Tirarlo dalla propria parte è quasi impossibile ma estremamente utileI precedenti del '94, '95, '96. E' uno che ti fa perdere senza complessi. Oppure ti fa vincere. Soprattutto con Emma
La vocazione del single
Roma. Alla fine le ultime vicende danno ragione a chi ha descritto Marco Pannella come un single incallito, oculato amministratore del proprio partito-aziendina, che non ha mai inteso sacrificare sull'altare delle alleanze elettorali il suo disegno: destrutturare i poli, rivoltare come un guanto la destra e la sinistra figliate dall'acerbo bipolarismo italiano, e, possibilmente, plasmare uno schieramento a propria immagine e somiglianza, pronto a rompere lo splendido isolamento della sua tribù sciogliendola soltanto in un futuribile "Marco Polo".
Con questo scopo, periodicamente, Pannella imbandisce trattative con Silvio Berlusconi e il Polo, area della politica italiana sicuramente più permeabile ai suoi disegni. Contrariamente a Emma Bonino, che non lo esclude, il leader radicale non si butterebbe mai verso una sinistra italiana che ai suoi occhi incarna l'idra a tre teste del continuismo, del consociativismo e del cattocomunismo. E' perciò a una destra non di rado contraddittoria, che Marco il Demiurgo si rivolge dal 1994 sino alle convulse trattative di queste settimane, stabilendo un continuo e reciproco rapporto di bastone e carota, grandi sogni e docce fredde divenuto una costante. Così nel 1994 Pannella decide, all'ultimo momento, di infilare in sei collegi elettorali sicuri del Polo altrettanti esponenti della Lista Pannella (fra loro Marco Taradash e Peppino Calderisi) ma contemporaneamente di candidarsi nel collegio di Prati contro Gianfranco Fini, aprendo una polemica frontale con "la sinistra che pur di non appoggiarmi sceglie di non con
tendere il seggio al leader del Msi".
Nel 1995 Pannella si smarca dalla battaglia per le Regionali e presenta una lista autonoma di scarso appeal elettorale (dalla Lombardia al Lazio le percentuali non sfiorano il 2%), ma sufficiente a provocare la sconfitta del centrodestra in Lazio e in Abruzzo. Alle Politiche del 1996, infine, fra il Polo e Pannella viene siglato - sempre all'ultimo momento utile - un accordo politico-elettorale foriero più di conflittualità che di forza. Dinanzi a un Berlusconi sempre più stupito, Pannella non chiede seggi e spazi (il leader radicale conserva una robusta idiosincrasia a ogni forma di partito organizzato e di gruppo dirigente), bensì garantisce il sostegno ai candidati del Polo nei collegi maggioritari in cambio dell'appoggio del centrodestra nella quota proporzionale, dove la Lista Pannella corre sola. Il leader radicale, che al di là delle demagogiche "restituzioni al popolo del finanziamento pubblico, cioè del maltolto partitocratico", ha il merito di laicizzare il rapporto fra soldi e politica, con il Pol
o conclude anche un accordo finanziario: in caso di non raggiungimento della soglia minima del 4%, indispensabile alla Lista Pannella per inviare in Parlamento rappresentanti, il Polo dovrà versare sino alla fine della legislatura l'equivalente della quota percepita da un gruppo parlamentare di quella consistenza.
Aspetti farseschi di un'ambiguità
L'ambiguità del rapporto fra Pannella e il centrodestra assume nel 1996 aspetti farseschi (i radicali non riescono a presentare le liste in alcune regioni, l'accordo finanziario finisce in tribunale). Ma dall'insieme dei rapporti di questi anni emergono alcune verità, valide per interpretare l' "odi et amo" di questi giorni. Come Francesco Cossiga (e non solo lui), anche Pannella ha sperato e puntato su un "suo" Berlusconi, un Cavaliere pensato e cucito sui propri progetti (Cossiga un nuovo, grande centro; Pannella un polo liberale di massa); e una prima, sostanziale difficoltà è sempre insorta all'impatto con il Berlusconi reale. Anche se, poi, come insegna la lezione del 1994 il rapporto con Pannella ha portato la vittoria a Berlusconi.
Ma un'alleanza stabile e definitiva Pannella non la vuole. Non intende entrare nei libri di storia come colui che dopo un lungo percorso politico sceglie di essere o l'ala sinistra di Berlusconi o il fianco destro di D'Alema. Perciò, finché gli sarà possibile (e a maggior ragione con il robusto ricostituente rappresentato dall'immagine della Bonino), il tenace Pannella giocherà da solo contro tutti, non con un disegno di potere bensì esprimendo una terza forza che vuole modificare le altre due. Un Pannella che corre in solitudine, per imporre alla destra di "abbandonare il clerico- fascismo e farsi liberale" e alla sinistra di gettare alle ortiche il cattocomunismo e farsi laburista. Si tratta di capire come se la caverà tra un referendum e Politiche che per il 2001 si annunciano particolarmente polarizzate.
Accordarsi con Pannella alla fine si può, ma bisogna sapere che il negoziato ha da scontare questa vocazione da single.