Dichiarazione di Emma Bonino:
Roma, 4 aprile 2000 - Ancora una volta, dopo che perfino Sergio Cofferati -ed è tutto dire- sembra avere abbandonato i toni e gli argomenti di qualche mese fa, tornano a circolare clamorose inesattezze -per non dire vere e proprie menzogne- a proposito del referendum radicale sull'art.18 dello Statuto dei lavoratori.
A beneficio di Gloria Buffo -e dei pochi altri che continuano a far finta di non capire- torno dunque per l'ennesima volta a ripetere che noi NON introduciamo nessuna "libertà di licenziamento" e NON cancelliamo affatto il principio della "giusta causa". Ci limitiamo ad eliminare -anche per le imprese con più di 15 dipendenti- una norma che non esiste in nessuna parte del mondo: quella per cui il giudice può "reintegrare", come si dice, il lavoratore licenziato, il che, evidentemente, è un tremendo disincentivo alla creazione di nuovi posti di lavoro. Se io ho un'impresa e ritengo di poter assumere, ma so anche che, assumendo, rischio di contrarre un matrimonio senza alcuna possibilità di divorzio, mi guarderò bene dal farlo. Noi vogliamo invece che, per tutte le imprese, valga il sistema che è ora in vigore per quelle con meno di 15 dipendenti: anche qui, in caso di licenziamento, si può finire davanti al giudice, ma quest'ultimo non può imporre il reintegro. Può disporre o la riassunzione (che è meno onero
sa del reintegro vero e proprio, perché consiste, in pratica, nella creazione di un nuovo rapporto di lavoro), o il pagamento di una forte somma di denaro. E' -lo ripeto perché è importante- quello che accade in tutti i maggiori paesi occidentali. In Italia, al contrario, se dessimo retta alla "trimurti sindacale" e a tutti i vecchi arnesi della conservazione dell'esistente, e ci tenessimo la normativa attuale così com'è, salveremmo forse alcune migliaia di posti di lavoro, ma ci precluderemmo la possibilità di crearne alcuni milioni di nuovi. E non mi sembrerebbe davvero un buon affare.
Quanto infine ai cosiddetti lavoratori parasubordinati, voglio solo ricordare che, se fosse per la Buffo e il suo amico Salvi, sarebbero tutti già definitivamente ingabbiati nei vincoli e nelle rigidità che caratterizzano gli altri rapporti di lavoro, con la brillante prospettiva della sindacalizzazione prima e della disoccupazione poi.