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Conferenza Rivoluzione liberale
Radio Radicale Antonio - 10 febbraio 2000
Cominelli trascritto da Cusino: Conferenza stampa di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova, con Giovanni Cominelli, trascritta integralmente da Giorgio Cusino.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Grazie a tutti di essere intervenuti.

Presento le persone che partecipano a questa conferenza stampa: Giovanni Cominelli, gi membro a questo punto o tuttora membro, poi ce lo dir , della Segreteria regionale dei DS, Lorenzo Striklievers, radicale storico milanese, Emma Bonino e Benedetto della Vedova.

Questa conferenza stampa è stata indetta con un oggetto molto specifico e delimitato che è quello di dare conto alla stampa e anche attraverso Radio Radicale, di dare conto della decisione di valorizzare la decisione di Giovanni Cominelli di abbandonare i DS e di scendere al fianco della Lista Bonino, per il progetto di rivoluzione liberale, legato ai referendum e alle prossime scadenze elettorali.

Io ringrazio tutti i giornalisti, dico subito che la settimana prossima, molto probabilmente giovedì pomeriggio, ci sarà invece, la conferenza stampa di presentazione delle liste e dei programmi per le elezioni regionali della Lombardia.

Io quindi do' subito la parola a Giovanni Cominelli.

GIOVANNI COMINELLI. Io parto informandovi delle reazioni alla mia uscita dai DS che sono arrivate.

C'è qualcuno come l'onorevole Brasco, che è responsabile Università del Partito e che sta nella Commissione Sociale della Camera, che ha dichiarato che lui aveva già proposto di espellermi qualche mese fa per deviazionismo di destra e quindi ho fatto benissimo a uscire.

Altri invece hanno la teoria del marketing, per cui in realtà i radicali mi avrebbero comprato, promettendomi qualche Collegio sicuro.

Gli ho spiegato che l'unica cosa che si ha con i Radicali è che si rischia e che per il resto non c'è nulla di sicuro, se non il fatto che si rischia ovviamente, la propria storia politica, le proprie scelte.

Ci sono quelli che sostengono che era ora che me ne andassi, naturalmente ci sono anche quelli che pensano che magari, probabilmente, ci sono problemi di orientamento della politica dei DS, che non consentono a una sinistra liberale di stare all'interno del partito e di svolgere il proprio ruolo.

In ogni caso è una scelta, quella che ho fatto, che non esito a definire drammatica, ulcerosa, difficile, ma che ho fatto consapevole di mettere in gioco, di rischiare la storia che ciascuno ha, naturalmente la sua piccola storia, chiamiamola biografia per essere meno sovrabbondanti, ciascuno rischia la propria biografia, un progetto politico.

Quindi io voglio brevemente spiegare le ragioni di questo; questo mi serve anche, nel rapporto con voi e con la stampa, per rendere conto a quanti mi hanno in questi giorni, da molte parti telefonato, visto che io ho avuto anche una vita politica nazionale, prima nel Movimento studentesco, poi eccetera, quindi c'è un po' di gente che mi telefona, non dico dalle Alpi al Lilibeo, ma insomma vuole sapere se sono impazzito, quali sono le ragioni vere eccetera. Sono qui per spiegarle e mi auguro di avere un aiuto a diffondere questa spiegazione.

Ecco, io penso brevemente, senza fare lunghi trattati, che noi abbiamo che sta succedendo, che l'Italia come del resto la vecchia Europa, coinvolta in processi formidabili di globalizzazione. Questo sta sconvolgendo le strutture economiche e sociali, politiche e amministrative di tutti i Paesi, dell'Europa e dell'Italia e sta generando due reazioni, diciamo idealtipiche: una è la paura, che è probabilmente la reazione principale, la paura delle vecchie classi sociali, delle loro organizzazioni sociali, dei sindacati e delle confindustrie, la paura del sistema politico, la paura di non reggere la globalizzazione, riflessi di difesa, riflessi di protezionismo. Insomma riflessi di paura.

Diciamo che le classi sociali, le loro lite dirigenti, sociali e politiche, sono investite, come non mai, di domande fondamentali circa il destino dei propri paesi.

