COMUNICATO STAMPA DELL'ADUC
Associazione per i diritti degli utenti e consumatori
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STANNO CERCANDO IL METODO PER IMPEDIRE IL SUO SVILUPPO.
Abbiamo l'impressione che questa necessita' di voler mettere regole li' dove e' impossibile, sia il palliativo per chi non abbia ancora messo in agenda una gigantesca alfabetizzazione su questo nuovo strumento di vita.
Firenze, 6 Novembre 1999. Il prossimo 18 Novembre il Parlamento europeo esaminera' il progetto di revisione, presentato dalla Commissione Santer, delle convenzioni internazionali del '68, di Roma e Bruxelles, sulla competenza giudiziaria nei contratti commerciali transfrontalieri. Una revisione che e' diventata piu' che necessaria con la crescita tumultuosa del commercio elettronico via Internet. Nel frattempo si sono incontrati i rappresentanti delle imprese (Unice e Uapme) e l'organismo istituzionale europeo sui consumatori (Beuc), ed hanno ribadito le loro posizioni: quest'ultimo appoggiando la posizione del progetto Santer (per le controversie fa testo la giustizia del Paese di origine del consumatore), contrapposte alle imprese che sottolineano l'impossibilita' in questo modo che una piccola azienda usi Internet per il suo commercio (le spese legali da affrontare in caso di controversia sarebbero enormi).
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Abbiamo l'impressione che in questa situazione, dove da piu' parti e' auspicato il compromesso fra le "parti", ci sara' sempre la solita vittima, il consumatore. La richiesta del progetto Santer, se si vuole sviluppare il commercio elettronico, non sta in piedi. Ve l'immaginate gli uffici legali di una qualsiasi azienda quali legali e conoscenze dovrebbero avere? Nello stesso tempo la legittima richiesta di tutela giuridica, semplice e accessibile, del consumatore, bisticcia con lo sviluppo del commercio elettronico, con la sua stessa logica di base: quella -in un mercato globalizzato nelle esigenze e nei gusti oltreche' nell'aspetto finanziario- di tagliare gli alti costi per raggiungere l'offerta al dettaglio e, di conseguenza, aprire la possibilita' a operatori di diverse dimensioni che, proprio per questo, garantiscono concorrenza, cioe' qualita' e contenimento dei costi.
E non crediamo sia neanche il caso di fare i musi duri per cercare di spuntare il piu' possibile secondo i propri interessi, perche', alla fine, ci potrebbe rimettere proprio il mezzo Internet, la sua credibilita' e duttilita'. Internet esiste proprio per la sua assenza di regole e la grande propensione a responsabilizzare i suoi utenti, siano essi imprenditori o consumatori. L'alternativa a questo principio e' il divieto, la censura ..... come giustamente -dal loro punto di vista- fanno i Paesi governati da un regime autoritario.
Per questo crediamo che le Istituzioni dovrebbero desistere dal cercare di mettere il proprio cappello normativo su qualcosa che ha impostazione e territorialita' diversa: una norma, una legge, ha valore solo se definita territorialmente, altrimenti e' solo demagogia. Che senso ha fare delle leggi se poi i trasgressori non potranno essere perseguiti perche' soggetti a giurisdizioni diverse da quelle di competenza di chi ha fatto queste leggi? E questo e' proprio il caso del commercio elettronico.
A nostro avviso l'unica funzione delle Istituzioni dovrebbe essere quella di favorire codici di autoregolamentazione fra le imprese, e fra queste e i consumatori, chiedendo che tutte le regole di vendita siano chiarei. Magari preparando anche dei modelli di riferimento per i diversi possibili codici. In attesa di un ipotetico Governo Mondiale -che sarebbe l'unico in grado di agire con legittimita' (non crediamo che l'Onu sia su questa strada)- dobbiamo prendere atto che il nuovo e piu' conveniente mezzo di commercio -Internet- ha questi rischi, e occorre che chi si affida ad esso sia il piu' informato possibile, per il brutto e per il bello.