostanze anfetaminiche capaci di produrre danni permanenti, forme di dipendenza e in certi casi anche la morte. Ma il problema, al limite, non e' nemmeno questo perche' entrano in gioco aspetti pecculiari legati al tipo di consumatore, alla percezione che egli ha del suo rapporto con la sostanza, alle caratteristiche di un mercato polverizzato, alla (relativa) facilita' con cui si possono produrre queste molecole, alla possibilita' di produrre molecole sempre nuove aggirando cosi' i successivi aggiornamenti delle tabelle indicanti le sostanze proibite, al fenomeno diffuso della poliassunzione.
Nel caso delle droghe sintetiche la proposta minima, informazione e controlli di qualita' sulle sostanze, va ovviamente benissimo, ma non e' una novita': e' gia' particata in Olanda, dove addirittura centri che si occupano di studio, prevenzione e intervento sul fenomeno, come il Jellinek, hanno preso anche contatto con spacciatori di medio livello per "coinvolgerli" in qualche modo sulla questione della qualita' delle sostanze.
Come radicali, quindi, dovremmo essere in grado di studiare ed elaborare una proposta piu' avanzata, come abbiamo fatto in altre circostanze. Ma rispetto alle "nuove droghe", per esempio, e' possibile elaborare qualcosa di nuovo, oppure la l'esempio olandese e' l'unico ragionevolmente possibile? Diffondere informazioni per un uso consapevole e collocare unita' mobili posti davanti a discoteche e rave parties per analizzare le pasticche va bene, ma oltre a questo cosa si puo' proporre?