Alla cortese ed urgente attenzione
del Presidente della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai
on. Francesco Storace
Roma, 23 febbraio 2000
PREMESSA
E' nota -e Le è nota-, signor Presidente, la nostra profonda convinzione che da decenni, e negli ultimi anni in modo via via più incalzante, il comportamento della Rai-tv (come del resto quello del suo "concorrente privato") sia inequivocabilmente volto per un verso ad impedire ai cittadini italiani l'esercizio del loro diritto ad essere informati, a "conoscere per deliberare", e per altro verso ad impedire ad una parte politica operante secondo l'articolo 49 della Costituzione di godere dei diritti sanciti dall'articolo 21 della stessa Carta costituzionale.
Tutto questo -lo ribadiamo- in aperta, continuata e flagrante violazione non solo delle leggi che regolano -o dovrebbero regolare- la vita e l'attività del servizio pubblico radiotelevisivo (e che, in particolare, gli impongono il puntuale obbligo di fornire un'informazione corretta e completa), ma anche della Convenzione, del Contratto di servizio, oltre che di reiterate e unanimi delibere della Commissione parlamentare di vigilanza.
Questi comportamenti integrano una lunga serie di reati gravissimi (dall'attentato ai diritti politici del cittadino all'associazione a delinquere, dall'abuso d'ufficio all'omissione di atti d'ufficio, passando per la frode in pubbliche forniture), che abbiamo ripetutamente denunciato in tutte le sedi, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (che ha dovuto riconoscere il mancato adempimento, da parte della Rai, delle delibere della Vigilanza, pur scegliendo poi, in modo quanto meno singolare, di non far discendere da questo riconoscimento alcuna richiesta di sanzioni) alla Procura della Repubblica di Roma, che (sia pure in modo tardivo, parziale, e per noi assolutamente insoddisfacente) ha deciso di formulare una prima richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei membri del precedente CDA della Rai, accusati (sono parole testuali tratte dalla richiesta di rinvio a giudizio) di aver "intenzionalmente procurato un danno ingiusto" a Marco Pannella e ai candidati della Lista Pannella in occasione d
elle elezioni amministrative del 1997.
La informiamo dunque che, dinanzi al proseguirsi e all'aggravarsi di questi comportamenti, giunti a un punto tale da aver ormai vanificato ogni dettame costituzionale, ogni certezza del diritto, ogni rispetto delle più elementari norme iscritte nel nostro diritto positivo, la nostra intenzione è quella di confermare ed aggravare le iniziative giudiziarie già assunte sul fronte italiano, e insieme di avviare anche in sedi di giustizia internazionale e comunitaria, nonché presso le altre istituzioni garanti del rispetto delle Convenzioni internazionali recepite nell'ordinamento italiano, tutte le iniziative politiche e giudiziarie necessarie alla denuncia del "caso Italia", alla sconfitta di quella che si conferma una vera e propria realtà criminale, e alla condanna di tutti i responsabili. Se è vero, infatti, che il nostro paese ha conquistato, in sede europea, un poco lusinghiero primato di condanne per ciò che produce in materia di giustizia, di "processo giudiziario", altrettanto -se non peggio- avverrà ne
l momento in cui le istituzioni internazionali saranno chiamate a pronunciarsi su quanto è accaduto e continua ad accadere in Italia sul fronte del "processo politico", sul ruolo dell'informazione nella vita democratica del paese, sullo stato delle libertà e dei diritti politici dei cittadini.
Questo ritenevamo opportuno chiarire in apertura, non trascurando di far presente da subito, che, in questo quadro di ripristino della legalità violata, non marginale sarà l'opera di accertamento dei veri e propri crimini commessi da coloro a cui il servizio pubblico ha affidato e continua ad affidare la gestione dei propri più prestigiosi spazi di comunicazione poltica. Ci riferiamo a Bruno Vespa e a Michele Santoro, con i quali, d'ora in poi, tranne eccezioni -che notoriamente servono a confermare e a rafforzare la regola-, interloquiremo nell'unico luogo che ci paia davvero adeguato ad intrattenere rapporti con costoro: le aule dei tribunali.
Detto questo, signor Presidente, crediamo sia opportuno spendere qualche parola sia sulla prossima scadenza referendaria sia sulla campagna elettorale relativa alle regionali del prossimo 16 aprile.
REFERENDUM
Come sa, signor Presidente, ai sensi di una serie di pronunce della Corte Costituzionale, i Comitati promotori dei referendum sono, ciascuno, "Potere dello Stato". Sono quindi chiamati a svolgere vere e proprie funzioni istituzionali, differentemente da quanti -partiti, comitati del "sì", del "no", del "forse" e del "chissà"- sono e restano espressioni, forme della iniziativa politica.
