sabato 15 gennaio 2000 pag.1PANNELLA: BERLUSCONI
"ALLEATO" DEI SINDACATI
Con questa lettera aperta Marco Pannella entra nel dibattito sui referendum in questi giorni al vaglio della
Corte costituzionale. Scritto nello stile sanguigno e appassionato che ha caratterizzato tutte le battaglie
radicali - e senza risparmiare provocazioni e attacchi violenti al fronte avversario - l'appello va iscritto nella
crescente e attualissima polemica sui quesiti sociali e sindacali che vede oggi contrapposti partiti e
governo, Confindustria e sindacati. E' in questo contesto arroventato che riceviamo lo scritto di Pannella e
volentieri lo pubblichiamo.
CARO Direttore,
fra coloro che si augurano che la Corte costituzionale cavi le castagne dal fuoco non sono tanto e solo le
forze sindacatocratiche e partitocratiche del centro-sinistra, che hanno almeno una qualche indubbia
consonanza con il proprio elettorato, con il conformismo di massa indotto nel popolo italiano dal regime
antidemocratico e fuori legge che domina il paese.
In prima fila, fra costoro, sono gli esponenti tradizionali del vertice confindustriale e Silvio Berlusconi, che
sono in drammatica ed esplosiva contraddizione con le proprie basi sociali, politiche ed elettorali. Basta
vedere, in questi giorni, i risibili e gravissimi sforzi di Mediaset, in ogni sua testata e rete, e di "Il Sole-24
Ore" per "sdrammatizzare" (dicono loro) lo scontro in atto, per "distrarre" - in concorrenza con il Tg1, ridotto
con la gestione Borrelli ad un organo parrocchiale di servizio privato e contro le funzioni di servizio pubblico -
l'opinione pubblica, e per cercare di rilanciare in extremis una "concertazione" urgente, come per la elezione
del Presidente della Repubblica e per la Bicamerale, volta a sottrarre al popolo le scelte referendarie a favore
di papocchi legislativi dellÆultimissima ora.
Lo ripeto: c'è un ticket politico per governare l'Ulivo e l'Italia con qualche attendibilità: ed è quello
Cofferati-Callieri, unico tentativo ormai agibile e sufficientemente veritiero e fondato, per scongiurare l'eredità
e la continuità di regime affidata a Silvio Berlusconi.
Ma v'è un altro argomento in cui lor signori sono costretti e uniti come fratelli siamesi: ed è la scadenza
delle elezioni regionali del 16 aprile. Il 16 aprile può essere una data storica per l'evoluzione della società
italiana, per una Riforma davvero storica, di federalismo "americano" e alla Cattaneo, liberale e democratica
contro il tumore del secolo che nasce: quello del fondamentalismo nazionalista e etnico-autoritario, alla
Milosevich, alla Djirinoskj, alla Bossi.
Polo e Ulivo si stanno combattendo e preparando a suon di candidature eguali e contrarie, vecchie
espressioni di una politica fallita e fallimentare, senza obiettivi, contenuti, valori riformatori di sorta.
La verità, la realtà che si vuole assolutamente nascondere, soffocare, fare abortire è che il 16 aprile si vota
per eleggere quindici assemblee costituenti dai poteri fondamentali assolutamente straordinari e non ripetibili
che diviene dÆun tratto l'imprevista, esplosiva possibilità di Riforma federalista dello Stato italiano; una vera
possibilità, assieme ai referendum, di rivoluzione federalista e liberale. I Consigli eletti il 16 aprile, infatti,
senza "intralci" di articoli come il 138, inevitabili "sul piano nazionale", potrebbero realizzare pienamente il
"modello americano" (Presidente eletto direttamente per davvero, deputati eletti allÆ"anglosassone" in
rappresentanza di un collegio preciso, di una città, di una località della Regione, chi arriva primo è eletto,
lÆaltro o gli altri a casa). Inoltre sarebbe possibile recepire gli istituti referendari (comunali, provinciali,
regionali) che da secoli hanno fatto la forza della società svizzera (mentre "lo Stato" svizzero,
"proporzionalista", quasi non esiste, non costa quasi nulla al contribuente).
Questa la nostra proposta, quella dei nostri quindici candidati alla Presidenza, delle nostre quindici liste, se
riusciremo a raccogliere firme e soldi. Quanti italiani lo sanno? Quanti organi di informazione li hanno
informati? La libera circolazione delle opinioni, non dico delle élites, è di fatto abolita in Italia da decenni,
sempre più. E costa al nostro paese indicibili impoverimenti, errori, mancate occasioni di crescita e di
ricchezza... Ma questa è un'altra storia: quella della Italia radicale e democratica, vieta perché vietata, ahi
noi.
Grazie della pubblicazione.