Berlino taglia le tasse. E noi?
D'ALEMA, IL FISCO E LA SFIDA TEDESCA
Un solo motivo giustifica la vicenda poco edificante delle dimissioni e della successiva ricostituzione del governo D'Alema: l'esigenza di non lasciare, probabilmente per molti mesi, l'Italia senza un governo, proprio nel momento in cui, nonostante alcuni timidi segni di ripresa (i 266 mila posti in più creati in un anno), la nostra economia continua a essere la più debole d'Europa. Cresciamo la metà degli altri con un'inflazione più che doppia. E' un'esigenza che D'Alema ha posto in modo esplicito al Parlamento: »Dalle forze sociali è venuta in questi giorni una forte richiesta di uscire al più presto dalla crisi, perché si avverte il bisogno che la politica faccia la sua parte per aiutare l'economia a superare il divario che ci separa dai nostri diretti competitori in settori strategici . E, tuttavia, a questa affermazione non è seguito alcun annuncio concreto. Se fra un anno il risultato sarà un'altra legge finanziaria simile a quella che il Parlamento ha appena approvato (non una parola sulle pensioni di
anzianità, nulla sulla previdenza complementare, quasi nulla sul fisco), forse non ne valeva la pena.
Con il fallimento, al vertice di Helsinki, del progetto di armonizzazione fiscale europeo e con la recente decisione tedesca di ridurre in modo significativo le imposte sulle imprese, si è aperta in Europa una fase nuova: la gara a usare la leva fiscale per attrarre i capitali. Vi sono molti motivi per restare perplessi davanti a questa sfida, soprattutto quando, è il caso del cancelliere Schröder, si riducono le imposte, ma non si fa alcun cenno alle spese. Come sottolinea Mario Monti, sinora la concorrenza fiscale in Europa è andata soprattutto a scapito del lavoro, trasferendo sui contributi i costi dello Stato sociale; detassare il capitale è politicamente facile, soprattutto quando non si ha il coraggio di liberalizzare le regole del mercato del lavoro o di affrontare il tema delle pensioni. E, tuttavia, l'Italia dovrà fare i conti con questa nuova stagione fiscale, al di là dei timidi sgravi già avviati, con impegno, da Visco.
Le battaglie finanziarie cui abbiamo assistito durante il 1999 (Telecom-Olivetti in Italia, Bnp-Société Générale in Francia, Vodafone-Mannesmann in Germania) sono solo le prime avvisaglie del grande riassetto dell'industria europea indotto dall'euro. L'anno che si chiude è stato, soprattutto nelle banche e nell'industria finanziaria, l'anno delle riorganizzazioni nazionali e del completamento delle privatizzazioni. In questo riassetto il governo D'Alema ha giocato un ruolo molto attivo, favorendo la nascita di nuovi soggetti industriali e scoraggiando, quando ne ha avvertito il rischio, incursioni dall'estero. Ma questa fase si è chiusa, e oggi, ad iniziare dalla battaglia per il controllo della Mannessmann, si apre il riassetto su scala europea. E' qui che la nuova stagione fiscale aperta dal cancelliere Schröder ci può spiazzare. D'Alema, nel discorso alle Camere, ha annunciato tante riforme: dagli uffici pubblici alla ricerca, dagli ordini professionali alla sicurezza del territorio, a nuove norme di diri
tto fallimentare. Ottimi progetti, ma nessuno con la forza e la semplicità della riforma fiscale annunciata da Schröder: una riduzione dal 40 al 25 per cento dell'imposta federale sugli utili delle imprese.
Decenni di finanza fuori controllo e l'eredità del debito pubblico non consentono all'Italia la ricreazione che si è concesso il cancelliere tedesco. Ridurre le imposte senza spiegare come verranno finanziate le minori entrate, e cioè senza affrontare il problema della spesa sociale, significherebbe per noi solo veder crescere il premio di rischio sui titoli del debito pubblico. »Abbiamo insediato il Comitato di valutazione sull'andamento della spesa previdenziale. Intendiamo, anche sulla base di queste valutazioni, aprire un confronto con i sindacati, con lo scopo di concordare le linee e i provvedimenti per una riforma dello Stato sociale . Presidente D'Alema, se questi sono i tempi che lei prevede, la gara fiscale con la Germania è già perduta.
francesco.giavazzi