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Conferenza Rivoluzione liberale
Radio Radicale Antonio - 27 aprile 2000
(segue)
Noi siamo stati coscienti fin dallÆinizio che la marginalizzazione della nostra lista, in aperta violazione della legge, come vi dicevo, sarebbe stato per noi un elemento esiziale e che tutti gli sforzi dovevano concentrarsi nel pretendere il rispetto e lÆapplicazione della loro legge, contro lÆabusiva bipolarizzazione dello scontro.

Dobbiamo ammettere che non ci siamo riusciti.

La storia dellÆAutority, la storia della Rai, la storia di Bruno Vespa eccetera, nel dettaglio sarà oggetto, immagino di qualche altro intervento, oltre che lo è stato puntualmente come iniziativa politica nella nostra campagna elettorale; ma è indubbio che questo è stato uno degli elementi, insieme ad altri evidentemente, che ha concentrato indebitamente, lo ripeto, uno scontro su una bipolarizzazione che la legge non consentiva.

Detto questo voglio apertamente discutere con voi di errori che ho commesso, che mi paiono certi, non per il gusto dellÆautoflagellazione ma perché credo sia utile per tutti, sviluppare in un contesto più vasto che è quello di questa sala, per iniziare, poi ci saranno altre riunioni, probabilmente più allargate ancora, ma sviluppare spunti e riflessioni che alcuni di noi si sono sommariamente scambiati nelle stanze di Torre Argentina.

Io credo che noi abbiamo disorientato i nostri potenziali elettori a due riprese, in un lasso di tempo troppo corto.

Intanto e non potevamo fare altrimenti, durante e dopo la trattativa con Berlusconi, in apertura della campagna elettorale e poi, di nuovo, in chiusura della campagna nelle ore convulse della famosa ôaperturaö di DÆAlema.

Comincia dal dialogo con Berlusconi, lascio perdere il periodo del 94, del 96, semplicemente perché non lo ricordo e non perché non sia esistito, dialogo che è andato vanti a singhiozzo, molto a singhiozzo, dal dopo elezioni europee, fino al febbraio scorso. E il dialogo con Berlusconi prolungato ancorché discontinuo, ha confermato di per se, presso gli elettori, due distinte percezioni: primo credo una certa affinità tra radicali e centrodestra, in nome di iniziative liberali che sono allÆorigine di quella coalizione, che quella coalizione continua ad agitare, sia pure senza coerenza, spesso in modo strumentale e con tutte le contraddizioni che noi ben conosciamo.

Secondo, lÆaccettazione da parte nostra, la percezione che abbiamo dato, credo, lÆaccettazione da parte nostra, di Silvio Berlusconi come partner possibile e come leader politico nazionale a capo di questo famoso coacervo.

Ad un certo punto è risultato chiarissimo che eravamo letteralmente scacciati dal Polo, perché il Polo si era riempito, nel frattempo, definendosi Casa della Libertà, di altri coinquilini, di una stanza, di un pianerottolo, di quello che vi pare, che rendevano letteralmente impossibile, se non in termini di tollerata subalternità, tollerata forse, una nostra presenza.

A me pare chiaro ed evidente che non si può portare avanti una politica liberale e federalista liberale con Umberto Bossi, tanto per fare un nome, o con altri coinquilini.

E non vi era, a questo punto, ragione di disorientamento in chi stava a guardare, se avessimo avuto il tempo di spiegarlo, e noi infatti, dopo aver spiegato le ragioni che rendevano impossibile un accordo, abbiamo anche rivolto allÆintero elettorato del Polo, la tesi che abbiamo cercato di far comprendere, che a nostro avviso, il Polo nel suo insieme, non contiene più in modo coerente e palpabile, né liberalismo, né federalismo liberale.

Che effetto ha prodotto questa nostra convinzione negli elettori incerti del Polo, in quegli elettori, per intenderci, di orientamento liberale che non voterebbero mai a sinistra e che anzi, vedono in Berlusconi il principale antagonista della sinistra.

Mi pongo questa domanda, tenendo bene a mente che a parere di molti, proprio questo tipo di elettore ha costituito la stragrande maggioranza di quella fetta di votanti che nel giugno del 99 ha scelto noi radicali in quanto liberali più autentici e ci ha portato al nostro massimo storico.

