Prima vittoria, ammesso il conflitto con il Parlamento. Altri ricorsi presentati alla Corte europea dei diritti dell'uomo e alla giustizia amministrativa.Comunicato di Daniele Capezzone, per i Comitati promotori dei sette referendum radicali:
Roma, 14 maggio 2000 - La Corte Costituzionale ha dunque deciso di dichiarare ammissibile il conflitto di attribuzione da noi sollevato contro il Parlamento per il regolamento di attuazione della legge sulla par condicio varato dalla Commissione di vigilanza per questa campagna referendaria.
Due sono i profili sollevati nel ricorso. Il primo riguarda l'assoluta assenza, nel regolamento della Vigilanza, di qualunque momento di comunicazione istituzionale, di illustrazione dei contenuti dei quesiti referendari, nonostante le indicazioni in questo senso contenute nella legge sulla "par condicio".
Il secondo riguarda invece il ruolo marginale riservato dalla Vigilanza ai Comitati promotori, sostanzialmente confusi con i "comitati del sì" o con i partiti schierati a favore dell'uno o dell'altro quesito. Doppio errore. Errore giuridico, perché i Comitati promotori, come dovrebbe essere noto, sono, in base alla stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale, Poteri dello Stato, sono cioè chiamati a svolgere funzioni istituzionali che nulla hanno a che vedere con il ruolo tutto politico giocato dai partiti o dai comitati del sì o del no. Errore logico, perché i Comitati promotori, differentemente dai Comitati del sì, rappresentano istituzionalmente tutte quelle centinaia di migliaia di cittadini che, sottoscrivendo il quesito, hanno scelto, per così dire, di "porre una domanda" al paese: rappresentano, quindi, anche chi ha sottoscritto il quesito perché vuole che la decisione su un certo tema sia rimessa a tutto l'elettorato, ma personalmente si riserva di votare no. In altre parole, si poteva e si dove
va prevedere, per ciascun Comitato promotore, una serie di Tribune referendarie ad hoc, organizzate con il metodo della conferenza stampa, in cui ai promotori fosse affidato l'onere di illustrare ragioni e contenuti della proposta referendaria. Ferma restando invece -nei loro spazi- la assoluta pariteticità dei rappresentanti del sì e del no.
La Commissione ha invece scelto di negare tutto questo, e dovrà risponderne dinanzi alla Corte Costituzionale. Non solo. Dovrà anche risponderne in sede amministrativa e dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo, dove sono stati in queste settimane presentati altri due ricorsi.
E' dunque ufficialmente aperto, anche sul piano dell'informazione, il processo alla regolarità di questa campagna referendaria.