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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Centro Radicale - 11 novembre 1999
PE/Dibattito sul dialogo macroeconomico/intervento di Benedetto della Vedova

Bruxelles, 3 novembre 1999

Dibattito sul dialogo Macroeconomico Intervento di Benedetto della Vedova

Della Vedova (NI). - Signor rappresentante del Consiglio, signor Commissario, io credo che, se i milioni di disoccupati europei avessero ascoltato questo primo resoconto sul dialogo macroeconomico per favorire la crescita e l'occupazione, si sarebbero messi le mani nei capelli. Mi sembra di capire che, al di là di alcune evocazioni di principio, non ci sia nulla di incisivo, non ci sia nessuna proposta, non ci sia nessuna analisi cruda, come cruda dovrebbe essere l'analisi sullo stato di salute di molte economie europee, in particolare continentali. Signor Commissario, quando sento parlare di dialogo macroeconomico -_posto che la definizione mi sembra quanto mai evasiva -_mi viene in mente la concertazione in Italia. Quello che io temo è che questo dialogo macroeconomico tenti di esportare a livello europeo il metodo e il meccanismo della concertazione in Italia, che è il metodo che ha portato il nostro paese ai più bassi tassi di crescita, ai più alti tassi di disoccupazione e ai più alti tassi di inflazion

e. La concertazione tra parti sociali e governo, in Italia, è diventata un patto tra i rappresentanti degli interessi costituiti -_sindacali, confindustriali, politici -_miranti a difendere gli interessi costituiti e le rendite contro la possibilità di avere spazio nella nuova economia dei disoccupati e di tutti coloro che nella concertazione non vengono rappresentati. In Italia, la concertazione con le parti sociali ha bloccato tutte le strategie e le ipotesi di riforma sui punti cruciali: penso al mercato del lavoro, penso alla spesa pubblica e alla spesa previdenziale in particolare, una legge sul mercato del lavoro che ricalca quella degli anni '70. Sia il rappresentante del Consiglio che il rappresentante della Commissione su una cosa sola sono stati puntuali, cioè sulla richiesta di moderazione salariale. In Italia, a partire dalla moderazione salariale, cui gli oligarchi del sindacato hanno consentito, si è bloccato qualsiasi progetto di riforma dell'economia. Io mi chiedo perché dobbiamo dire ai lavo

ratori europei che una cosa sola è certa, che per loro ci sarà la moderazione salariale; perché, invece, non dobbiamo dire che se sapremo, grazie alla liberalizzazione, grazie al saper accettare a viso aperto le sfide della nuova economia, invertire il trend al decremento della crescita economica, ci sarà ricchezza e ci sarà anche la possibilità di aumentare i salari, magari legandoli, anziché a contratti collettivi nazionali o europei, alla produttività e ai risultati delle aziende. Concludendo, io credo che con questo dialogo si debba casomai spiegare ai cittadini europei perché, negli Stati Uniti, in vent'anni l'occupazione è cresciuta del 45 per cento e invece, in Europa, solo del 4,12 per cento. Io credo che i disoccupati europei, magari anche immigrati, abbiano bisogno di liberalizzazione, di meno Stato, meno tasse, meno dirigismo nell'economia. Forse da questo potranno derivare crescita dell'economia e nuova occupazione.

 
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