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Conferenza Rivoluzione liberale
Poretti Donatella - 10 aprile 2000
D'ALEMA AI RADICALI "E' L'ORA DELL'INTESA"
Appello del presidente del Consiglio "Insieme per difendere il maggioritario"

"Pannella pone un problema giusto il Polo ha valori regressivi"

LA REPUBBLICA, pag 5 e 6, lunedi' 10 aprile 2000

di MASSIMO GIANNINI

ROMA - "E' giunto il momento di riprendere il dialogo con i radicali". Nella settimana cruciale che precede le elezioni regionali di domenica prossima, Massimo D'Alema imprime una scossa al centrosinistra e lancia un'apertura politica a Emma Bonino e Marco Pannella. "Dobbiamo procedere uniti sui referendum elettorali, per impedire che si saldi il blocco della restaurazione e del ritorno al proporzionale rappresentato da Berlusconi e Bossi", dice il presidente del Consiglio. "Non voglio annullare le differenze, anche serie, come sui referendum sociali. Penso, pero', che di fronte alla minaccia di questa destra dobbiamo poterci confrontare e cercare di convergere su obiettivi essenziali di modernizzazione politica e istituzionale del Paese". Oggi non e', non vuole essere, almeno non ancora, un patto politico per il 2001, quello che il premier offre ai radicali. Ma potrebbe diventarlo domani, se dalla coalizione non si frapporranno veti insormontabili, e se Bonino e Pannella saranno a loro volta disponibili a t

essere la tela.

Presidente D'Alema, lo vogliamo dire? Finora questa e' stata una delle peggiori campagne elettorali che si ricordino, tra barzellette, insulti, invettive personali.

"E' vero, la campagna elettorale ha avuto un andamento molto rattristante. In realta' ci sono due campagne elettorali. Ce n'e' una, quella vera, che riguarda l'elezione diretta dei presidenti delle regioni, un tema cruciale che deve tornare ad essere al centro dell'attenzione perche' il nuovo assetto delle regioni e' parte integrante della riforma dello Stato. E' una fase molto simile a quella del '93, all'inizio della stagione dei sindaci eletti dal popolo che non a caso, con il referendum elettorale, dette la spinta all'innovazione politica e istituzionale nel Paese. Il nesso e' evidente, e ora si puo' ripetere con l'elezione popolare diretta dei presidenti delle regioni che puo' spingere verso una riforma federalista dello Stato e una piu' generale riforma del sistema politico. Questa novita' attirera' gli elettori...".

Lo dice convinto, o piuttosto ha paura che dilaghi l'astensionismo?

"Io non credo che avremo un enorme astensionismo. Penso, semmai, che ci sara' una quota consistente di elettori che voteranno solo per il presidente della regione e non voteranno per le liste di partito, proprio perche' mossi da questo interesse verso la formula dell'elezione diretta. E credo che il centrosinistra sia in una posizione di vantaggio perche' ha fatto una scelta coerente con questa novita' istituzionale, mettendo in campo un pezzo della sua classe dirigente nazionale. La squadra delle candidature del centrosinistra ha una rilevanza nazionale, mentre persino gli osservatori piu' attenti avrebbero difficolta' a snocciolare i nomi dei 15 candidati del Polo".

Lei parlava di due campagne elettorali. Se questa e' la prima, qual e' la seconda?

"E' quella di Berlusconi, che sta facendo semplicemente le prove generali per le elezioni politiche. Questa e' un'altra campagna elettorale. Lo confermano l'annuncio che il patto Polo-Lega e' un patto per il voto del 2001, la richiesta ammorbante delle elezioni anticipate e soprattutto la campagna totalmente incentrata sulla sua persona. E' lui il candidato: e' 15 volte candidato. In questo c'e' un forte elemento di inganno, pero' c'e' anche un disvelamento: si delinea il vero volto di questa destra".

E quale sarebbe questo volto?

