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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Referendum - 15 dicembre 1999
AREZZO/INTERVENTO DI LUCIO ARTINI

ASSEMBLEA DEI RADICALI TOSCANI - Esiste il 3 Polo?

di Lucio Artini (Consigliere Comunale di Alleanza Nazionale, Arezzo)

Venerdì 19 novembre si è tenuta ad Arezzo l'assemblea dei radicali toscani con la presenza di Emma Bonino, vi ho partecipato come iscritto al partito radicale ed alla associazione LiberAperta, associazione che raccoglie gran parte dei radicali aretini. Ma anche come consigliere comunale di Alleanza Nazionale, come persona che ha fatto una scelta di campo, così come ogni convinto assertore del sistema maggioritario ritengo debba fare.

Emma Bonino ha confermato che i radicali non hanno fatto alcuna scelta di parte, né con il Polo, né con la sinistra di D'Alema e Prodi.

Per le Regionali, la scorsa settimana, è stata finalmente comunicata la scelta di una possibile presentazione della lista Bonino in tutte le regioni, con un autonomo candidato alla presidenza.

Rimane però l'analisi che abbiamo sentito ad Arezzo: luci ed ombre da entrambe le parti politiche. Può, però, un movimento che sostiene il sistema elettorale uninominale all'inglese non trovare delle alleanze, non schierarsi, alla fine, con uno dei due Poli elettorali? Può non ambire al Governo del Paese e delle regioni stesse?

La mia scelta per il Polo di centro "destra" è stata una scelta anzitutto di ripulsa verso una sinistra statalista in cui permangono equivoci marxisti/leninisti, una sinistra che sta lentamente depotenziando il nostro Paese.

Una sinistra che non ha risolto da un punto di vista culturale, in maniera definitiva, l'eredità marxista e post/marxista, con le connesse tentazioni autoritarie e finalistiche, collegandole ad una gestione pragmatica del potere che la unisce oggi, come negli anni 70/80, a certi settori della ex democrazia cristiana. Una sinistra che non a caso ricerca ancora una fantomatica "terza via". Ricordo all'assemblea dei 1000 a Roma di aver ascoltato, in una commissione, la descrizione orwelliana della costante cancellazione dai libri di storia, oggi in auge, della stessa memoria di quello che è stato in Italia il Partito Radicale.

Anche da un punto di vista materiale i regressi sono stati enormi: oggi come non mai è difficile vivere in una famiglia con un solo stipendio, tanta è la riduzione costante del potere di acquisto dei salari. Le imprese italiane stanno progressivamente perdendo la capacità di essere competitive. Allo stesso tempo si vanno consolidando, assieme alle burocrazie asfittiche, un'intera serie di nuovi "nobili", di nuovi rentiers, ed Emma, nella sua relazione a Roma, li elencava in maniera dettagliata.

Ritengo sia necessaria per i radicali una scelta di campo che in Toscana vuol dire anzitutto affermare il principio dell'alternanza nella gestione del potere, del governo e del controllo da parte di due soggetti alternativi, quindi nella ridefinizione in senso moderno e nell'affermazione, in modo definitivo, del principio della tripartizione dei poteri, della separazione, in particolare, del momento amministrativo dal momento politico. Ed anche ad Arezzo è quotidiana la battaglia per concretizzare tale principio e per definire la pratica dell'alternanza.

Le linee discriminanti fra progresso e regresso non possano più essere identificate come avveniva 20 o 30 anni fa, forze di progresso e di regresso stanno contemporaneamente, e trasversalmente, sia nella cosiddetta "destra" sia nella cosiddetta "sinistra", ed in quest'ultima in maniera preponderante.

Vorrei essere come uno di quegli inglesi che prima hanno votato la Tatcher, perché lo stato sociale era da riformare (troppo forte e distorto, creatore di nuovi rentiers), perché c'era da liberalizzare l'economia, perché i sindacati impedivano lo sviluppo (come accade oggi in Italia), poi il laburista Blair perché era ora di cambiare di nuovo, perché si dovrebbe votare per i progetti e le idee, e non contro i fascisti, la destra oscura, o i "rossi" che mangiano i bambini!

Ed oggi l'Italia ha bisogno di una Margareth Tatcher.

Ho contribuito alla raccolta di firme per la campagna referendaria convinto che ogni gruppo di referendum rappresenti un progetto politico volto alla "normalizzazione" del nostro Paese.

In un momento di grandi cambiamenti, di grande flessibilità l'Italia si muove in maniera rigida, impacciata: informatizzazione, globalizzazione dei mercati e delle forme della comunicazione, queste sono le sfide cui non si risponde. Il blocco dei nuovi rentiers, dei nuovi privilegiati, unisce sindacati, parte delle burocrazie pubbliche (magistrati in testa), ed antichi settori del capitale finanziario ed imprenditoriale da sempre sovvenzionati più o meno direttamente dallo Stato.

Chi ha firmato i referendum, nella quasi totalità, lo ha fatto cogliendo la speranza di un cambiamento e questa speranza non deve andare persa. Questo chiedono le migliaia di famiglie italiane che sopravvivono con stipendi che sono la metà di quelli dei loro colleghi europei, con servizi da parte dello stato concorrenziali con quelli dei paesi del terzo mondo.