Poi c'è un'altra reazione che si legge in filigrana e che comincia ad emergere con forza, ed è la reazione che, usando un termine molto semplice, è la reazione della speranza, che è quella dei giovani, che quella - non so some chiamarla - del Tiscali people, che è quella della global generation, che è quella della piccola e media impresa esposta sui mercati internazionali, che è quella degli immigrati; cio è l'idea che governando i processi di globalizzazione si riesca a mantenere il livello di benessere che finora abbiamo costruito e, possibilmente, a espanderlo anche verso paesi che sino ad ora non ne hanno goduto.

Cioè l'idea che la globalizzazione non debba essere un'occasione per ereggere muri, per cui noi difendiamo i nostri prodotti ma impediamo ai prodotti altrui di entrare, ma sia uno scambio generale alla fine del quale tutti ci guadagnano un po' e la situazione, le condizioni di vita migliorano. Noi manteniamo le nostre e altri, che stanno nella fame e nel sottosviluppo, accedono ad occasioni di sviluppo.

Questo è, mi pare, il quadro.

Rispetto a questo tornano a qualificarsi e a ridefinirsi le forze politiche.

La mia impressione è che questa psicologia della paura, della difesa, della concertazione bene ordinata tra grandi forze, tra grandi potenze sociali e politiche, quando diventa pratica, generi entropia, generi una caduta di opportunità, soprattutto per i giovani.

C'è apparenza di ordine ma c'è un disordine crescente fuori dalle mura di coloro che si sono messi d'accordo e che pensano di poter vivere una vita tranquilla.

La mia impressione è che la sinistra, non solo, ma in generale il sistema politico in Italia, stia come regredendo sul fronte, sulla linea della paura e che si attesti nella interpretazione, nella rappresentanza e nell'organizzazione delle paure, piuttosto che sulla linea della speranza, dell'innovazione, del cambiamento.

Se guardiamo al sistema politico italiano, mi pare che si possa descrivere così: che per quel che riguarda l'esperienza di Berlusconi, che era partito nel 94 con delle velleità di cambiamento, velleità liberali, stia retrocedendo rapidamente verso la rifondazione di un quid, di un modo di rappresentanza politica che è molto simile a quella della vecchia politica democristiana, che significa dare ad ogni corporazione quello che chiede e poi cercare la mediazione tra le corporazioni, lasciando fuori chi non è abbastanza forte da far sentire la propria voce.

Per un verso e per quel che riguarda invece la sinistra, l'impressione , dopo il Lingotto, che stia ripiegando, diciamo così, come è accaduto nel dibattito tedesco, su una posizione alla La Fontaine, cioè a dire, la difesa della classe operaia organizzata e sindacalizzata e tiene fuori tutto il resto.

Provate a pensare alla Lombardia ad esempio, noi abbiamo in Lombardia, su 9 milioni di abitanti, un milione di imprese, praticamente uno ogni 9 abitanti, per esempio in Varese anche 1 ogni 5, o Brescia più o meno lo stesso e questa gente è fuori.

Questa gente - sto parlando della piccola e media impresa esposta a processi di globalizzazione - non riceve aiuti dallo Stato né sulla ricerca, nè la facilitazione ai commerci internazionali. Solo le grandi Corporation hanno gli aiuti forti, il resto va da solo e va da se. Il resto vuol dire il padroncino, l'operaio che lavora con lui e così via.

Allora il problema è rendersi conto che questa è la posta in gioco e che le domande che vengono da questi settori sociali sono ormai le domande alle quali, se vogliamo garantire sviluppo, in Lombardia e a livello nazionale, bisogna dare qualche risposta.

Le risposte io le ho trovate nel progetto dei Radicali.

Come è evidente, io ho 56 anni, non sono mai stato Radicale, forse non lo diventerò, però bisogna prendere atto, si può discutere molto della vicenda Radicale, dei suoi esponenti, da Pannella alla Bonino a Striklievers eccetera, però una cosa è certa, che chiunque guardi a mente sgombra, qui c'è il luogo di un possibile progetto politico, di un progetto politico liberale, liberista, federalista per la società italiana.

Questa è la ragione di fondo che mi ha spinto a rischiare la mia biografia politica in questo spazio, conoscendone i rischi, conoscendone le sofferenze; per questo , secondo me, il posto su quali punti programmatici, gli Stati Uniti d'Europa, una concezione e una pratica federalista dello Stato, le Regioni che smettono di essere degli sportelli bancari, degli sportelli del ministro del Tesoro, perché voi sapete che oggi le Regioni, al massimo, amministrano il 10% del bilancio che hanno, perché il resto è tutto vincolato e quindi si sottoproduce inevitabilmente una classe politica che non è capace di governare ma è bravissima nel distribuire.