"L'operazione politica fatta da Berlusconi, l'alleanza con Bossi, l'accordo in alcune regioni con la destra estrema e dichiaratamente neofascista, la scelta del proporzionale: sono tutti aspetti che configurano un profilo politico-culturale molto diverso da quello con cui Berlusconi era 'sceso in campo' nel '94. C'e' oggi un tratto anti-moderno e conservatore particolarmente forte, nella destra. Che non e' moderata e soprattutto non e' liberale. Mentre il Polo delle Liberta' rappresentava l'idea di liberare il Paese dai suoi vincoli, con un'esaltazione liberista degli individui, la Casa delle Liberta' e' semplicemente una ricostruzione del blocco conservatore contro il comunismo, una riproposizione degli anni '50. E non credo che sia a caso che qualche vano sia rimasto vuoto...".

Si riferisce a Pannella che ha paragonato l'asse Berlusconi- Bossi, con gli innesti dei vari Buttiglione e degli altri alleati minori, all'assembramento "clerico-fascista" che negli anni '70 andava da Fanfani ad Almirante?

"Al di la' dei riferimenti e delle parole che sono proprie di Pannella, condivido il nucleo del suo ragionamento. Pannella ha posto un problema: il centrodestra ha ormai assunto come propri valori regressivi e fondamentalisti. Con un atteggiamento illiberale sul complesso dei temi che riguardano i diritti civili e della persona, e alla fine anche l'evoluzione complessiva del sistema politico. Il riscontro vero di questa scelta conservatrice e anti-moderna sta nel rilancio della prospettiva della proporzionale. Questa non e' certo una scelta tecnica. Il punto vero e' che dietro questa scelta si pensa a una riedizione della peggiore partitocrazia".

O anche a una nuova Democrazia Cristiana, sospettano in molti nel centrosinistra.

"C'e' un elemento di sostanziale diversita': lo sdoganamento dell'estrema destra. La Dc e' stata una grande forza democratica, radicata nei valori dell'antifascismo. La sua migliore tradizione popolare e' oggi parte viva ed essenziale del centrosinistra. Il neocentrismo berlusconiano e' invece privo di valori democratici: al centro c'e' l'idea del partito-azienda, che tuttavia non e' meno compressiva della societa' civile di quanto non lo fossero i partiti tradizionali. Noi abbiamo sofferto molto di una forma di partitocrazia a svantaggio delle istituzioni, ma la nuova partitocrazia che la destra porta avanti configurerebbe una tale concentrazione di poteri economici, finanziari e politico-istituzionali da far apparire la vecchia partitocrazia come una confraternita di dilettanti. Insomma, il tema della democrazia, delle liberta' individuali e dei diritti civili torna ad essere centrale per il futuro del Paese. Se certi poteri di regolazione e di controllo fossero nelle mani di un attore imprenditorial-finan

ziario di primo piano, e se per esempio le licenze Umts le dovesse attribuire un soggetto che e' anche uno dei due principali fornitori di contenuti per le reti, non credo sarebbe un bene per la democrazia liberale, ne' per la concorrenza e il libero mercato. In questa fase di trasformazione dell'economia e di riorganizzazione dei grandi poteri, abbiamo bisogno di istituzioni forti, non della concentrazione di poteri politico-istituzionali in un partito azienda".

E allora? E' su questi temi che, dopo aver litigato per mesi, lei sarebbe disponibile a ritessere un filo con Pannella e Bonino?

"Si', penso che su questi temi valga la pena di riaprire un dialogo con i radicali. In fondo e' stato proprio l'andamento della campagna elettorale a dimostrarci perche' era impossibile che il Polo facesse un accordo con la Bonino. La rottura e' stata forte, e non si e' certo consumata su un punto singolo del programma, ma sull'intera direzione di marcia impressa da Berlusconi, che porta alla rotta di collisione con i referendari ed e' contraria a una cultura liberale e anche liberista di tipo innovativo...".

E secondo lei questa cultura liberale e liberista, incompatibile con la destra, adesso lo sarebbe con la sinistra?

