Repubblica, pg. 7
Il leader del Polo contrario al referendum sull'articolo 18. Il suo slogan sarà: "Non licenziamo i padri per assumere i figli"
ROMA (v.t.) - Contrario al referendum elettorale, il Cavaliere per ora non spiccica parola su quelli 'sociali'. "Aspettiamo la decisione della Consulta, poi valuteremo e decideremo nel Comitato di presidenza e nel Consiglio nazionale di Forza Italia", ha spiegato Berlusconi. Nel frattempo il Cavaliere sta inserendo i referendum nell'ambito di una strategia complessiva: alcuni dei quesiti - ha spiegato ai suoi - sono già "nel solco di nostri disegni di legge presentati in Parlamento". Difficile, quindi, pronunciarsi per il No. Ma l'effetto 'traino' di una serie complessiva di Sì ai quesiti potrebbe portare a rafforzare il fronte del Sì al referendum sulla quota proporzionale: eventualità assai sgradita al Cavaliere. Il quale, nell'ambito di queste considerazioni e nella valutazione complessiva della partita lanciata dalla Bonino, sta disponendosi su una linea di totale cautela anche sul referendum che chiede l'abolizione del reintegro, la maggiore facilità di licenziamento.
I dubbi del Cavaliere hanno attecchito persino nell'ala liberale e liberista di Forza Italia. Dice il professor Urbani: "Reagan e la Thatcher vararono la libertà di licenziamento, ma in un contesto di riforme che creava nuova occupazione. Chiedevano sacrifici ma offrivano speranza. Qui da noi invece, nella situazione attuale del Paese, significherebbe licenziare e basta. Una follia". Anche il professor Tremonti procede con i piedi di piombo: "Sul principio in sé nulla quaestio, siamo d'accordo. Ma un conto è applicare la normativa per i contratti futuri, un altro irrompere nei contratti vigenti...".
Ascoltati i dubbi dei suoi collaboratori più fidati, il Cavaliere, è convinto che la complessiva battaglia dei referendum è di quelle cui non portare munizioni, sta preparando un atteggiamento ' soft': libertà di coscienza - tranne su quello elettorale, da disertare - ma una valutazione negativa sull' uso massiccio - cioè "un abuso" - del ricorso alla democrazia diretta. E sul referendum che consentirebbe una maggiore facilità di licenziamento il Cavaliere ha in mente di pronunciarsi in modo nettamente contrario: "Non è giusto licenziare i padri per assumere i figli", ha spiegato ai suoi, coniando di fatto lo slogan da usare. "Nelle nostre condizioni, in mancanza di una crescita economica e quindi di nuovi posti di lavoro", sostiene il Cavaliere, "la facilità di licenziare spingerebbe le aziende a eliminare i lavoratori di cinquant'anni, i padri, per assumere a costo minore i giovani, i figli. Creando un conflitto generazionale devastante".
Altra valutazione fatta dal Cavaliere con i suoi collaboratori è stata quella, non marginale, sul complessivo corso della chiamata alla urne. La data per celebrare i referendum - un giorno tra il 15 aprile e il 15 giugno - verrà stabilita entro metà febbraio, a ridosso della campagna elettorale per quelle elezioni regionali che il Cavaliere vuole trasformare in un pronunciamento pro o contro la "sua Italia" alternativa a "quella di D'Alema". "Schierandoci per il Sì regaleremmo alla sinistra l'occasione di bollarci come 'licenziatori'", spiega un dirigente al vertice di Forza Italia, "proprio nel corso della campagna elettorale per le regionali".
Nell'attesa della decisione della Consulta, nei prossimi giorni Forza Italia riunirà il Comitato di presidenza. Una volta conosciuto il numero dei referendum ammessi, sarà poi il turno del Consiglio nazionale: "Decideremo in quelle sedi", ripete il Cavaliere. Ma l'orientamento è ormai chiaro. Dice il professore Giuliano Urbani: "Rappresentiamo quasi un italiano su due, siamo un partito moderato, liberista ma attento al sociale. Il nostro compito è candidarci a governare, ad attuare il nostro programma. Non quello di sferrare spallate referendarie".