Conseguentemente, come abbiamo già avuto modo di spiegare agli stessi vertici della Rai nel corso di un incontro al quale Lei ha avuto la cortesia di partecipare, i Comitati non possono in alcun modo accettare di "confrontarsi", di "dibattere" con altre entità che non siano, anch'esse, "Potere dello Stato". Occorrerà quindi prevedere, per ciascun Comitato promotore, "tribune referendarie ad hoc" organizzate con il metodo della "conferenza stampa", e cioè stabilendo che gli esponenti dei Comitati rispondano alle domande di giornalisti selezionati in relazione al loro prestigio e a quello delle relative testate, e si facciano carico della vera e propria funzione istituzionale consistente nella illustrazione del contenuto e delle ragioni della proposta referendaria. Altra cosa -e cosa del tutto "altra", cioè diversa- saranno invece, com'è naturale, i dibattiti fra i sostenitori del "sì" e quelli del "no".
Al di là della vera e propria fase finale della campagna referendaria e della questione delle tribune, resta poi di eccezionale gravità la pressoché assoluta assenza, che si protrae da anni, di dibattiti, confronti e approfondimenti sui temi che sono al centro non solo dell'iniziativa referendaria, ma dell'intero dibattito politico nazionale, temi coincidenti -è bene sottolinearlo- con quelli che la stessa Vigilanza ha in più occasioni riconosciuto esser censurati dalla Rai-tv.
Ora, nel mese di luglio, come certamente ricorderà, la Rai, proprio in sede di audizione dinanzi alla Sua Commissione, produsse un documento assai eloquente in tal senso, che dimostrava come nei 10 mesi precedenti (il periodo oggetto dell'analisi andava dal 1 settembre 1998 al 16 luglio 1999) le tre reti della Rai avessero organizzato appena 13 trasmissioni (una ogni 25 giorni) in materia di mercato del lavoro, fisco e sindacato, 4 (una ogni 80 giorni) in materia di pensioni, 3 (una ogni 106 giorni) in materia di sanità, 2 (una ogni 159 giorni) in materia di giustizia, 4 (una ogni 80 giorni) in materia di sistemi elettorali e, infine, 3 (una ogni 106 giorni) in materia di finanziamento pubblico dei partiti, curando, tra l'altro, tranne che in due casi, di escludere qualunque rappresentante del movimento radicale e referendario.
Bene (si fa per dire), cosa è successo da allora fino ad oggi, cosa è successo negli ultimi 7 mesi, nei quali la centralità politica dei temi referendari appare come un dato difficilmente discutibile? La situazione è addirittura peggiorata. E' accaduto infatti che la Rai, complessivamente, sia stata capace di organizzare appena 4 trasmissioni, tutte regolarmente in seconda o addirittura in terza serata: uno "Speciale TG3" con Emma Bonino e con D'Antoni il 29 luglio, uno "Speciale TG1" con Della Vedova e D'Antoni il 4 settembre, un altro "Speciale TG1" con la Bernardini, D'Antoni, Cipolletta e Bertinotti il 15 gennaio, e, infine, il "Porta a porta" del 7 febbraio scorso con Pannella, Urso, Bertinotti, e naturalmente -poteva mancare?- D'Antoni.
E quale sia il risultato di questi mesi di disinformazione lo ha efficacemente spiegato, proprio in quella puntata di "Porta a porta", il prof. Renato Manneheimer, secondo cui il 75% degli italiani dichiara di sapere "poco o nulla" sul contenuto di questi referendum. Ora, la domanda che ci poniamo è molto semplice: vi sono dei temi che sono da anni oggetto della nostra iniziativa, di cui la Vigilanza ha ripetutamente reclamato la trattazione, su cui abbiamo raccolto le firme -per limitarci a quest'anno- una prima volta dal 30 aprile e una seconda volta dal 1 luglio, che sono stati oggetto di un grande scontro politico; se ora 3 italiani su 4 dichiarano di non saperne praticamente niente, il cosiddetto servizio pubblico non avrà qualcosa da rimproverarsi? Sono forse state sufficienti queste 4 trasmissioni, o non sarebbe stato il caso di fare, per così dire, uno "sforzo" in più?
Noi crediamo -e lo diciamo molto seriamente- che questi dati testimonino l'esistenza di un vero e proprio disegno delittuoso volto a impedire che gli italiani potessero formarsi un'opinione: questo disegno va interrotto immediatamente, prevedendo da subito adeguati spazi di risarcimento, per i cittadini, dell'informazione che è stata loro sistematicamente negata, anche e soprattutto su questi temi.
La Rai ha preannunciato, proprio in occasione dell'incontro al quale ha partecipato anche Lei, di voler organizzare al più presto trasmissioni di informazione sui temi oggetto dei referendum residui: non possiamo non chiederLe di vigilare sul fatto che, almeno a questo punto, la Rai rispetti quell'impegno, e con esso, quegli obblighi di correttezza e completezza dell'informazione ai quali, anche su questo fronte, si è finora sistematicamente sottratta.
E per questo, crediamo che, proprio come per le tribune referendarie dei Comitati promotori, anche per questi altri spazi di approfondimento (così come per la ordinaria trattazione dell'attualità politica), ci si debba porre con assoluta urgenza il problema di superare l'attuale, paradossale, struttura delle trasmissioni di dibattito politico, nelle quali, con impressionante regolarità, il conduttore si autoassegna una centralità quasi sacerdotale, relegando i politici ad un ruolo marginale e di contorno.
