Sole 24 ore - Martedì 4 Gennaio 2000 - commenti e inchieste Errori fatali: gli Usa cercano di correre ai ripari contro l'alto numero di decessi in corsia (tra i 44 e i 98mila casi all'anno) Lo Zio Sam diffida del »pubblico NEW YORK - La più recente iniziativa in materia sanitaria in America è privata: si chiama "Leap frog group" (Gruppo Cavallina) organizzato fra gli altri dalla General Electric e dalla General Motors per rispondere a un allarmante studio dell'istituto di medicina pubblicato in novembre: »Errare è umano: come costruire un miglior sistema sanitario . Il rapporto raccoglie la più vasta e dettagliata documentazione sulle conseguenze degli errori commessi da dottori e ospedali sui pazienti e incoraggia la comunità ad assumere urgenti iniziative per eliminarli. Secondo lo studio, gli errori sanitari causano negli Usa la morte di un numero stimato tra le 44 e le 98mila persone all'anno. Le cause principali degli errori sono la stanchezza, la distrazione e l'incompetenza. Le aziende americane hanno deciso di intervenire per migliorare la qualità del se
rvizio sanitario, in nome dei propri dipendenti e per approfittare di un loro potere contrattuale non indifferente, visto che possono scegliere programmi di assistenza sanitaria (in genere Hmo), ospedali e medici a seconda dell'affidabilità presunta del programma. »Il nostro obiettivo è quello di redigere un'agenda comune per migliorare la qualità dei serivizi sanitari dichiara Bruce Bradley, responsabile dei programmi sanitari della General Motors e coordinatore del "Gruppo Cavallina". E proprio questo recentissimo progetto "Leap frog" a darci la misura di un apparente paradosso americano: negli Usa non esiste un sistema di copertura universale. Sono così "scoperti" circa 44,2 milioni di cittadini (pari a circa il 25% della popolazione). Di questi 11 milioni sono bambini. Eppure l'opinione pubblica resta fermamente contraria all'introduzione di un programma federale per rimediare al problema. Attenzione, la maggioranza non si oppone all'idea di una forma di copertura universale. Ma quella stessa maggioranz
a non vuole l'intrusione dello Stato. »Il fatto che non abbiamo una copertura sanitaria universale è uno scandalo - dichiara Herny Aaron, specialista del settore con la Brooking Institution -. Detto questo però non credo che l'adozione di un sistema all'europea, con un preminente ruolo governativo, sia praticabile negli Usa . Secondo l'opinione pubblica americana, infatti, la gestione governativa della sanità rischia di essere straordinariamente costosa sul piano fiscale, inefficiente, piena di limiti e, soprattutto, poco flessibile e strettamente regolata (anche per ovvie esigenze organizzative) in gabbie che assegnano dottori, ospedali e cure in base a manuali prefabbricati. Il problema sanitario americano dunque, come del resto capita in tutte le democrazie occidentali, è importante e al centro del dibattito politico. Si vuole trovare una soluzione alla contraddizione che vede il Paese più ricco del mondo senza garanzie sanitarie per tutti i suoi cittadini ma, pur conoscendo il male, non si trova il rimed
io. Anche perché il sistema attuale, pur non garantendolo ufficialmente, consente nella realtà una copertura pressoché universale attraverso programmi di assistenza privata e ospedali municipali locali e riesce ogni anno a chiudere i conti in pareggio. Per questo è capitato che Bill Clinton, dopo aver preparato un progetto di riforma radicale con un ruolo centrale per il Governo, non solo abbia fallito, ma sia anche stato punito seriamente dall'elettorato nelle elezioni politiche del '94. E per questo fra tutti i candidati presidenziali per la Casa Bianca del 2000, uno soltanto, Bill Bradley, osa affrontare l'argomento proponendo un suo progetto di riforma: introdurre l'universalismo attraverso una sorta di credito fiscale per incoraggiare i cittadini ad assicurarsi senza passare attraverso lo Stato. L'opinione dei politologi, tuttavia, è che la proposta Bradley rischierà per il candidato democratico di essere una zavorra elettorale. E il presidente Clinton, nel suo ultimo progetto sanitario, si occupa essen
