di Iuri Maria Prado, dal Quotidiano Nazionale (La Nazione - Resto del Carlino - Il Tempo), mercoledi' 9 febbraio 2000

L'altra sera, nel salotto televisivo di Bruno Vespa, si parlava di referendum. C'erano i favorevoli. C'erano i contrari. Ma non ci si e' capito assolutamente nulla. Non si e' capito perche' la Corte costituzionale ne ha bocciati quattordici. Non si e' capito perche' ne ha salvati sette. Non si e' capito su che cosa non voteremo. Non si e' capito su che cosa voteremo. Non si e' capito come son fatte le leggi adesso. Non si e' capito come cambierebbero coi referendum. Insomma, buio completo. E, diciamolo chiaramente, la colpa non era del mezzo televisivo ne' tanto meno del conduttore. La colpa era tutta quanta di quei politici (e sindacalisti) che parlavano e berciavano come se fossero al bar del Palazzo anziche' in casa di milioni di italiani. Una roba da nausea. Litigavano, gridavano, uno dava sulla voce dell'altro, usavano un linguaggio incomprensibile e tutto loro, ammiccavano, si facevano l'occhietto. Proprio come se non gliene fregasse nulla di farci capire qualcosa di questi referendum.

Ora noi non sappiamo se spettacoli come quello dell'altra sera servano ai Comitati del "si'" o a quelli del "no". Fatti loro. Ma servono sicuramente al partito del disgusto e dell'astensione. Servono a ingrossarlo. Servono a giustificarlo. Ed e' un pessimo servizio.

L'elettorato italiano ha gia' ottime ragioni per disinteressarsi alle cose della politica. E' almeno un peccato che se ne faccia di nuove in questo modo. Soprattutto - ed e' il caso dei referendum - se si tratta di argomenti importanti e sui quali, per una volta, il cittadino puo' decidere direttamente.

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