Sentenza storica: parte l'era della "e-democracy"di Giovanni Padula
da http://www.lastampa.it/redazione/ultima/redazione/menu/principale/voto.stm
Un giudice dell'Arizona ha respinto una richiesta di ingiunzione per bloccare le prime elezioni online con voto valido organizzate nella storia degli Stati Uniti. Le elezioni, quindi si terranno come previsto. La decisione non era affatto scontata ed e' arrivata come il classico sasso nello stagno. Lo stagno e' quello della democrazia elettronica e, occhi aperti, grazie al sasso potrebbe ora diventare un mare. La posta in gioco sono le altre 512.999 contese elettorali pubbliche che ogni anno si svolgono negli Stati Uniti. E ovviamente anche l'Europa, dove il rapido sviluppo dell'Internet tocchera' presto la e-democracy, non puo' rimanere insensibile al problema.
Antefatto: il partito democratico dell'Arizona ha di recente deciso di affidare le primarie previste per l'11 marzo anche al voto online, dando la possibilita' agli elettori di esprimere le loro preferenza per Gore, Bradley o un altro dei candidati anche attraverso Internet. Seduti a casa davanti a un computer senza doversi necessariamente recare ai seggi. Un passo storico perche', a differenza di una contesa elettorale online da poco tenuta in Alaska, il voto elettronico in Arizona e' da ritenersi valido a tutti gli effetti per il risultato finale. L'organizzazione della contesa elettorale online e' stata affidata in gestione a un sito che si occupa di democrazia e voto elettronico, Election.com (www.election.com).
Tuttavia poche settimane fa un'organizzazione per la difesa dei diritti civili ha impugnato questa decisione, chiedendo il blocco delle elezioni online e puntando l'indice contro il rischio di una emarginazione delle fasce piu' povere della popolazione dell'Arizona (vi sono anche alcune riserve indiane nello Stato). Secondo il Voting Integrity Project (www.voting-integrity.org) il risultato elettorale potrebbe essere gravemente distorto dal fatto che l'accesso a Internet e' molto scarso attualmente all'interno di queste fasce di individui.
Esito: ieri sera e' arrivata la decisione del giudice Paul G. Rosenblatt che a ben vedere, pur dando il via libera alle elezioni online, sottolinea alcuni motivi di preoccupazione. Rosenblatt ritiene che i seggi fisici allestiti per la popolazione piu' povera che vive dispersa sul territorio, come gli indiani delle riserve, siano sufficenti e in posizione tale da garantire il loro diritto ad esprimere il voto. Chi sceglie di votare nei seggi, per le primarie democratiche dell'Arizona, potra' farlo solo l'11 marzo. Chi invece sceglie di partecipare alle elezioni tramite il computer potra' votare a sua scelta in uno dei giorni compresi tra il sette e l'undici marzo.
Il giudice tuttavia, nel repingere la richiesta di ingiunzione, non ha cancellato i dubbi contenuti nella causa aperta dal Voting Integrity Project (VIP) e ha riconosciuto soprattutto due cose: che ci sono motivi sufficenti per ritenere che le elezioni online possano provocare un "digital divide", una frattura digitale tra chi e' connesso alla rete e chi invece non lo e'. Soprattutto le minoranze etniche potrebbero risentire di questo aumento della distanza dai luoghi critici dove si svolge il processo elettorale. Inoltre per Rosenblatt non e' ancora sufficentemente chiaro in che misura la democrazia elettronica tuteli la correttezza dell'intero processo elettorale, dal rispetto della privacy al rischio di frode. Ma il giudice non era chiamato ad emettere una sentenza su questi elementi. Che rimangono aperti. "Il giudice ha puntato la pistola ma non ha poi premuto il grilletto", ha detto delusa Deborah Phillips, presidente del VIP.
Le potenzialita' della democrazia elettronica rimangono comunque enormi. Quaranta anni fa negli Stati Uniti due terzi della popolazione con diritto di voto partecipava alle elezioni presidenziali (le primarie hanno avuto sempre un'affluenza inferiore). Oggi pero' questa percentuale e' scesa sotto il 50%. Secondo alcuni esperti il voto elettronico potrebbe riavvicinare soprattutto i giovani al processo elettorale: un recente sondaggio ha indicato che il 71% dei giovani intervistati tra i 18 e i 27 anni sono pronti a inviare il proprio voto tramite Internet. Tra pochi giorni ne sapremo qualcosa di piu'. Per ora limitiamoci a considerare che grazie alla rete c'e la possibilita' si far risalire la domanda di democrazia dopo decenni di calo di tensione sia negli Stati Uniti che in Europa. Un'attenzione particolare andra' in effetti dedicata ai pericoli di aumento della "disuguaglianza", alla tutela dei diritti, alla sicurezza del voto online e al rischio di frodi elettorali. Ma una cosa e' certa, tra le tante "e"
che ci siamo abituati a veder inserire in apertura di parola (e-mail, e-commerce, e-business) quella davanti a democracy non suonera' poi tanto male. Un inglesismo in piu', ma forse ne vale la pena.