Riporto le parti essenziali di una articolo apparso sull'ultimo numero di Prima Comunicazione:
PRIMA COMUNICAZIONE, dicembre 1999
"Ma la signora Impallazzo e' davvero colpevole?" di Oreste Flamini Minuti
"L'8 aprile 1996 la signora Alessandra Impallazzo, rappresentante della Lista Pannella-Sgarbi nel corso della campagna elettorale fu sorpresa a Livorno mentre divulgava stampa senza l'osservanza delle prescrizioni di legge sulla pubblicazione e sulla diffusione periodica, distribuendo un periodico clandestino denominato Risorgimento Liberale, mancante della registrazione prevista dalla legge sulla stampa. (...) e' stata difesa dall'avvocato Giandomenico Caiazza che prima di ogni altra questione ha sottoposto al Pretore (...) il sospetto di incostituzionalita' di quella legge. Cio' che ha attirato l'attenzione del difensore e' la statuizione che prevede l'obbligo di iscrizione nell'Albo dei giornalisti del direttore responsabile, senza la quale la registrazione della testata non viene concessa. (...).
Il pretore ha accolto l'eccezione di incostituzionalita' ritenendola rilevante e non manifestamente infondata e ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale perche' stabilisca se l'art. 663 bis del codice penale che prevede sanzioni per chi divulga stamapati clandestini), in riferimento all'art.5 della legge sulla stampa (...) sia compatibile con la liberta' di espressione prevista dall'art. 21 della Cost. E con altri beni costituzionali.
L'aspetto piu' interessante della lunga ordinanza del giudice di Livorno concerne le riflessioni sulla natura e sulle finalita' della cosidetta legge professionale dei giornalisti che, agli articoli 46 e 47, stabilisce in via di principio che per dirigere uno stampato periodico e' necessaria l'iscrizione all'Albo. Cio' che e' stata sospettata di incostituzionalita' e' dunque una norma dell'ordinamento professionale. Il dubbio sollevato dal giudice livornese, inoltre non concerne solo l'ipotesi di contrasto di questa norma con la liberta' di pensiero (art. 21 C.), ma anche altre ipotesi concernenti la pari dignita' sociale e l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art. 3 C.), la liberta' del lavoro (art. 4 C.) e la liberta' di associazione (art. 18 C.).
(...) I nuovi mezzi di espressione e di comunicazione (...) sono talmente differenti e distanti dal "modello di giornalismo letterario e su supporto cartaceo" - al quale si era ispirato il legislatore quando emano le norme sull'ordinamento professionle del giornalismo - che tentare di regolarli come norme antiche e non adatte sarebbe vano e inutile. E in presenza di questi nuovi mezzi continuare a regolare l'informazione cartacea con quelle stesse norme significare rischiare di tagliare fuori la pubblica opinione fruitrice dell'informazione dal fonfamentale diritto di essere correttamente e compiutamente informata. (...)
Esiste, pero', la possibilita' che il giudizio costituzionale giunga quando sara' stato approvato il provvedimento di depenalizzazione dell'art. 663 bis del c.p., depenalizzazione che potrebbe vanificare l'intera problematica togliendo il carattere della rilevanza alla questione. (...)"
n.d.c. e postfazione
Come i piu' sapranno in realta' Alessandra non fu "sorpresa" a distribuire stampa clandestina ma si trattava di un'organizzata azione di disobbedienza civile della Lista Pannella durante la raccolta delle firme per il referendum per l'abrogazione dell'Ordine dei giornalisti. Ricordo che direttore "illegale" del periodico Risorgimento Liberale era Vittorio Pezzuto e che per la diffusione di questo foglio altre persone sono tutt'oggi sotto processo.
Questa inesattezza rivela la mancanza d'interesse al metodo con cui si e' giunti ad una nuova eccezione di costituzionalita' della legge n.69/1963 e cioe' la disobbedienza civile. Ma inerenti alla vasta problematica giuridico-costituzionale illustrata dal lungo articolo di Minuti vi sono altre due questioni che secondo me e' necessario sottolineare.
Se e' giusto ipotizzare come il profondo cambiamento dei mezzi informativi con la crescita di importanza di quelle forme comunicative collegate alla rivoluzione informatica possa effettivamente dare timida speranza a che la Corte Costituzionale si esprima in modo diverso rispetto alla sentenza del '68 a favore cioe' di una effettiva incostituzionalita' della legge sulla stampa, non bisogna dimenticarsi che e' in corso un tentativo di ordinare anche l'informazione per via telematica entro gli schemi corporativi ed illiberali attuali.
L'articolo, poi, evidenzia come il contrasto costituzionale della legge si estenda anche ai principi sulla liberta' di lavoro e a questo proposito, senza "protezione giuridica", e' necessario ricordare come all'ordinamento giornalistico sia collegato quel vergognoso contratto unico nazionale voluto dal sindacato dei giornalisti "ordinati" e che inevitabilmente dovrebbe essere rivisto nel caso in cui la norma ordinatrice venisse riconosciuta d'ostacolo al diritto costituzionale al lavoro.
Quindi le problematiche sollevate da un'iniziativa di quasi quattro anni fa , che oggi potrebbe sembrare un'operazione di amarcord per radicali e liberali delusi e frustrati, potrebbero invece essere utilizzabili anche nel predominante interesse liberista di questi ultimi mesi.
c.v.