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Caporale Cinzia - 14 febbraio 2000
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Il Giornale

14 febbraio 2000

QUEI VALORI COMUNI

di Angelo Maria Petroni

Strana questione davvero quella del maggioritario in Italia. Vi è un gran consenso sul fatto che il maggioritario sia migliore del proporzionale. Ma quando si viene alla applicazione della logica politica che sottende il maggioritario il consenso si tramuta in confusione.

Lo si può vedere nella questione cruciale delle forze che devono comporre la coalizione del centro-destra. Si discute oggi molto se sia possibile avere una coalizione che veda unite forze cattoliche, forze di origine socialista, forze liberali moderate, insieme a forze libertarie, rappresentate dal Partito Radicale.

Per comprendere la logica del maggioritario bisogna guardare a quello che è avvenuto nelle democrazie anglosassoni, tipicamente basate su logiche politiche bipolari e bipartitiche.

Negli Stati Uniti il Partito Repubblicano ha conquistato presidenze e maggioranze parlamentari tenendo insieme il fondamentalismo cristiano di Pat Buchanan e la cultura dell'individualismo edonistico, il liberismo internazionalistico e l'ideologia protezionistica, la richiesta di un maggior controllo sociale e la cultura antiproibizionistica sulle droghe. Così, vi sono parlamentari repubblicani a favore dell'aborto e parlamentari repubblicani contrari all'aborto. Non troppo diversamente, la Thatcher ha ottenuto il consenso dei liberisti e dei nazionalisti della vecchia upper class insieme a quello dei ceti emergenti dell'economia terziarizzata e deterritorializzata.

Questo è stato il risultato della logica della competizione bipartitica/bipolare, ma soprattutto è stato il risultato di una comunanza ideologica poco visibile eppure solidissima. Per quanto distanti siano il fondamentalismo cristiano e l'individualismo capitalistico essi trovano una convergenza fondamentale nella volontà di vedere allargato il ruolo delle decisioni private rispetto a quelle pubbliche. E se è vero che la upper class inglese avrebbe preferito che dal capitalismo thatcheriano non emergesse affatto una classe dirigente alternativa è stato però ancor più vero che accettare i mutamenti prodotti dalle politiche liberiste era il solo modo per evitare che il Paese, ed esse stesse, continuassero nel declino provocato dalle politiche laburiste. Anche qui si trattava di ridurre il peso della mediazione della mano pubblica per lasciare spazio a valori e procedure di tipo individualistico.

Questa stessa logica vale per l'Italia di oggi. L'ideologia di uno "Stato forte", cara ad Alleanza Nazionale, è perfettamente complementare con il liberismo interno ed internazionale, perché è oramai evidente che soltanto uno Stato limitato nelle competenze ed aperto allo scambio può essere forte ed autorevole. Lo Stato chiuso, luogo geometrico degli interessi corporativi, è uno Stato debole, in balìa degli interessi di parte. Allo stesso modo uno Stato federale è più forte di uno Stato unitario, perché può meglio svolgere le sue funzioni regali.

Ma ancora più importante è comprendere quanto ampia sia l'area di convergenza tra l'individualismo laico ed il cattolicesimo liberale. Se è vero, come è vero, che quest'ultimo, al contrario del cattolicesimo socialista con i suoi fondamenti gnostici, pone nella realtà della coscienza individuale, e non nella mistica di una supposta "comunità sociale", il fondamento dei diritti e dell'obbligazione politica, vi è innanzitutto una visione antropologica che è comune. Sul piano delle politiche concrete questo significa una convergenza in fatto di libertà di insegnamento, di spostamento dallo Stato alla comunità volontarie dell'assistenza ai meno fortunati, di eliminazione del monopolio, di diritto o di fatto, della mano pubblica in larghi settori dell'economia.

Valore della persona, decisioni private, federalismo, Stato autorevole, sono quindi parte di una coerente visione politica. In questa visione si comprendono perfettamente anche le istanze rappresentate dal Partito Radicale. In una logica maggioritaria e bipolare queste istanze non hanno nulla a che vedere con la sinistra in tutte le sue versioni, né con quella di origine comunista né con quella di origine cattolica. Questo è tanto più vero in quanto i radicali hanno notevolmente allargato lo spettro delle loro istanze alla questione generale della liberalizzazione della società italiana, raccogliendo i consensi di un elettorato molto diverso da quello che essi tradizionalmente rappresentavano sulle tematiche libertarie.

Nella logica strettamente maggioritaria delle prossime elezioni regionali non vi è alcuna ragione per la quale le differenze, che ovviamente esistono, tra radicali e cattolici del Polo possono e devono essere valutate tali da impedire il formarsi di una coalizione politica finalizzata al governo delle regioni. Usare la logica della conventio ad escludendum sulla base di una contrapposizione cattolici-laici equivale a restringere il centro-destra dentro dei confini sociali ed elettorali che lo rendono un sicuro perdente. Vi è il rischio di allontanare l'elettorato laico, anche quello moderato, dal centro-destra.

La logica bipolare è una logica di ricerca di ciò che unisce, è una logica di inclusività. Al contrario però di quanto avviene a sinistra, il centro-destra può fondare questa inclusività su valori e politiche comuni, seguendo l'esempio non solo delle grandi democrazie anglosassoni ma anche della Germania, dove i partiti democristiani hanno da sempre collaborato con il partito liberale, portatore di istanze fortemente individualistiche sui diritti civili. Sarebbe un errore grave se centro-destra e radicali non riuscissero a comprenderlo, e non tradurre in accordi politici questa realtà.

 
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