Ne consegue corruzione, clientele, costruzione di un apparato amministrativo centralistico, parassitario e spesso corrotto.

Ma la ragione sta nel fatto che il sistema non è affatto federalizzato. E' centralizzato su Roma e le Regioni sono enti di distribuzione del denaro nazionale e conseguentemente, la classe politica che si forma è una classe che distribuisce, il che è molto medievale, francamente.

Uno Stato delle regole, uno Stato che direttamente investa sui grandi settori strategici, ma per il resto lasci fare alla società , alle imprese, al mercato.

Allo Stato chiediamo regole, al mercato di funzionare.

Chiediamo la costruzione di mercati perché attualmente la situazione che in Italia non è che c'è il rischio del liberismo selvaggio, c'è la corporazione selvaggia, che è un'altra cosa.

Un sistema politico capace di decidere, quindi un Esecutivo eletto direttamente dal popolo, per cui, se cade un governo in Parlamento, cade il Parlamento, si va a votare, cioè la gente decide della elezione diretta del premier, del presidente. Un sistema bipolare maggioritario perché io credo che l'Italia abbia, nonostante tutto, molte risorse economico sociali, nonostante spesso la viltà delle proprie classi dirigenti, ha un sistema molto attivo e molto vivace che riesce a reggere ancora. Siamo ancora la sesta o settima potenza mondiale.

Ma c'è un punto di arretratezza del sistema politico, che è un sistema politico barocco, antiquato, inefficiente, incapace di decidere, incapace di risolvere i problemi e se la politica non è capace di risolvere i problemi, diventa inutile o dannosa.

E infatti così la gente comincia a percepirla. Se ci domandiamo perché nascono gli Haider, i Bossi, le reazioni populistiche e soprattutto l'astensionismo e lo stare a casa della gente; se la gente, come si dice in America, vota con i piedi, cioè abbandona le urne, se questo accade perché la politica è ridotta all'impotenza, è un labirinto di mediazioni barocche non decide le questioni fondamentali che stanno a cuore di tutti noi, quando siamo cittadini che operano nella vita economica, sociale e civile.

Un sistema sociale che abbia una piattaforma universale minima di sicurezza per tutti, dopo di che la gente fa la propria strada; ciò che il cittadino può chiedere allo Stato è lo start up, l'impulso, il riuscire a stare dentro; poi deve correre con le proprie gambe, quindi fine dell'assistenzialismo, fine dei corporativismi di settori vari, cioè liberismo, liberalismo vero.

Ultima cosa e ho chiuso, mi interessa una cultura politica - per me che vengo dalla storia della sinistra - di una sinistra liberale, di una sinistra che sia centrata sulla valorizzazione della persona umana, sull'autovalorizzazione dell'individuo in cui lo Stato sia al minimo e ci che è centrale nella società, nella vita pubblica, sia il protagonismo dei cittadini, dei cittadini quando lavorano, quando studiano, quando votano, quando si ammalano, quando nascono. quando muoiono.

Insomma, centralità della vita civile e sociale e lo Stato come servizio e non come dominio, perché la tradizione napoleonica che viene da lontano e che noi abbiamo incorporato nello Statuto Albertino e poi nel fascismo e poi nella Costituzione, ancora riduce lo Stato a dominio e i cittadini più a sudditi che a cittadini.

Ecco, queste sono le ragioni di natura politica, che mi hanno portato a fare questa scelta.

Certo, anche dentro i DS c'è un'area che pensa alle stesse cose, non che me le sono inventate; la mia impressione è che quest'area sia, soprattutto dopo il Lingotto, ridotta ai minimi termini.

Quando Veltroni, nella Segreteria nazionale affida a un liberal come Morando l'Economia e poi, alla Gloria Buffo, che appartiene alla sinistra, il Lavoro, le due cose non stanno assieme e l'effetto è la paralisi dell'azione politica.

E questa paralisi dell'azione politica si sta scaricando sul governo D'Alema, portandolo all'impotenza.

Io sono personalmente convinto - non conosco il giudizio della Bonino o di Pannella - io penso che D'Alema abbia capito quali sono i problemi del paese, ma penso sia un uomo solo, che sia stato abbandonato dalla sua maggioranza.

