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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Rinascimento - 11 aprile 2000
L'UNITA' Marco Pannella
11 aprile 2000 pag. 2

L'intervista -Marco Pannella

"Il punto nodale è il referendum elettorale"

di Rosanna Lampugnani

Marco Pannella immerso nelle carte, Marco Pannella sommerso dalle telefonate, Marco Pannella "perseguitato" dalla giustizia, collezionista di condanne a causa delle sue battaglie politiche. L'ultima, fresca fresca, gliela comunica un collaboratore mentre parla con L'Unità. Ma passa in second'ordine perché l'attenzione è concentrata sull'intervista del premier che apre il dialogo con i radicali sulla legge di riforma elettorale in senso maggioritario. Vi siete sentiti con Massimo D'Alema? "Non glielo dico". Non ammette e non smentisce, il che, da parte sua equivale ad un si. Ma è secondario, ciò che gli importa è affermare che "ci interessa il dialogo, non c'è nessuno accordo. Per un calogeriano come me il dialogo è una conquista ed è ciò che divide il laico dai vari cultori del logos. E inoltre oggi ci saranno un fottio di diessini che tireranno un sospiro di sollievo".

Lei ha detto che l'apertura di D'Alema è di particolare importanza. Perché?

"Il punto nodale è il referendum. Mai in passato, tranne in un momento Occhetto, i Ds avevano messo il tema della riforma istituzionale a tendenza anglosassone come prioritario, quasi assoluto, della politica. Ad Occhetto dissi, ai tempi della Bolognina: se vuoi fare sul serio la scelte deve essere radicale. L'altro modello oltre quello sovietico, è l'anglosassone. Bisogna quindi andare a Londra. E lui: prima però bisogna passare da Parigi, attraverso una riforma a doppio turno. Gli spiegai che quella era un'astrattezza, una cosa che non sarebbe mai passata in parlamento. E oggi finalmente è arrivato il momento, sono 50 anni che aspettavo il riconoscimento per cui ho molto lavorato."

D'Alema fa un passo in più e insiste sull'importanza di un accordo anche per avere istituzioni forti. Lei concorda?

"Le istituzioni più forti al mondo non sono le totalitarie, che poi crollano. Ma quelle anglosassoni, come dimostra la struttura degli Stai Uniti . Dove sì, il presidente è fortissimo, ma lo è anche il Congresso che ha osato incriminare Clinton durante la guerra a Saddam perché aveva giurato il falso sul pom... di Monica. E sono di una forza immensa anche i governatori e i parlamentari dei singoli stati. E dunque il nostro essere amerikani- e rivendichiamo il k- nasce da quando siamo nati nel '55. Tuttavia restiamo solo noi per un maggioritario secco. E su questo , gira gira, abbiamo rotto con Berlusconi che ci ha cacciato, perché tutti i letti erano occupati. Lui dal novembre '98 aveva intuito che Emma Bonino era pericolosa. Non la voleva nemmeno come commissario europeo. Aveva provato a nominare Giorgio Napolitano; poi, per scongiurare la rottura con noi, la chiamò all'ultimo momento. Dopo la vittoria alle elezioni europee l'ha definita la protesi di Pannella e contemporaneamente si è scoperto antireferend

ario".

Berlusconi, per la verità ha detto che il patto si è rotto a causa della vostra ingordigia, non per motivi politici.

"Certo l'ha detto in sedi non ufficiali. E così noi avremmo rotto di fronte all'uomo più ricco d'Italia che sotto il governo dei comunisti è passato da un buco di 6 mila miliardi ad un attivo di 50 mila in nero. Tutto da ridere. Cioè Emma avrebbe rotto con lui non per il punto sul maggioritario, sul progetto di ridurre di sei mesi i tempi per divorziare, su quello per la vendita libera della pillola del giorno dopo, sull'accordo con Bossi e il democristianume, ma perché voleva 50 miliardi mentre Berlusconi voleva darcene 30? Assurdo. Certamente ha cercato di impapocchiare su una questione di soldi e gli abbiamo risposto che quello era un altro problema. Il punto era la questione del maggioritario che abbiamo provato a mettere negli accordi, riprendendo l'unico disegno di legge costituzionale del suo governo per una riforma in senso maggioritario della legge per l'elezione dei consigli regionali".

Voi ogni volta che provate a costruire delle alleanze subordinate ogni decisione all'accettazione dei vostri referendum. E' difficile così arrivare alle intese.

"Noi siamo disposti ad allearci con chiunque sia disponibile a fare insieme il percorso che porta ad un certo obiettivo. Così fu nel '74 per il divorzio. All'epoca c'era una forte minoranza missina favorevole e tra immenso scandalo la accettammo nel Lid. Certo possiamo anche convertirci ad altro, come fanno le persone intelligenti, ma evidentemente non lo sono se da 50 anni ripeto sempre le stesse cose".

Ma come faranno gli elettori diessini e quelli radicali a capirci qualcosa di questo dialogo, perché in mezzo ci sono anche i referendum sociali.

"il nostro è un elettorato su temi. E' sintomatico che non si sia riusciti a incardinare il dibattito su tre questioni. La prima è il progetto sulle regioni. La seconda è sul gigantesco broglio elettorale perché, come hanno riconosciuto tutti, in Italia non c'è più certezza del diritto che è il presupposto per qualsiasi stato di diritto. E dunque posso dire che in moltissime zone probabilmente solo l a nostra lista doveva essere accettata. Di questo nessuno ha mai parlato a fondo. La terza questione riguarda l'illegalità dell'informazione Rai tv, tanto che lo stesso Cheli qualche giorno fa ha detto che urgeva la riparazione del diritto dell'informazione dei telespettatori, in relazione alla Lista Bonino".

Nel centrosinistra l'apertura di D'Alema a voi ha suscitato reazioni diverse, da quella interlocutoria di Cossutta a quella di chiusura di Castagnetti. Che succederà ora?

"Cossutta è tenero, il suo marpionismo da anni cinquanta, non dice di no, ma aggiunge: è bene il dialogo, ma non sul referendum elettorale. Castagnetti ha usato gli argomenti di Casini e Buttiglione per bloccare il dialogo tra noi e il Polo. Mastella, intelligentemente, cita Andreotti. Dica solo che con il cenrosinistra, che ha i due comunismi uno dentro e uno fuori dell'alleanza e che ha Castegnetti, non sarò mai d'accordo. Ci interessa il dialogo, nient'altro. Per un calogeriano come me il dialogo è una conquista che divide i laici dai vari cultori del logos. Il dialogo è un luogo in cui si concepiscono cose che si possono scegliere in concorrenza ad altre e alle quali bisogna poi dare corpo con accordi. Tutto ciò che si costruisce non con il dialogo, ma sotto l'urgenza pratica è legittimo, ma non duraturo".

L'obiettivo è il 21 maggio, il referendum elettorale?

"Il 21 maggio è al centro delle scelte politiche e lì che nasce la ragione del dialogo, perché c'è un obiettivo comune".

Resta però la differenza di posizione sui referendum sociali.

"Tutti i giurislavoristi ed economisti che non siano alla Nerio Nesi riconoscono che quei temi sarebbero sbagliati in quanti referendum, ma non come direzione di marcia. Esattamente come accadde per il referendum sul divorzio nel '74 tra noi e il Pci. Per anni il divorzio in teoria era andato bene, ma il referendum su questo quesito proprio no. E così solo alla fine si schierò a favore. Noi pensiamo che il garantismo statalista in difesa dei lavoratori sia un lascito del periodo in cui c'erano i padroni delle ferriere. Ora è un altro mondo".

 
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