Ora, in tutti i paesi del mondo, i dibattiti sono costruiti sulla centralità dell'ospite politico, che subisce, per così dire, il "terzo grado" dei quattro-cinque giornalisti presenti; qui in Italia, la situazione è clamorosamente ribaltata: c'è -dominatore della scena, e, nel caso di Santoro, domatore del circo- il conduttore, e poi ci sono quattro-cinque (quando va bene) politici costretti a contendergli, prima ancora che a contendersi, minuti e microfono. Tutto questo è letteralmente intollerabile: crediamo che sia necessario e urgente porvi rapidamente rimedio, prevedendo da subito -lo ripetiamo: proprio come per le tribune referendarie dei Comitati promotori- spazi in cui vi sia un politico, chiamato a interloquire con una pluralità di giornalisti. Per informazioni, la Rai potrà utilmente rivolgersi a Jader Jacobelli, delle cui tribune cominciamo -ed è tutto dire- a provare una qualche nostalgia.
ELEZIONI REGIONALI
L'ultimo punto che desideriamo affrontare è quello relativo alle elezioni regionali del prossimo 16 aprile.
Ora, nel corso di una memorabile audizione in Commissione di vigilanza, il 26 luglio scorso, il senatore Falomi, già padre della teoria della "non notiziabilità" dei radicali, elaborò anche l'ulteriore teoria della "non notiziabilità" delle leggi e delle circolari ministeriali, sostenendo che non fosse compito del servizio pubblico informare i cittadini sulle novità normative e interpretative che erano nel frattempo intervenute in materia referendaria (ad esempio, l'attribuzione anche ai consiglieri comunali e provinciali del potere di autenticare le firme). Ecco, non vorremmo che a qualcuno venisse in mente di applicare la teoria della non notiziabilità anche alle prossime regionali, e, in particolare, ad alcune questioni che la Rai -proprio in relazione all'obbligo, cui è tenuta, di fornire un'informazione corretta e completa- non può, da subito, esimersi dall'affrontare.
La prima -non foss'altro che in ordine cronologico- è la questione della raccolta delle firme per la presentazione delle liste. Per presentare le liste in tutte le circoscrizioni, occorrono dalle 110.000 alle 140.000 firme che devono essere raccolte, ormai, in poco meno di 30 giorni, e, in gran parte, provincia per provincia: chiediamo che la Rai si muova da subito, e non solo negli ultimi 20 giorni prescritti dalla legge, in primo luogo per dare ai cittadini la notizia -per lo più sconosciuta- della necessità di sottoscrivere le liste, e in secondo luogo per illustrare le modalità della sottoscrizione.
La seconda è la questione relativa alle modalità di voto: nel 1995, come si ricorderà, alcuni milioni di schede elettorali furono annullate. Ora, non v'è alcun dubbio sul fatto che l'assurdità della normativa elettorale vigente abbia avuto la propria parte di "merito", ma non v'è neppure alcun dubbio sul fatto che una martellante campagna di informazione avrebbe potuto quanto meno "ridurre il danno". Chiediamo che, almeno questa volta, la Rai si muova in modo tempestivo ed efficace anche su questo punto.
La terza -e di gran lunga più importante- questione è infine quella relativa alle straordinarie novità istituzionali che sono intervenute a seguito della recente riforma costituzionale riguardante le Regioni. Come dovrebbe essere noto a tutti (e come invece continua a rimanere ignoto alla quasi totalità degli elettori), il prossimo 16 aprile, non saremo chiamati, come le altre volte, ad eleggere tanto e solo 15 consigli regionali, ma delle vere e proprie "Assemblee costituenti", che potranno da subito, nelle settimane immediatamente successive, "riscrivere la Costituzione" -lo Statuto- della propria Regione. In altre parole, i 15 Consigli regionali che nasceranno fra qualche settimana dovranno compiere -Regione per Regione- scelte assolutamente fondamentali: adottare una forma di governo di tipo presidenziale o invece di tipo parlamentare, puntare su un sistema elettorale di tipo maggioritario o invece di tipo proporzionale, decidere di ampliare o restringere la possibilità di ricorrere a iniziative popolari
e referendarie a livello regionale, provinciale, comunale, e così via
Ora, su tutto questo, che potrebbe e dovrebbe rappresentare il cuore della prossima partita elettorale, e che rischia invece di essere del tutto travolto dalle consuete risse pre-elettorali, è assolutamente necessario che siano immediatamente organizzati adeguati spazi di confronto, di dibattito, di approfondimento. E' assolutamente necessario, in altre parole, che almeno questo non finisca nel perimetro -sempre più vasto- della "non notiziabilità" falomiana.
Queste, signor Presidente, sono le questioni che desideriamo sottoporre alla Sua attenzione, e che saremmo lieti di illustrare a tutta la Commissione, nel corso di un'audizione che, compatibilmente con i Suoi impegni e con il calendario dei lavori della Commissione, Le chiediamo di fissare al più presto.
RingraziandoLa sin d'ora, Le inviamo i nostri migliori saluti.
Emma Bonino Marco Cappato Daniele Capezzone
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