L'ultimo episodio, quello di oggi che si legge sui giornali, di Bassolino che chiede l'istituzione di non so quanti Saggi per scegliere il futuro premier, che è come dirgli: tu devi andare a casa, in ogni caso.

Allora il problema è questo: chi vuole, chi pensa che per questo paese occorra una iniezione di liberalismo, di libertà, di regole, di mercati, credo che debba sostenere le forze che qui dentro e anche fuori di qui, vanno in questa direzione.

Questo è il senso della mia scelta, altrimenti abbiamo a che fare con dei partiti che per tenere insieme tutto, stanno ridiventando "dorotei".

Quando ho visto la composizione della Segreteria nazionale di Veltroni ho detto: splendido cavallo, peccato che sia di marmo e non decide niente, si cavalca ma è fermo.

Questa è la situazione. Per questo sono fortemente impegnato e intendo impegnarmi fortemente qui, anche nella campagna referendaria, in primo luogo sulla campagna per il referendum elettorale, perché a tutti quelli che mi obiettano, tocca al Parlamento, tocca ai partiti, dico: benissimo, fatevi avanti.

Siccome non siete capaci di farlo, allora probabilmente solo i cittadini sono in grado di riformare il sistema politico, visto che il sistema politico come il Barone di Munchausen, che cercava di sollevarsi afferrandosi per i capelli e rimaneva sempre lì dentro.

Mi pare che sia l'immagine più evidente del sistema politico.

Io ringrazio Pannella, Emma Bonino che si è scomodata a venire da Roma, qui a questa conferenza stampa per fornirmi assistenza affettiva e morale, perché in effetti è una scelta che ho fatto pesante, dal punto di vista personale perché, in ogni caso, è una rottura con una comunità politica; poi magari ci sarà la sindrome di Stoccolma dove uno paventa di farsi tormentare e gli va bene.

Ma in ogni caso è stata un scelta difficile, sono contento di averla fatta e penso, di qui in avanti, di impegnarmi su questo progetto politico con l'eredità storica del partito Radicale e con quanti, mi auguro crescano, vogliano impegnarsi in questa direzione, nell'area socialista, liberale, repubblicana, democratica, di Milano e della Lombardia.

EMMA BONINO. Solo due brevissimi commenti, questa è la conferenza stampa di Giovanni e ho pensato che volevo esserci a questa conferenza stampa, non solo perch posso immaginare anche e difficoltà di una decisione di questo tipo; ma, in realtà, anche per ribadire alcune cose: non è mai stato facile, nel nostro paese, essere Radicale o liberale e credo che è stata sempre una cultura sostanzialmente minoritaria e, soprattutto, una cultura che è stata vista come il peggio del peggio, sia da destra che da sinistra.

Se uno ricorda solamente che so, le battute o la definizione di Togliatti rispetto a Carlo Rosselli, per esempio, giusto per dirne una, poi rivalutato a 70 anni di distanza. Ma forse uno poteva sperare e pu sperare che adesso, nell'era della nuova tecnologia, le nuove valutazioni avvengano in un modo magari un tantino pi· rapido, volevo esserci semplicemente per dire due cose.

La prima è che sono stata profondissimanente convinta che non solo una larghissima maggioranza degli elettori del Polo, ma devo dire anche una larghissima maggioranza di elettori di sinistra, più o meno connotati come volete, sentisse con grandissima forza, la necessit di dare a questo paese una struttura sia dal punto di vista istituzionale che dal punto di vista legislativo, che dal punto di vista amministrativo, che fosse una situazione adeguata semplicemente ad affrontare, ancorch in ritardo, le sfide degli anni 2000.

Non è così, noi viviamo in un paese dove non passa giorno che una qualunque organizzazione internazionale, di quelle ritenute le pi· autorevoli, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la Commissione Europea, l'OCSE o chi per esso, ogni giorno, uno apre i giornali e scopre che l'Italia è diventata l'ultima dei paesi industrializzati in termini di competitività; è un paese che non riceve investimenti stranieri, infatti non si capisce perché mai uno straniero debba venire ad investire in Italia, e che quindi vive con un apparato che è probabilmente molto utile al sistema dei partiti, ma completamente inadeguato ad affrontare, sia dal punto di vista decisionale, non esiste più paese europeo che viva con il proporzionale come volete più o meno immaginarlo, comunque con 35 tra gruppi, partiti e partitini di una partitocrazia che è diventata addirittura una partitocrazia di tipo virtuale, in cui i partiti e i gruppi si fanno e si disfano all'interno del parlamento.