"Non su tutto, questo e' chiaro. Ci sono punti evidenti di contrasto, come sui referendum sociali. Ma dobbiamo intenderci: le coordinate politiche, oggi, non sono piu' solo destra e sinistra, ma sono anche vecchio e nuovo. Ci sono forze che pure non si collocano a sinistra ma che sono portatrici di una cultura dell'innovazione. I radicali hanno percepito per primi che la curvatura politica presa da questa destra si muove lungo la coordinata del ritorno al vecchio, e l'hanno denunciato con forza. Per questo penso che il centrosinistra, dall'apertura di un dialogo con i radicali, potrebbe trarre stimolo per rafforzare il suo profilo innovatore. Soprattutto in quella prospettiva di rafforzamento delle istituzioni che non significa negare il ruolo dei partiti ma piuttosto ridefinirlo. Andiamo verso una societa' nella quale lo Stato gestira' sempre meno: il senso delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni e' esattamente questo. Abbiamo bisogno di istituzioni piu' forti, che esercitino un corretto bilanciament

o dei poteri. Pensi a certe grida e a certe discussioni di casa nostra e guardi al modello anglosassone: c'e' un giudice indipendente che oggi puo' mettere sotto torchio Bill Gates. Dove le istituzioni sono piu' forti, e' piu' forte anche la democrazia".

Restiamo in Italia. Qual e' la sua idea di "dialogo" con Pannella e Bonino?

"La mia idea e' che si possa configurare una convergenza di forze che hanno a cuore la modernizzazione del paese. Dobbiamo trovare il modo di dialogare, pur mantenendo una divergenza su contenuti anche importanti".

Che significa, in concreto? Chiede ai radicali di sedersi a un tavolo per fare che cosa? Un'alleanza elettorale? Un patto politico vero e proprio?

"Intanto chiedo ai radicali di avviare un confronto. Il 16 aprile e' vicino, ognuno fara' la sua battaglia. Ma dobbiamo anche pensare al dopo. Ci sara' il referendum, che e' un passaggio cruciale. Mi pare evidente che Berlusconi punti a travolgerlo, quando ripete che dopo le regionali ci saranno le elezioni anticipate. Checche' ne dica Fini, che poverino mi pare ormai relegato a un ruolo da comparsa, la stessa alleanza con Bossi ha questo obiettivo dichiarato. Perche' si sarebbero messi insieme, se no? In fondo Berlusconi le tre regioni al Nord le governava gia', e poteva pensare di vincere anche senza Bossi. Se hanno firmato questo patto non e' certo per le regioni: l'hanno firmato contro il referendum, contro il maggioritario e per ipotecare il governo del Paese. E allora tutti quelli che invece vogliono tenere aperta una porta alla modernizzazione politico-istituzionale devono sapere che una vittoria del Polo alle regionali e' una minaccia a questa prospettiva. Insomma, chi vuole l'innovazione il 16 april

e non puo' dimenticarsi del 21 maggio. Perche' se passa il disegno Berlusconi-Bossi, l'intero processo di cambiamento subisce un colpo".

Dunque, uniti sul referendum. E dopo? In vista del 2001 all'alleanza Berlusconi-Bossi lei vuole contrapporre un patto centrosinistra-radicali, e magari un ticket D'Alema-Bonino per il futuro governo, giusto?

"Un patto? Non siamo in condizione ne' avrebbe senso proporlo oggi: siamo in campagna elettorale, ognuno con una propria bandiera e i propri candidati. Per il dopo io credo che dobbiamo riflettere sulla necessita' di tenere aperta una prospettiva di cooperazione su obiettivi definiti. Intanto partiamo da un giudizio comune, che riguarda da una parte la difesa dei diritti civili e una certa idea laica della liberta' individuale, e dall'altra parte il tema dell'evoluzione politico-istituzionale del Paese. Non e' il patto, ma e' importante lo stesso. Poi si vedra'".

Lei sa che questa sua apertura ai radicali creera' contraccolpi nella coalizione. I cattolici, i popolari, gli stessi democratici: entreranno in fibrillazione in parecchi, quando ci sono in ballo certi temi: la vita, la famiglia...

