IL MESSAGGERO 13 APRILE 2000 - PAG.2
Isola felice o Far West? La sicurezza divide i candidati
MESSAGGERO - Le Marche sono una terra che sta attraversando una transizione, con il dilagare di fenomeni illeciti e di criminalità diffusa. Il problema della sicurezza viene affrontato sotto diverse ottiche. CÆè quella del procuratore generale Angelucci, secondo cui parlare di mafia è allarmistico e i mezzi dellÆapparato investigativo sono adeguati a fronteggiare il fenomeno. E cÆè la visione del sostituto procuratore, Adamo, per cui il rischio di infiltrazioni mafiose è alto e i mezzi insufficienti. A quale delle due impostazioni vi sentite più vicini e che cosa può fare la Regione per garantire la sicurezza?
BUONCOMPAGNI - Le Marche non sono un far-west, anche se esiste una preoccupazione di fondo per lÆillegalità diffusa e consistente, confermata dai dati: una media di due-tre rapine al giorno. Per risolvere la questione occorre innanzitutto rendere meno consistenti gli afflussi dei pentiti e dei collaboratori di giustizia che rappresentano una calamita per il diffondersi della criminalità e che dÆaltra parte impegnano un gran numero di agenti. In secondo luogo la Regione dovrebbe promuovere unÆazione di sinergia tra le varie forze dellÆordine. La precedente Giunta aveva promosso una legge regionale sulla sicurezza che è però rimasta lettera morta. Allo stesso modo, la Fondazione contro lÆusura e lÆOsservatorio sulla sicurezza non sono state rese operative.
SBARBATI - Più che di sicurezza bisogna parlare di una crescente insicurezza che emerge da nuovi fenomeni. Abbiamo un mondo di poveri che bussa alle porte dei ricchi. Le nuove realtà, dalla globalizzaizone ai diversi modelli di vita, determinano speso una inadeguatezza e una insoddisfazione di fondo. Bisogna rimuovere gli ostacoli e migliorare la preparazione delle forze dellÆordine. I fenomeni vanno tenuti sotto controllo: capire perché questa recrudescenza e quali sono gli elementi di tensione. Serve un raccordo tra tutte le forze di polizia, che devono essere adeguatamente preparate e un investimento nella prevenzione, la quale è più importante della repressione.
CRIVELLINI - Il diffondersi della criminalità è un fenomeno diffuso in numerosi paesi da decenni e in misura maggiore rispetto allÆItalia. Eppure in Inghilterra e in Germania si è riusciti a porle un freno. Nel nostro paese abbiamo una cultura della illegalità e non del diritto. E la giustizia ingiusta con processi troppo lunghi ne è lÆespressione principale. EÆ per questo che cÆè assoluto bisogno di maggiore giustizia. Occorre una politica chiara nei riguardi delle forze dellÆordine che fino a poco tempo fa si trovavano in contrapposizione tra loro. Tutto questo va fatto però nellÆambito del ripristino della legalità. Se ciò non avvenisse, prendersela con gli immigrati non ha senso.
BERTUCCI - La sicurezza è un nostro cavallo di battaglia, lÆamministrazione regionale uscente non ha dato dimostrazione di capacità su questo punto. Nelle Marche abbiamo due fattori da contrastare. Innanzitutto la piccola criminalità che è legata agli stranieri e ai nomadi. E le infiltrazioni malavitose con la presenza di pentiti e soggiornanti obbligati, i quali impegnano quotidianamente numerosi uomini nelle scorte. Senza dimenticare la mafia estera di importazione, con intere navi che arrivano o partono dal porto di Ancona cariche di armi e droga, mentre allÆaeroporto di Falconara ogni settimana giungono donnine e altri traffici illeciti. Abbiamo proposto lÆistituzione di un assessorato alla sicurezza come coordinamento tra tutti gli enti. Le forze armate hanno avuto aumenti ridicoli e ci sono uomini che vengono mandati a morire contro i mezzi blindati dei contrabbandieri: che sicurezza cÆè in questo paese?
