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Conferenza Rivoluzione liberale
Radio Radicale Andrea - 11 maggio 2000
Referendum antiproporzionale: articolo per il Corriere dell'Umbria
Elisabetta Chiacchella, comitato promotore referendum

Le domeniche di maggio si possono passare in molti modi. In campagna, allo stadio, al mare o davanti alla tv. Chi a gustare il riposo, chi a godersi la primavera.

La sera del 21 maggio, le persone di questo Paese, se andranno a votare, proveranno una sensazione in più: quella di aver dato, oltre a se stesse, anche all'Italia la possibilità di riposarsi dalla cagnara dei 44 partiti che quotidianamente la sfiancano, la tirano da tutte le parti e, di fatto, la immobilizzano in ogni decisione. In ogni occasione di crescita, soprattutto economica.

L'obiettivo del referendum sul sistema elettorale maggioritario consiste nell'abolizione della ripartizione proporzionale del 25% dei seggi tuttora prevista per la Camera dei Deputati.

Questo sistema ha prodotto la proliferazione dei suddetti 44 partiti e una situazione di perenne instabilità per cui i governi devono fare i conti, come accade ora, con maggioranze composte addirittura da 17 tra partiti e partitini, esclusivamente impegnati a tenere in ostaggio il presidente del consiglio, il quale deve spendere più tempo a guadagnare - giorno dopo giorno, ora dopo ora - il consenso di Boselli o Mastella (e domani, per il Polo, di Bossi o Buttiglione), che non a governare il Paese.

Con il referendum, invece, si compie un passo decisivo nella direzione del sistema elettorale uninominale maggioritario a turno unico.

Due o tre partiti al massimo: chi vince, governa; chi perde, si oppone e controlla. Come in Inghilterra, come negli Stati Uniti d'America.

Si dice: ma l'Italia è un'altra cosa, ha troppa storia dietro di sé per arrivare a tanta semplicità!

Io credo che la semplicità, come la chiarezza, è una conquista, non certo una diminuzione. E' ben più facile essere confusi, retorici, sproloquiare in modo inconcludente piuttosto che riuscire a farsi capire, a comunicare con incisività.

Si dice: ma così non c'è democrazia! Chi non si riconosce nei due partiti, non ha rappresentanza e così non va a votare.

Mi viene fatto di rispondere che ora la gente non va a votare, perché prova nausea e rassegnazione verso partiti che considera tutti uguali, indistinguibili nella soffocante melassa. Due o tre partiti seriamente antagonisti, investiti di responsabilità, che dopo 5 anni risponderanno delle cose fatte e saranno premiati o bocciati dagli elettori: questo è per me un misurabile modello di democrazia.

Il 21 maggio diamo, non solo a noi stessi, ma soprattutto al Paese la possibilità di godersi la domenica nella semplicità, nella chiarezza: andiamo a votare e votiamo sì al referendum contro la quota proporzionale.

Bastano 5 minuti per recarsi al seggio; poi tutti in campagna, allo stadio, al mare o davanti alla Tv: dove si vuole, con il gusto di non aver lasciato campo libero a chi ci vorrebbe solo gitanti e non anche cittadini.

 
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