Ma le battaglie referendarie possono essere condivise da questa "sinistra" di Governo? Un governo sostenuto proprio da quelle forze che ostacolano lo sviluppo del Paese, hanno permesso e difendono i privilegi: pensiamo solo alle baby pensioni! Altro che Costituzione basata sul lavoro: ma i furbi che con pochi anni di contributi si sono goduti pensioni di molto superiori a quanto versato, "mangiando" i contributi di chi invece per anni ha lavorato! Questo non è né sviluppo, né solidarietà, ma solo esproprio verso chi lavora e verso chi ha bisogno.

Le libertà economiche oggi rappresentano quello che negli anni settanta sono state le libertà civili, la flessibilità, la ridefinizione di esosi meccanismi fiscali possono permettere al nostro Paese di affrontare una situazione di cambiamento come quella attuale, dove ad un equilibrio si è sovrapposto un disequilibrio e forse, un giorno, si arriverà ad un nuovo equilibrio. La flessibilità ha sicuramente dei costi da pagare, ma è sempre meglio avere tanti contratti part time, o lavori a tempo determinato che non migliaia e migliaia di disoccupati, e poi essa permette ai singoli ed alle imprese di affrontare l'innovazione, di restare in un mercato oramai mondiale. Quindi la libertà di lavoro e di impresa, la riforma di fisco previdenza e sanità.

La riforma elettorale con la modificazione del sistema elettorale che permetta di uscire dal guazzabuglio consociativo, con un sistema che definisca chiaramente i ruoli e la possibilità dell'alternanza da sempre invece negata nel nostro Paese e risolta nei meccanismi della spartizione delle finanza pubblica voluti dal sistema consociativo. Così i referendum sul sistema elettorale e sui finanziamenti pubblici a partiti, sindacati e patronati, un pezzo dei nuovi nobili dei nuovi rentiers.

La giustizia giusta: contro un sistema aberrante che non garantisce la rapidità della giustizia civile e penale, la sua efficacia e criteri minimali di professionalità, dove la legittimazione passa non attraverso i risultati raggiunti ma mediante il consenso politico/giornalistico. Così ci sono i referendum sulla separazione delle carriere, la responsabilità civile dei magistrati, il CSM, la carcerazione preventiva, gli incarichi extragiudiziari, i termini ordinatori e perentori.

Queste sono tre delle tante battaglie per cui i cittadini del nostro Paese hanno firmato. Oggi i referendum sono una battaglia politica da difendere e da realizzare.

Sono questi temi vicinissimi a quelli del centro "destra" e solo la sordità e l'indifferenza del centro destra possono spingere il movimento radicale verso questa "sinistra", che non è la sinistra Europea.

Da Emma Bonino non mi aspettavo, in vero, una scelta di campo, perché il suo movimento è necessariamente oggi il 3 polo in quanto non è riconducibile né alla destra, né alla sinistra. Mi aspetto, però, che questo 3 polo, con le sue poliedriche caratteristiche, dove sono raccolti uomini di "destra" e di "sinistra", ma tutti uomini di progresso, scelga un campo dove schierarsi ed auspico che la scelta sia oggi quella che ritengo necessaria per l'unico settore che può farsi carico dei progetti collegati alle battaglie referendarie e cioè il Polo.

I segnali mandati da Emma ad Arezzo sono discordanti: in assemblea con i radicali della Toscana si è parlato di liberalizzazione delle droghe, argomento caro a quei settori che vogliono spostare a sinistra il movimento, enfatizzando proprio quei temi che più li allontanano dal centro "destra", come vi sono stati altri segnali verso la sinistra.

La sera c'è stata un assemblea organizzata dai commercianti e dai giovani imprenditori, lì è stato tutto un inno alle libertà di mercato ed alla impresa, ai modelli, certo imperfetti, delle democrazie politiche ed economiche anglosassoni e statunitensi. Modelli di sviluppo che trovano i più forti sostenitori nel Polo.

Anche ad Arezzo il movimento è diviso fra coloro che guardano con ostilità a "destra" e quelli che non credono che con questa "sinistra" si possa fare alcunchè: ma tutti sono disposti a schierarsi con chi sceglierà la politica definita con i quesiti referendari.

Ma, come ha detto Emma, il tempo è poco, l'Italia rischia una paralisi, le nostre industrie perdono costantemente di competitività, e non c'è tempo per aspettare un anno e mezzo, fino alle prossime elezioni.

Spero che la soluzione non sia una stampella a D'Alema, un Ministero in cui finirebbe inevitabilmente "ingessata" da questa coalizione che unisce le grandi burocrazie corporative, alla grande industria ed alla grande finanza assistita. Basta vedere la posizione delle varie corporazioni sulla proposta di cambiare la normativa sulle pensioni! Certo Emma non può contrastarle nel campo della "sinistra". Ben possono concedere legittimità al nostro Governo gli statisti della "sinistra" mondiale, tanto al posto delle destrutturate industrie italiane ci vanno quelle dei loro Paesi ad occupare spazi di mercato che prima erano nostri. Questi signori hanno solo la paura di dover farsi carico dei nostri deficit pensionistici!

E' necessario uscire dalle vetuste categorie ottocentesche che attanagliano la "sinistra" di potere, di contro bisogna creare un patto per la modernizzazione e lo sviluppo, non è cosa facile, certo è una strada che bisogna tentare di percorrere.

Ad Arezzo, in Toscana, come in Italia.

 
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