"Su certi temi i radicali li contrasto anch'io, ed e' evidente che su questioni di principio la coesione politica e culturale della coalizione di centrosinistra viene prima di ogni altra cosa. Ma non e' questo il punto. Io credo che la parola d'ordine non puo' essere 'quieta non movere', ma deve essere quella di ricercare tutte le vie per trasformare e modernizzare il Paese, mobilitando tutte le forze che da diversi punti di vista possono contribuire a questo obiettivo. Emma Bonino non e' la signora Thatcher. Possiamo non essere d'accordo su tante cose, ma se condividiamo l'obiettivo di modernizzare il Paese abbiamo il dovere di cercare punti di convergenza. Intendiamoci bene: io sto parlando del futuro del Paese. Se avessi voluto proporre un'alleanza elettorale alla Bonino l'avrei fatto due mesi fa".

E' pronta secondo lei la sua sinistra a dialogare con una forza che ha proposto il referendum sulla liberta' di licenziamento?

"Tranquilli, lo so che i radicali hanno proposto quel referendum. E non sono d'accordo. Non voglio annullare le differenze. Io parlo di un altro problema: c'e' da sventare una minaccia di restaurazione molto concreta. Cio' che verra' di qui al 2001 e' un terreno tutto da esplorare, ma intanto il primo obiettivo che indico, a tutte le forze che temono la stessa minaccia, e' di marciare unite sui referendum elettorali per far vincere il maggioritario. Cio' implica un altro dovere, per il centrosinistra, al di la' del dialogo con i radicali...".

Che genere di "dovere"?

"Io credo che la risposta piu' importante che la coalizione deve dare, di fronte all'attacco al maggioritario e al tentativo di restaurazione berlusconiana, stia soprattutto nell'unita' del centrosinistra. Questo e' un segnale determinante, che noi dobbiamo dare. Giro l'Italia per la campagna elettorale, rivedo piazze gremite, bandiere, persone cui piace rivedere insieme i leader del centrosinistra. Elettori cui piace rivivere lo spirito dell'Ulivo. Che percepiscono chiaramente che noi valiamo di piu' se siamo insieme, e che considerano la ricetta politico-culturale di cui siamo portatori, quell'equilibrio tra innovazione e solidarieta', piu' convincente dei singoli ingredienti che la compongono. Questo patrimonio non va disperso: io spero che le regionali siano invece l'occasione per rilanciarlo, e per recuperare nel centrosinistra le ragioni dello stare insieme".

Una vicenda incresciosa ha macchiato la vostra campagna elettorale: riguarda la riforma dei carabinieri, il documento Pappalardo, i rapporti non sempre cristallini tra voi e il capo del Cocer, compresa la famosa telefonata che ha fatto a lei...

"Senta, onestamente non credo che da questa vicenda venga una minaccia per la democrazia. Il documento del colonnello Pappalardo e' stato un fatto grave. Ma piu' ancora e' grave la contrapposizione corporativa che si e' scatenata tra gli organismi di rappresentanza delle forze dell'ordine. Il governo non tollerera' il ripetersi di altre polemiche. Quanto ai rapporti tra governo e carabinieri, non c'e' stato nessun tramestio segreto, ma un confronto alla luce del sole, che ha riguardato tutti gli organismi di rappresentanza delle polizie. Dove sia lo scandalo proprio non lo so. Detto questo, Pappalardo e' un personaggio particolare, un uomo politico che ha confuso la sua funzione con la sua divisa. Posso riconoscere l'improprieta' della sua telefonata, ma di fronte alle preoccupazioni dell'Arma io mi sono limitato ad assicurare l'attenzione del governo, e a confermare che avremmo ripristinato il testo originario del pacchetto sicurezza sul tema del coordinamento tra le forze. E' quello che abbiamo fatto: ma -

lo ripeto - in maniera pubblica, ufficiale, in Parlamento. Non c'e' stata nessuna trama segreta".

Concluda con un pronostico: come finisce il 16 aprile? Su 15 regioni, quante a voi e quante al Polo?

"Sono ragionevolmente convinto che miglioreremo il risultato delle regionali del '95. Allora fini' 9 a 6. E' un buon punto di partenza, considerato che la campagna elettorale era iniziata con Berlusconi che annunciava che il Polo e i suoi alleati partivano gia' con il 58,5% dei voti".

 
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