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Conferenza Rivoluzione liberale
Bazzichi Marco - 8 aprile 2000
MARTIN HEIDEGGER A DER SPIEGEL, SETTEMBRE 1966
Prof. Heidegger, abbiamo ripetutamente constatato che alla Sua opera filosofica fanno un poco ombra eventi, sia pure di breve durata, che sono accaduti durante la Sua vita e che non sono mai stati chiariti.

R.Intende riferirsi al 1933?

Si', prima e dopo (...)

R. (...) devo dire che prima del rettorato non mi sono mai occupato di politica(...) Nel dicembre 1932 il mio vicino di casa von Moullendorf, ordinario di anatomia, fu eletto rettore. La data di presa di servizio del nuovo rettore, in questa Universita' e' del 15 aprile. Nel semestre invernale appena trascorso avevamo parlato spesso della situazione, in parte priva di prospettive, degli studenti. Il mio giudizio fu: per quanto io riesca a capire, resta soltanto una possibilità, quella di tentare di correre ai ripari con le forze costruittive ancora effettivamente vitali!

Dunque lei vedeva un nesso tra le condizioni dell'Universita' tedesca e la situazione politica tedesca in generale?

R.Naturalmente avevo seguito i fatti politici tra il gennaio e il marzo del 1933 ed avevo anche occasionalmente parlato di essi con colleghi più giovani. Ma il mio lavoro era stato dedicato ad un'interpretazione piuttosto impegnativa del pensiero presocratico. All'inizio del semestre estivo ero tornato a Friburgo. Nel frattempo, dopo due settimane dall'insediamento, Moullendorf fu sollevato dal suo incarico dall'allora ministro della cultura del Baden. Il pretesto, probabilmente gradito, a questa decisione del Ministro era stato il fatto che il rettore aveva proibito di appendere nell'Universita' il cosiddetto "Manifesto degli Ebrei" (...) Colleghi più giovani, coi quali già da parecchi anni avevo discusso i problemi di un nuovo volto dell'Università, mi assalirono incitandomi ad assumere il rettorato. Esitati a lungo. Alla fine mi dichiarai pronto ad assumere la carica, solo nell'interesse dell'Universita', solo se mi fosse stato assicurato il consenso unanime del Plenu (...) i colleghi mi risposero che l'e

lezione era stata preparata in modo che io, ormai, non potevo più ritirare la mia candidatura.

(...)Come si configuro' il Suo rapporto con i nazionalsocialisti?

R.Il secondo giorno dopo il mio insediamento comparve in rettorato con due accompagnatori il "capo degli studenti" e pretese di nuovo l'affissione del manifesto contro gli ebrei. Io rifiutai. I tre studenti si allontanarono facendomi sapere che la proibizione sarebbe stata comunicata alla Direzione Studentesca del Reich. Dopo alcuni giorni arrivò una comunicazione telefonica dell'Ufficio Scuole Superiori delle Sezioni d'Assalto (S.A.), che faceva parte della Direzione Suprema della S.A. stesse, da parte del capogruppo Baumann: in caso di ulteriore rifiuto, avrei dovuto aspettarmi una deposizione dal mio ufficio, se non addirittura la chiusura dell'Università. Io non ritirai il mio divieto.

Nella sua prolusione rettorale, lei disse: "La molto decantata 'libertà accademica' viene cacciata via dall'Universita' tedesca; questa libertà infatti non era genuina perché era soltanto negativa".

R.Sì, ne sono ancora convinto. Perché questa libertà accademica è stata fin troppo spesso una libertà negativa; libertà dalla preoccupazione di dedicarsi appieno a quella riflessione e a quella meditazione che lo studio scientifico richiede. D'altro canto se la frase da Lei estrapolata non dovesse essere presa a sé, ma letta nel suo contesto, risulterebbe evidente cosa avevo voluto dire con "libertà negativa".

Bene, questo si capisce. Tuttavia noi crediamo di ravvisare un tono nuovo, nel Suo discorso di rettorato, là dove Lei, 4 mesi dopo la nomina di Hitler a cancelliere del Reich parla, per esempio, della "grandezza e magnificenza di questa 'rottura'".

R.Sì, e ne ero anche convinto.

Potrebbe illustrarcelo un po' meglio?

R.Volentieri. Non vedevo allora nessun'altra alternativa. Nella generale confusione delle idee e delle tendenze politiche di ventidue partiti si trattava di trovare una posizione nazionale e soprattutto sociale.

Quando cominciò ad occuparsi della situazione politica? I ventidue partiti infatti c'erano da parecchio tempo. Milioni di disoccupati c'erano già nel 1930.

R. (...) Questa preoccupazione e' enunciata nel titolo del mio discorso di rettorato "L'autoaffermazione dell'Università tedesca" (...) che va contro la cosiddetta scienza politica che, già allora, si invocava nel partito e nelle organizzazioni studentesche nazional-socialiste. L'espressione aveva allora ben altro senso; essa significava non già politologia, come oggi, bensì: la scienza in quanto tale, il suo senso e il suo valore, vengono stimati in base all'utilità che hanno di fatto per il popolo. E' l'opposizione a questa politicizzazione della scienza che propriamente viene enunciata nel discorso di rettorato.

(...) L'università doveva rinnovarsi in base ad una propria presa di coscienza e guadagnare in tal modo una stabile posizione rispetto al pericolo della politicizzazione della scienza.