Una volta, nella prima Repubblica almeno, i partiti esistevano e qualcuno aveva pure l'obbligo di andare nelle sezioni a cercare di convincere qualcuno. Oggi le sorti del nostro paese, ad esempio, sono o possono essere legate a mutamenti e spostamenti di Cossiga il quale non ha dietro nemmeno un voto e probabilmente non gli serve neppure, perch giustamente, da come si frastagliati basta uno scarto di uno o due deputati - ci siamo inventati anche i deputati transeunti, che sono una figura giuridica abbastanza peculiare del nostro paese - quindi noi viviamo in un paese che nella sua struttura istituzionale, nella sua struttura amministrativa, nella sua struttura anche legislativa, completamente obsoleto e inadeguato ad affrontare le esigenze che semplicemente il mondo ci mette di fronte.

Ora, il progetto che noi abbiamo proposto, ancorch decimato dalla Corte Costituzionale, comunque rimane il fatto che oggi, a poche settimane di distanza, i cittadini italiani possono perlomeno decidere su 7 riforme fondamentali.

Sono necessarie molte di più, siamo completamente d'accordo, ma da qualche parte bisogna iniziare.

Il paese vive anche la vigilia di un altro elemento determinante che sono le prossime assemblee costituenti nei prossimi Consigli regionali e chiunque parli di federalismo è chiaro che un qualche progetto ce lo vorr dire, che intende ricostituire in Regione il succedaneo dei 35 partiti nazionali a livello regionale, magari aiutati da qualche partito locale del ponte di sopra, di quello di sotto o di quello di lato; o se intende invece, dare una struttura come noi proponiamo, maggioritaria e presidenzialista alle Regioni, perché da lì passa l'ipotesi o non ipotesi di un vero federalismo.

Checché se ne dica, tutto il resto, francamente stiamo a chiacchiere, rimanendo anche il fatto che, come è noto, 5 Consigli regionali potrebbero ripresentare i referendum, quelli bocciati o altri, insomma siamo alla vigilia di un redde rationem se volete, di un lungo ed antico percorso per quanto ci riguarda, ma che ha nei prossimi giorni, settimane e forse un mese o due, dei punti di ricaduta che sono non neutri e non marginali ma determinanti rispetto a uno sviluppo possibile del nostro paese.

Per questo ho voluto esserci perch credo che il gesto di Giovanni, nella sua trasparenza, non perché la vita dei Radicali sia più facile, ha per credo, qualche peculiarità, per lo meno di essere, nella sua trasparenza, non appesantita da dati di mediazioni con non si sa chi, in base a non si sa che cosa, ma portatrice di un progetto che pu piacere o non piacere, ma che per lo meno, mi pare delineato nella sua chiarezza.

In questi giorni ne abbiamo sentito di tutti i colori, ma insomma, rimane il fatto che oggi è anche altrettanto chiaro, finita l'attesa della Corte Costituzionale, il Parlamento sicuramente pu dare prova di se, sia sui referendum bocciati, decidere se è in grado di fare una qualche legge, magari persino anche solo di iscriverla all'ordine del giorno - le leggi sono tutte depositate da quel dì - e da sinistra, basta ricordare la legge De Benedetti sull'articolo 18 che è oggetto di referendum, quello sulla libert di assunzioni o di abolizione dell'obbligo di reintegro, o altre presentate dal Polo.

Ma questa è una credibilità che il Parlamento deve dare di se ai cittadini.

Credo che questo sia importante dirlo.

Dall'altra parte i cittadini hanno di fronte 8 schede, nelle prossime settimane, che sono determinanti.

Credo che il gesto di Giovanni possa fare chiarezza anche su tutta una serie di correnti mugugno che pure esistono all'interno dei due poli, perch credo che oggi il problema è quello dell'agire, perché ce ne sono le possibilità materiali e non quello del mugugnare all'interno di situazioni in cui uno si sente stretto.

Sicché, nel ringraziarlo di questa scelta io mi auguro che questo sia anche il primo di una ipotesi di riaggregazione sul progetto istituzionale e di modernizzazione amministrativa e legislativa, anche per quanto riguarda il mercato del lavoro di cui il nostro paese ha, credo, fortissimamente bisogno. Grazie.

 
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