DÆAMBROSIO - Innanzitutto occorre dire che la situazione nelle Marche non è allarmante. Secondo lÆIstat siamo per sicurezza dietro solo la Basilicata, al Molise e al Trentino. Esistono certamente questioni da affrontare, come quella del porto di Ancona per il quale occorrono dei meccanismi di controllo adeguati, come i metaldetector in grado di esaminare i carichi dei Tir. CÆè poi la microcriminalità diffusa nel resto delle Marche. Qui il discorso è più semplice. Sarà necessario migliorare la distribuzione delle forze di polizia, grazie alla conoscenza delle varie situazioni locali. Tutto ciò sarà possibile attraverso lÆOsservatorio sulla sicurezza. UnÆaltra questione è costituita dal disagio giovanile, che va affrontato con unÆopera di monitoraggio costante volta a far funzionare la legislazione per le politiche giovanili che è la prima legge di questo tipo in Italia. Riguardo alla proposta avanzata da Bertucci per la costituzione di un assessorato alla pubblica sicurezza, mi sento di dire che questo sarebb
e un atto incostituzionale e non porterebbe risultati concreti.
SCONTRO SUL DEFICIT
Sanità, le cinque ricette per il futuro
MESSAGGERO - Quale sanità si dovranno aspettare i marchigiani?
BERTUCCI - Su questo fronte subito due dati: il deficit dal Æ95 al Æ99 è cresciuto sino a 1.096 miliardi, 350 miliardi in rosso solo lo scorso anno. Il debito è invece di 500 miliardi, che sarà risanato con un mutuo ventennale che di fatto graverà sulle spalle di chi ancora deve nascere. Ciò, però, non ha frenato i direttori dellÆAsl dal nominare 150 primari con un metodo fiduciario. Il nostro modello di sanità? Non quello di uno Stato dirigista ma di un mix pubblico-privato in cui il pubblico studia le direttive e i privati hanno la gestione responsabilizzata.
DÆAMBROSIO - Il nostro modello di sanità è del tutto opposto a quello di Forza Italia che in Lombardia ha fatto esplodere il deficit della spesa sanitaria. Tra l'altro le cifre e gli elementi forniti da Bertucci sono assolutamente imprecisi: è la giunta che ha nominato i direttori generali, come stabilisce la legge, mentre gli assessori possono limitarsi alle sole proposte. per quel che riguarda poi il nostro deficit posso assicurare che sta già tornando sotto controllo. Il debito invece deriva da una sottovalutazione delle spese. Del resto è stato stipulato un accordo con il Governo per lo stanziamento di 7 mila miliardi per sanare il debito pregresso. Infine, il piano sanitario varato nel Æ98, il secondo dopo quelli dellÆ82, sta già entrando a regime. Alto livello assistenziale, controllo della spesa e correzione del piano sanitario di fronte ad eventuali disfunzioni. La nostra ricetta.
BUONCOMPAGNI - La sanità è un settore che condiziona il bilancio, 3.500 miliardi su 5 mila, lÆ80% del nuovo contributo Irap ossia duemila miliardi. La nostra proposta è di sdoppiare la delega socio-sanitaria creando due assessorati distinti perché spesso gli ambiti si sovrappongono e si confondono i discorsi socio-assistenziali con quelli sanitari. Proponiamo inoltre una tessera sanitaria, contro gli sprechi e i privilegi, così da poter seguire sempre lÆiter dell salute del cittadino.