Lei disse nell'autunno 1933: "Non teoremi e idee siano le regole del vostro essere. Il Fuhrer stesso e solo lui è la realtà effettuale tedesca dell'oggi e del domani e la sua legge".

R.Quelle frasi non si trovano nel discorso di rettorato, ma soltanto nel locale "Giornale Studentesco Friburghese" all'inizio del semestre invernale 1933-34. Allorché io assunsi il rettorato avevo ben chiaro che senza compromessi non ce l'avrei fatta. Le frasi citate, oggi non le scriverei più. Cose del genere non le ho più dette già nel 1934. (...) Dopo 10 mesi di servizio io recedevo dall'ufficio mentre i rettori, in quell'epoca, restavano in carica due o più anni. Mentre la stampa interna ed estera aveva commentato nei modi più svariati la mia assunzione al rettorato, tacque del tutto al momento delle mie dimissioni.

E il suo successore fu un membro impegnato del partito?

R.Era un giurista; il giornale di partito "Der Alemanne" annunciò la sua nomina a rettore scrivendo a caratteri di scatola: "Il Primo Rettore Nazional-Socialista dell'Università".

Come si comportò nei Suoi riguardi il partito?

R.Fui costantemente sorvegliato.

Il partito teneva dunque un occhio aperto su di Lei?

R.Sapevo soltanto che i miei scritti non potevano essere recensiti (...) La mia conferenza su Holderlin del 1936 fu attaccata malamente nella rivista della Hitler-Jugend "Volontà e Potenza". (...) Le conferenze "Cos'è la metafisica" e "Dell'essenza della verità" venivano vendute sottobanco con una copertina priva di titolo. Il Discorso di rettorato fu nel 1934, per disposizione del partito, ben presto ritirato dal commercio.

Ma nel 1935, in una lezione pubblicata nel 1953, col titolo di "Introduzione alla Metafisica", aveva detto: "ciò che oggi (1935) viene spacciato in giro come filosofia del nazionalsocialismo, ma che non ha minimamente a che fare con la verità e la grandezza di questo movimento (e cioè con l'incontro della tecnica planetaria con l'uomo moderno) pesca nel torbido dei 'valori' e delle 'totalità'". (...) In questo quadro lei includerebbe anche il movimento comunista?

R.Sì, senz'altro, in quanto determinato dalla tecnica planetaria.

Anche l'americanismo?

R.Anch'esso, direi. Nel frattempo, nei trent'anni trascorsi, dovrebbe essere risultato chiaro che il movimento planetario della tecnica moderna è una potenza la cui grandezza, storicamente determinante, non può essere in alcun modo sopravvalutata. E' per me oggi un problema decisivo come si possa attribuire un sistema politico -e quale- all'età della tecnica. A questa domanda non so dare alcuna risposta. Non sono convinto che sia la democrazia.

Ma "la" democrazia e' soltanto un concetto riassuntivo sotto il quale si possono assumere diverse concezioni. Il problema e' se sia possibile un'ulteriore trasformazione di questa forma politica.

R. (...) Io le chiamerei cose a metà, in quanto non vedo in esse nessun effettivo confronto col mondo tecnico: infatti dietro di esse, a mio parere, sta sempre la concezione che la tecnica sia nella sua essenza qualcosa che l'uomo ha in mano. Ma questo, secondo me, non è possibile. La tecnica nella sua essenza è qualcosa che l'uomo non di per sé non è in grado di dominare.

Perché dovremmo essere così gravemente essere sopraffatti dalla tecnica...?

R.Io non dico "sopraffatti". Dico che non abbiamo ancora nessuna strada che corrisponda all'essenza della tecnica. Tutto funziona. Questo è inquietante, il funzionare spinge sempre oltre verso un ulteriore funzionare; la tecnica strappa e sradica l'uomo sempre più dalla terra. Non so se Lei è spaventato, io in ogni caso lo sono stato appena ho visto le fotografie della Terra scattate dalla Luna. Non c'e' bisogno della bomba atomica: lo sradicamento dell'uomo è già fatto. Resta una situazione puramente tecnica. Non è più la Terra quella su cui oggi l'uomo vie (...) In Provenza vengono installate basi missilistiche e la campagna viene devastata in maniera inimmaginabile (...) lo sradicamento dell'uomo che qui si compie è la fine di tutto, a meno che (ancora una volta) il pensare e il poetare non prendano il potere con la loro forza non violenta.

(...) Secondo la nostra umana storia ed esperienza o, almeno, per quello che è il mio orientamento, io so che tutto ciò che è essenziale e grande, è scaturito unicamente dal fatto che l'uomo aveva una patria ed era radicato in una tradizione. La letteratura odierna, per esempio, è in gran parte distruttiva.

(...) La filosofia non potrà produrre nessuna immediata modificazione dello stato attuale del mondo. E questo non vale solo per la filosofia, ma per ogni impresa umana. Ormai solo un Dio ci può salvare (...) al cospetto di Dio assente, noi tramontiamo (...) l'uomo è collocato, impegnato e provocato da una potenza che diviene palese nell'essenziare della tecnica e che egli stesso non signoreggia. Far capire questo: di più il pensiero non pretende. La filosofia è alla fine. (...) La filosofia si dissolve in singole scienze: la psicologia, la logica, la politologia.

E ora chi prende il posto della filosofia?

R.La cibernetica.

 
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