Massimo D'Alema e Romano Prodi, rivali anche nel corteggiare il colonnello libico Gheddafi, ci hanno offerto dal Cairo lo spettacolo avvilente di due leader democratici che sgomitano nottetempo davanti a una tenda per conquistare la simpatia di un dittatore golpista e dissennato al potere ininterrottamente da 31 anni. Il tiranno più longevo del Mediterraneo. Mancava solo che cantassero "In ginocchio da te".
Solo dopo avere ascoltato l'ennesima arringa di Gheddafi, tanto sprezzante dell'Occidente quanto delirante, il capo del governo italiano e il presidente della Commissione europea si sono dichiarati "delusi".
Nessuno ignora i fortissimi interessi economici e commerciali che la Libia rappresenta per l'Europa e particolarmente per l'Italia. Ma la diplomazia e la politica non possono soccombere alla semplice logica del business. C'é da chiedersi se fra i consiglieri di D'Alema e Prodi ce ne sia qualcuno in grado di cogliere le caratteristiche essenziali di Gheddafi e del suo regime. Qualcuno in grado di ricordare ai due leader che il colonnello di Tripoli da oltre tre decenni:
- priva i suoi concittadini dei diritti sanciti dalla Dichiarazione universale dell'ONU sui diritti umani;
- perseguita e fa assassinare i suoi oppositori;
sperpera le enormi ricchezze che appartengono al popolo libico in spese militari e in avventure belliche di sapore coloniale a danno dei paesi confinanti, in aperta violazione del diritto internazionale;
finanzia attività terroristiche ai quattro angoli del globo: dall'Irlanda alle Filippine passando per il medio Oriente.
Noi radicali crediamo che sia tempo di mettere fine a questi risibili tentativi di dialogo con il tiranno di Tripoli. Che sia invece necessario politicamente denunciarne i crimini e dialogare in Libia con le forze politiche e gli individui che si battono per la libertà.
Roma, 4 aprile 2000