zialmente di rafforzare il sistema per l'assistenza degli anziani e di concedere un credito d'imposta. Il sistema sanitario americano infatti dispone di una struttura che in un modo o nell'altro garantice l'assistenza a tutti. Ci sono intanto due programmi federali, il Medicare per gli anziani e il Medicade per i più poveri, che funzionano e svolgono il loro mandato. Vi è poi un'assicurazione militare per i reduci e per i soldati. Questi tre programmi finanziati dal Governo coprono in tutto 66 milioni di cittadini su una popolazione totale di 271 milioni di persone. Gli assicurati attraverso programmi privati sono circa 160 milioni di cittadini che, nella maggioranza, si appoggiano ai programmi chiamati Hmo (Health Managed Organization), strutture sanitarie che garantiscono ai propri assicurati una rete di assistenza a tutto campo nei migliori ospedali, con i migliori specialisti e così via. Per i non assicurati che per scelta, per mancanza di soldi o per ignoranza non sottoscrivono una polizza, la prassi pi
ù seguita, anche nel caso di malattie semplici come l'influenza, è quella di presentarsi al pronto soccorso in ospedale. Per legge il pronto soccorso deve accogliere tutti i pazienti, anche quelli non assicurati. Se viene riscontrato un caso serio in un paziente non assicurato, l'ospedale dovrebbe essere tenuto al ricovero per rimediare d'urgenza alla situazione. Esiste poi una rete di ospedali municipali finanziati dai singoli Stati e dalle singole municipalità che deve obbligatoriamente accogliere tutta la popolazione locale indipendentemente dal fatto che sia assicurata o meno. Il problema di queste strutture sanitarie semipubbliche è nella qualità del servizio. Gli ospedali privati, invece nel momento in cui accolgono un paziente non assicurato, finiscono per dargli la stessa assistenza attribuita al paziente pagante. Gli ospedali sanno che una percentuale del loro lavoro finirà per non essere remunerata e finanziano il costo aggiuntivo attraverso un aumento delle tariffe ospedaliere per gli assicurati:
»L'idea che in America i non assicurati siano abbandonati a se stessi è un falso - continua Henry Aaron -. E anche vero che se non faremo qualcosa presto questa immagine propagandistica potrebbe diventare realtà: le Hmo aumentano il loro potere contrattuale, cercano di ridurre le tariffe ospedaliere e temo che gli ospedali da qui a qualche anno finiranno per ridurre i costi eliminando la prassi di assistere anche i non assicurati . Il tasso medio di occupazione degli ospedali americani è infatti pari al 65 per cento. Questo significa che gli ospedali cercano di competere fra loro per garantirsi un tasso di occupazione più elevato. E le organizzazioni sanitarie private hanno gioco più facile nell'ottenere una riduzione delle tariffe in cambio di un aumento del volume d'affari. Con questo sistema, che non garantisce una copertura universale ma di fatto la eroga, il settore, che ha un giro d'affari stimato in mille miliardi di dollari, chiude in pareggio anche a livello di Governo federale. E intanto si immagin
a il futuro. Un futuro nel quale i pazienti saranno sempre più autonomi, perfino nella scelta delle cure. Aumenterà esponenzialmente l'uso di Internet per informarsi, per la diagnostica e per le prescrizioni o le raccomandazioni di cure. Si prevede che il dottore diventerà una sorta di consulente sanitario. Anche per questo, in attesa degli eventi, si preferisce mantenere il sistema flessibile: le previsioni sono che nei prossimi vent'anni le esigenze sanitarie americane cambieranno radicalmente. Per questo, nel frattempo, si cerca di dedicarsi alla prevenzione, che consentirà enormi risparmi, e alla lotta contro gli errori. Nello studio preparato dall'istituto di medicina, si stima che nei reparti di cura intensiva il paziente è oggetto mediamente di 178 attività mediche al giorno, con un tasso di 1,7 errori al giorno. Si conclude perciò che i reparti di sanità intensivi sono perfetti al 99 per cento. Ma anche questo non basta. L'ex direttore sanitario dello Stato, Everett Koop, ha fatto un paragone con l'
aviazione: se all'aeroporto La Guardia ci fosse un tasso di perfezione anche del 99,9%, questo si tradurrebbe in sette atterraggi accidentali al giorno. Non si vede perché la sanità americana debba accontentarsi di parametri inferiori a quelli accettabili per l'aviazione civile. Mario Platero