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Partito Radicale Massimo - 30 novembre 1999
ACQUA/IL SOLE 24 ORE/SOS

(Il Sole 24 ore, 29 novembre)

Sos-acqua: nel mondo è il nuovo tesoro

Tra 25 anni oltre metà della popolazione sarà costretta a fronteggiare gravi difficoltà idriche

Qual è il solo contenzioso che può contrapporre due alleati di ferro come Canada e Stati Uniti? Il controllo delle acque dei Grandi laghi e dei fiumi canadesi (il 20% delle risorse mondiali di acqua dolce), di cui Washington vorrebbe comprare una parte incanalandola verso le assetate regioni meridonali e occidentali e che Ottawa ostinatamente rifiuta anche solo di prendere in considerazione. Ma questo non è certo il solo contrasto: sull'acqua dolce, più che sul petrolio, si giocheranno gli equilibri politico-economici di regioni sempre più vaste e numerose.

Il più antico contenzioso sull'acqua è quello mediorientale. Intorno al piccolo bacino del Giordano i Paesi che vi gravitano (Israele, Siria, Giordania e ora il nascente Stato palestinese) si sono combattuti nell'ultimo mezzo secolo anche per controllarne le acque e un accordo di pace complessivo arabo-israeliano non potrà ignorare la questione. Specie considerando che il deficit idrico, già molto elevato oggi, quadruplicherà entro il 2020 di fronte a un incremento demografico del 75%, se non si metterà mano ai vari progetti già individuati: dagli impianti di desalinizzazione al dirottamento, via pipeline sottomarina, di una parte delle acque dell'Eufrate provenienti dalla Turchia.

Proprio quest'ultimo progetto rivela un'altra area di forte conflittualità per il controllo delle ricche risorse (in una regione sempre più assetata) dei fiumi Tigri e, soprattutto, Eufrate. Da quando la Turchia ha avviato la costruzione di ben 22 dighe per irrigare il Kurdistan e produrvi energia elettrica, la Siria (che peraltro ha fatto la stessa scelta con la diga di Taqba) e l'Irak hanno più volte protestato per l'insufficiente portata dei fiumi (500 metri cubi al secondo concordati nel 1987, rispetto ai 920 normali), giungendo a sfiorare il conflitto armato almeno un paio di volte.

In Africa fin dagli anni 50 - da quando l'Egitto avviò i lavori della ciclopica diga di Assuan - il Nilo vede litigare ben dieci Paesi con 250 milioni di abitanti compresi nel suo bacino. La sostanza del contendere sta soprattutto nei progetti irrigui di Sudan (canale di Jonglet) ed Etiopia (varie dighe sul Nilo Azzurro, che assicura l'85% della portata totale), ma anche in quelli minori di Uganda e Kenia, che per il Cairo minacciano d'impoverire la portata del fiume, unica fonte idrica per gli oltre 60 milioni di egiziani (ma saranno più di 100 nel 2020).

Anche il resto dell'Africa, in piena esplosione demografica, si prepara a contendersi con sempre maggiore asprezza le risorse d'acqua dolce esistenti, concentrate in prevalenza nella parte meridionale: entro il 2025 i Paesi in preda a "stress idrico" raddoppieranno da 13 a 25. I due grandi fiumi dell'Ovest, Senegal e Niger, potrebbero presto ridursi alla foce a dei rigagnoli, se tutti i progetti d'irrigazione previsti (l'88% delle acque dolci africane è assorbito dall'agricoltura, considerata la massima priorità per gli impellenti problemi alimentari) venissero realizzati. A sud il Cuito (che dall'Angola va a morire nelle paludi di Okavambo, in Botswana) e l'Orange (che separa il Sudafrica dalla riarsa Namibia) e a est l'Uebi Scebeli e il Giuba (che dall'Etiopia scendono alla Somalia, di cui costituiscono la sola risorsa idrica) appaiono i punti più probabili di scontro.

In Asia sono già "calde" le relazioni tra India e Bangladesh per i piani di New Dehli, già avviati, di utilizzare le acque di Gange e Brahmaputra, mentre altri progetti idroelettrici cinesi su quest'ultimo fiume non mancheranno di suscitare le proteste dell'India. Analoghe tensioni sono in vista tra Nepal - che con 83mila Megawatt possiede il secondo potenziale idroelettrico mondiale ed è alla ricerca di capitali per valorizzarlo - e India e Bangladesh, che temono di veder ridotta la portata del Gange. Più a est, è il Mekong a suscitare i maggiori attriti: Cina e Laos, finanze permettendo, vorrebbero imbrigliarne il corso con varie dighe, ma Cambogia e Vietnam, poste a valle, per una volta concordi, sono nettamente contrarie.

Anche in Europa, benchè con toni molto meno accesi, non mancano i progetti controversi. La sempre più assetata Spagna (dei 35,5 chilometri cubi di riserve idriche normali ad agosto ne restavano 15,8) ha chiesto alla Francia di venderle parte delle acque del Rodano, che una colossale pipeline di 320 chilometri e del costo di un miliardo di dollari dovrebbe portare fino a Barcellona. Ma Parigi non pare affatto entusiasta.

P.Mi.

 
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