direttore di »Quaderni Radicali I 5 referendum sulla libertà di lavoro e di impresa
Una risposta al ministro del Lavoro Cesare Salvi
Il ministro del Lavoro Cesare Salvi, intervistato da »LÆUnità , ha inteso anticipare la sua ôsentenzaö sui referendum che riguardano i rapporti di lavoro: ôPenso che quasi tutti siano inammissibiliö, ha dichiarato. AllÆorigine di tale bocciatura, il ministro richiama un generico ôcontrasto con le direttive europee o con le convenzioni internazionali firmate dallÆItaliaö.
Una presa di posizione da cui traspare uno strano tentativo di pressare da vicino - non è ancora chiaro se a titolo personale o per volontà dellÆintero governo - la Corte Costituzionale nel senso di un suo pronunciamento negativo.
Preme rilevare due ordini di problemi.
In primo luogo, i referendum che hanno per oggetto le questioni della libertà di lavoro sono cinque e, di conseguenza, ogni tentativo di generalizzazione non può che ritenersi puramente strumentale e rivelatore più che altro dellÆavversione per ogni tipo di intervento che prescinda dal placet delle oligarchie sindacali.
Quanto poi al merito del giudizio di ammissibilità in relazione a trattati internazionali - che riguarderebbe però il solo referendum sul collocamento - va ricordato che in assenza di una legge di ratifica dei trattati stessi, non esiste possibilità di dichiarare incostituzionale la richiesta di referendum se non in una chiave di interesse politico di parte.
Quella del ministro Salvi sullÆintero pacchetto referendario dei cinque quesiti sul lavoro è pertanto una presa di posizione debole e, per quanto riguarda il referendum sul collocamento, è lÆennesima espressione di una cavillosità da Azzeccagarbugli.