SBARBATI - Nella regione non più di quattro Asl, una per provincia, più quattro per le comunità montane. Ciò porterebbe innanzitutto ad una riduzione dei costi e successivamente ad un aumento del personale, ora assorbito in compiti amministrativi, nelle corsie. Basta con la lottizzazione delle nomine dei direttori generali sulla cui scelta influisce in maniera pesante la discrezionalità politica. Lo stesso dicasi per i primari nominati con il criterio del metodo fiduciario. Il ministro Bindi deve capire che la carriera dei quadri dirigenti deve essere indirizzata in base al merito perché è questÆultimo che fa un buon primario. Mi sembra la realizzazione di un centro trapianti e la riorganizzazione degli ospedali di rete e di quelli piccoli. Questi ultimi non vanno chiusi, semmai riconvertiti.
CRIVELLINI - Un deficit che continua ad aumentare perché si è avuto paura di attuare grandi interventi allÆinizio della scorsa legislatura. Si doveva modificare la distribuzione degli impianti sanitari con scelte che allÆinizio del mandato elettorale sarebbero state più facili. E se si doveva chiudere un ospedale bisognava informare la popolazione interessata e far capire i motivi che avevano portato a questa scelta. Mantenere certe strutture, come ad esempio piccoli reparti di chirurgia, in fondo non è infatti che un pericolo anche per gli stessi cittadini-utenti. Ma si è avuto il timore di cambiare, così le Asl sono ancora il doppio di quello necessario e le disfunzioni sono sotto gli occhi di tutti.
Sbarbati: »Spostare vuol dire chiuderla . Buoncompagni: »Solo demagogia
LÆApi infiamma il dibattito
EÆ rebus sulle aree a rischio
MESSAGGERO - Quali saranno le decisioni che verranno prese nei prossimi cinque anni per la gestione delle aree a rischio, in primo luogo la raffineria dellÆApi?
SBARBATI - Le aree a rischio nella nostra regione sono diverse e questo argomento è stato affrontato sinora con la logica dellÆemergenza. I due operai deceduti allÆApi dopo lÆincidente del 25 agosto Æ99, quando sono numerose anche le morti in altri settori lavorativi, ha fatto scoppiare il problema della aree a rischio in maniera scomposto. E durante la campagna elettorale questo argomento non è stato affrontato con la giusta serenità. Si è fatta troppa demagogia e non vi è stata la volontà da parte della maggioranza in Regione di affrontare il problema per come doveva essere valutato. La convenzione con lÆEnel scadrà tra venti anni e quindi non si capisce come si fa a dire che nel 2008 tutto verrà rimesso in discussione. Non dimentichiamo poi lÆindotto Api: 1.600 unità tra persone occupate direttamente o indirettamente. Voler delocalizzare è assurdo e furbesco perché significa chiudere l'Api. E per questo, presidente D'Ambrosio, non si può far votare un documento e poi andare su un giornale e dichiarare l'o
pposto: o una cosa o lÆaltra. Spostarla significa regalare questa azienda ad altre nazioni. Il binomio sicurezza-lavoro è inscindibile. Ma non si può trascurare che la raffineria è in regola con le normative nazionale ed europee e ha fatto anche di più. Ma lÆApi non è la sola area a rischio e per questo è necessario effettuare una mappa del rischio a tutto campo, includendo anche settori come lÆagricoltura, così da poter avere sempre il controllo della situazione e non intervenire solo dopo eventi mortali.
CRIVELLINI - Delocalizzare lÆApi significherebbe chiuderla. E in ogni caso dove potrebbe essere spostata una raffineria di quelle dimensioni? LÆunico modo per affrontare la questione è la creazione di una politica più forte sulla chiarezza e sulla trasparenza. La situazione attuale non si è creata da sola, ma tutte le amministrazioni che si sono succedute negli anni sono responsabili. Un progetto concreto e serio per diminuire i rischi connessi alla raffineria sarebbe lo spostamento della ferrovia e della pista di atterraggio dellÆaeroporto. So bene che questo implicherà dei costi molto alti, ma la Regione va gestita con maggiore autorevolezza e capacità di contrapporsi al Governo e alle Ferrovie dello Stato se necessario. So di una serie di interventi e di studi da parte della raffineria stessa e del Comune di Falconara: compito della Regione dovrebbe essere quello di intensificarli e di analizzarli. In ogni caso, al di là delle possibili soluzioni, esiste una priorità: informare i cittadini dei rischi e de
llo stato attuale della situazione. Se necessario sono favorevole ad un referendum popolare circa il destino dellÆApi.