Comincio a rispondermi da sola. Noi abbiamo, credo in base a questa decisione che riconfermo, sconcertato quegli elettori; abbiamo messo in discussione la bontà di loro scelte, forse abbiamo portato alcuni di loro dalla nostra parte ma poi non li abbiamo trattenuti perché non era possibile, anzi, li abbiamo spinti di nuovo in braccio al Polo quando abbiamo ricevuto, da parte di DÆAlema in zona Cesarini, lÆapertura che si è trasformata, quali che fossero le intenzioni del Presidente del Consiglio, in un boomerang di grande potenza.

Qualcuno lo ha definito il ôbacio della morteö ma senza essere così necrofili in qualche modo, primo perché ci ha appiccicato addosso lÆetichetta di amici della Sinistra, nelle ore decisive in cui qualche milione di elettori, di quelli che non voterebbero mai a sinistra, in loro maturava la decisione finale sul dove mettere le crocette ed assumeva e produceva un devastante effetto di sconcerto in quel preciso momento nellÆimmaginario individuale e collettivo dei nostri elettori di estrazione polista.

e noi non abbiamo saputo o potuto - cambia davvero poco - staccarci di dosso quella etichetta, liberarci di quel cerino acceso, sicché abbiamo restituito al Polo tutti i suoi elettori in libera uscita, ovviamente senza per questo conquistare un solo voto a sinistra, né poteva essere diversamente, visto che noi abbiamo con la Sinistra, con questa Sinistra, intanto, una vecchia - non so che termine usare - disaffinità, se non ridiventata aperta ostilità nei lunghi mesi in cui, per via dei nostri referendum sul Mercato del Lavoro, grandi settori, magari quelli più conservatori della Sinistra, ci hanno dipinto e basta ricordare il Lingotto e seguenti, come liberisti sfegatati, anzi come barbari più o meno assetati del sangue del popolo lavoratore.

E dicevo proprio qui allÆErgife, nel marzo scorso, rievocando la vittoria delle europee, che mi pareva di poter razionalmente attribuire quel successo, quella crescita, alla nostra cresciuta possibilità di comunicare i contenuti della nostra azione politica, di entrare quindi in sintonia con lÆelettorato.

Ebbene, se guardo a questÆultima campagna elettorale, devo pure arrivare a una conclusione che mi sembra obbligata: o non ho saputo o potuto comunicare i contenuti della nostra azione, oppure quei contenuti erano in se contraddittori.

Per quanto mi riguarda la discussione è apertissima, ma aggiungo un corollario, se è vero che la Rai o Mediaset conserva un certo impatto sugli elettori, a mio avviso soprattutto lÆinformazione televisiva, più che lÆintrattenimento, insomma i telegiornali mi pare siano quelli che alimentano e orientano lÆopinione pubblica, più che altro, mi pare di non poter dire la stessa cosa per la carta stampata.

Insomma, i telegiornali orientano, la carta stampata un po' meno.

Dico questo perché con qualche rara eccezione, i principali editorialisti italiani, che pure nellÆultima settimana hanno riconosciuto la centralità e fino a Domenica, della posizione radicale, e mi pare che questo vada tenuto presente, di fatto mi sembra, diventano essendo essi stessi politici di complemento, coinquilini di Palazzo, scrivono e pensano un unÆottica autoreferenziale.

E io ho pensato, o come si dice, mi sono crogiolata al sole delle prime pagine di tanti quotidiani, illudendomi che questo potesse giovare alla nostra presenza elettorale.

CÆè da rendersi conto, invece, che la stragrande maggioranza degli italiani va a votare senza passare per lÆedicola, ed è un brusco risveglio, magari non solo per noi.

Farò solo due esempi fra i tanti: vedete, siamo qui oggi in parte anche a cercare gli errori che ho commesso ed è giusto che sia così, ma voglio anche dire che fino a Domenica mattina, fino allÆultimo momento, nessuno - se escludo Marco Pannella a cui poi arriverò dopo - nessuno ripeto, di coloro che dovrebbero avere il polso della situazione, sondaggisti o altri, in condizioni di capire che molto spesso anche ci danno un sacco di belle lezioni, prevedeva questo esito elettorale. (segue)

 
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