Roma, 9 gennaio 2000
Bruno Zevi è spirato, in questa alba del duemila, quasi assieme al secolo e al millennio cui ha dato, narrandoli e illustrandoli, scoprendone l'anima, vita presente e nuovo futuro. La sua storia dell'architettura è innanzitutto quella di un grande umanista, di uno straordinario interprete e scopritore del prender forma umano, della città, del territorio, delle società, dell'arte.
Con Bruno Zevi piangiamo e perdiamo tutti un uomo di altissima, drammatica, nobiltà, con la sua passione del sapere e del credere, del credere nella libertà, nella democrazia, nell'antifascimo liberal-socialista, azionista, radicale, architettura della sua anima, del suo pensiero, della sua moralità.
Egli ha testimoniato di quella complessità del reale, contro linearità senza storia, come un altro grande, Leonardo Sciascia, rivendicando il proprio diritto-dovere di contraddirsi e di contraddire.
La recente polemica esplosa con furore fra di noi, ha aggiunto e aggiunge amore all'amore, dolcezza alla dolcezza della quale Bruno era come forse nessuno capace, al nostro esser compagni, amici, fratelli. Per un quarto di secolo è stato Presidente d'onore (non: "onorario") del partito radicale. Piangiamo in lui un compagno sempre in armi che la morte ha fatto cadere e che ci ripete ancora e sempre: "Non mollare".
Alla sua adorata compagna, Ingrid, alla famiglia tutta, la nostra condoglianza. Alla Comunità ebraica: Shalom. Ci vedremo di nuovo tutti insieme l'anno prossimo a Gerusalemme.