BERTUCCI - EÆ un argomento serio che crea grossi problemi. Difficilmente ci si può trovare divisi. Innanzitutto bisogna ragionare con la testa. Sono d'accordo con la Sbarbati quando dice che delocalizzare significa far chiudere lÆApi. LÆapprovazione della legge regionale n. 300 è stata fatta in fretta e furia dopo cinque anni. All'improvviso l'amministrazione uscente si è accorta di questa emergenza. Siamo contrari a una delibera dell'ultima ora: con la demarcazione dellÆarea ad alto rischio ambientale si è delineato uno spazio troppo vasto. QuellÆarea è immensa. Servirebbe invece una mappa regionale, considerando che soluzioni ai diversi problemi ci sono. Il rischio dovrebbe poi essere gestito da un ente pubblico. Le soluzioni? Il presidente della Regione deve essere capace di ottenere aiuti e sovvenzioni dallo stato centrale, iniziando dalle possibilità offerte dalla proposta di legge presentata dal nostro schieramento, primo firmatario lÆon. Berlusconi. Un impegno può essere quello di spostare la ferrovia
ed effettuare una rotazione delle rotte aeree così da non attraversare più lÆarea a rischio della raffineria.
DÆAMBROSIO - La Giunta regionale uscente ha dichiarato lÆApi zona ad elevato rischio ambientale. Questo permette di stabilire quali interventi sono attuabili e quali no. A gennaio è stata firmata una convenzione con il ministero dellÆambiente per lo stanziamento di 4 miliardi da investire in uno studio sulla zona interessata dalla raffineria, studio che non esclude alcuna possibile soluzione. Fermo restando, in ogni caso, il mantenimento del livello occupazionale. EÆ comunque un punto fermo che il livello di sicurezza deve continuare a crescere. Da adesso sino al 2016 lo studio di cui parlavo non escluderà quindi nessun intervento a breve o medio termine.
BUONCOMPAGNI - Su questo argomento abbiamo assistito solo a demagogia e strumentalizzazione da far venire i brividi. Non ho mai sentito dire qualcuno che la raffineria preesisteva ad altre infrastrutture e costruzioni. Come ad esempio l'aeroporto che quando ha deciso di realizzare le piste di atterraggio e decollo sapeva benissimo della presenza della raffineria. Non bisogna poi dimenticare che lÆApi, rispetto alle norme di sicurezza, è unÆazienda che è andata oltre i limiti previsti dalla normativa. La mia non vuol essere una difesa di ufficio però sinora abbiamo visto troppi passi lunghi in avanti e repentini passi indietro frettolosi. Bisogna studiare il piano regolatore per individuare le aree idonee per delocalizzare le persone che impropriamente abitano lì. La delocalizzazione dell'impianto industriale è solo un abbaglio verso i cittadini preoccupati anche se nessuno ha detto che questo non è un rimedio realizzabile né a breve né a medio termine. Con conseguenze che sarebbero gravissime anche dal punto
di vista occupazionale.
Crivellini, lÆInrca come fiore allÆocchiello
Marcello Crivellini è il candidato della Lista Bonino. Cinquantaquattro anni, deputato radicale dal 1979 al 1987, è stato membro della Commissione bilancio della Camera dove ha condotto una battaglia per la trasparenza e la veridicità dei bilanci dei partiti. Dal Æ94 a pochi giorni fa è commissario straordinario dellÆInrca dove è riuscito a recuperare 60 miliardi bloccati da 15 anni e ad ammodernare lÆistituto creando nuovi e moderni servizi per gli anziani.