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Conferenza Rivoluzione liberale
Caporale Cinzia - 1 marzo 2000
maternità surrogata

questo è il pezzullo che ho mandato oggi a Il Sole-24 Ore (non so quando lo pubblicano)

Sempre più di frequente si ha l'impressione che il principio secondo cui non siamo legittimati a mettere in pratica "tutto" ciò che il progresso della scienza rende concretamente possibile, nel nostro paese sia divenuto l'alibi per giustificare il rifiuto sistematico e onnicomprensivo di "qualsiasi" applicazione biotecnologica. Ogni volta - e particolarmente quando la tecnica interferisce con le strutture simboliche e con il concetto stesso di maternità-, il riflesso amplificato dai media ha poco a che fare con la naturale diffidenza che proviamo di fronte ad una novità scientifica e con la necessità di valutarne razionalmente le conseguenze. Piuttosto, il disagio si trasforma rapidamente in un divieto giustificabile in base a precetti religiosi, ad un generico e laico appello ai valori e alla dignità dell'uomo, o all'esistenza di normative tanto inefficaci e obsolete quanto vincolanti. Quasi che il diritto si possa modificare solo per stratificazione di sempre nuove proibizioni e non per adeguarlo ad una re

altà mutata che semmai richiede la rimozione di vincoli.

La "nuova" paura con cui misurarci riguarda il caso di maternità surrogata su base solidaristica imposto da una sentenza del Tribunale di Roma, che riconosce ad una coppia committente il "diritto a diventare genitori" e in particolare alla donna il "diritto di essere madre senza gravidanza". Si tratta di una pratica prevista a titolo gratuito ad esempio in Gran Bretagna e che ha consentito la nascita di migliaia di bambini negli Stati Uniti, dove è ammessa anche come accordo commerciale stipulato tra privati con un livello di contenzioso assolutamente marginale ed esiti sociali del tutto ragionevoli. In Italia, la maternità sostitutiva è espressamente vietata dal Codice deontologico dell'Ordine dei medici che, su questo come su altri aspetti che attengono alle libertà individuali di tutti i cittadini (fecondazione assistita, decisioni mediche di fine vita, interventi di ingegneria genetica ecc.), ha inteso porsi, in assenza di normative specifiche, come fonte morale per l'intera collettività. Evidentemente,

le norme interne di una comunità professionale non rappresentano in alcun modo il criterio assoluto del bene e del male, e il tentativo di corporativizzazione dell'etica dovrà necessariamente cedere di fronte alla fonte giuridica di ordine superiore costituita dalla sentenza del giudice Chiara Schettini.

Nelle motivazioni che autorizzano il trasferimento dell'embrione nella madre surrogata, si legge che "l'abbandono della legge naturale che vuole la donna-madre gestante e partoriente" induce a "ridefinire il fenomeno della maternità ridisegnandone i confini". E un fatto che la riproduzione umana è andata via via artificializzandosi. Alla sessualità senza concepimento, conquista delle donne e degli uomini da alcuni decenni, si è affiancata la procreazione senza sessualità. Ed è appunto questo rovesciamento di prospettiva che presenta oggi alcune difficoltà di elaborazione individuale e collettiva che però tendono ad essere ampiamente sopravvalutate, con il rischio di ingenerare sfiducia nella medicina e nella capacità personale di compiere delle scelte autonome e razionali. Di qui anche l'ossessione di porre sotto tutela gli scienziati della vita e l'insieme stesso dei cittadini attraverso regole generali quasi sempre incapaci di interpretare la straordinaria varietà delle singole situazioni, la ridefinizione

continua della genitorialità e l'imprevedibile intrecciarsi delle relazioni parentali. Ma il valore di un nuovo nato e gli obblighi di chi se ne assume la responsabilità non si misurano certamente in base alle circostanze della nascita.

Per un liberale, tutti i diritti sono diritti di proprietà e il primo di essi è quello di ciascuno sul proprio corpo. Tra diritti di proprietà e "diritti civili" non vi è quindi opposizione, ma anzi vi è perfetta continuità. Secondo questa visione, i diritti non sono definiti in funzione della società, e non sono attribuiti, o peggio "concessi" agli individui a seconda della loro compatibilità con un dato modello globale di ordine sociale o di famiglia. Quando la cronaca ci offre una situazione insolita, come nel caso che abbiamo esaminato, sarebbe quindi più opportuno lasciare spazio ad una riflessione ispirata alla tolleranza e ad un atteggiamento possibilista piuttosto che rifugiarsi nel pregiudizio limitando a priori le opportunità di scelta individuali.

Per gli "stranieri morali" del cristiano ortodosso Tristram Jr. Engelhardt - uno dei maggiori esperti di bioetica del mondo-, quando si pongono conflitti di valori e di interessi l'autorità a cui fare appello "non sarà né Dio, né una particolare visione morale concreta, bensì loro stessi". Faranno cioè discendere l'autorità dal consenso. Per il laico Giovanni Berlinguer, dal momento che consentire la maternità surrogata "rappresenta la punta esasperata e aberrante di un processo di trasformazione della donna in oggetto", occorre ricorrere alla forza dello stato e "fare appello alla coscienza morale di tutti perché ciò non accada".

 
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