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Conferenza Rivoluzione liberale
Manfredi Giulio - 20 maggio 2000
4 MARZO 1978: ADEALIDE AGLIETTA ACCETTA LA NOMINA A GIURATA NEL PROCESSO DI TORINO CONTRO LE BRIGATE ROSSE.
(dal "Libro bianco sul quotidiano La Stampa" - Radio Radicale - 1978)

<< Sono stata sorteggiata -almeno così pare - come giurata al processo di Torino. Penso che sia la prima volta che il massimo esponente di un partito si trovi di fronte a questa evenienza , non solamente nella nostra storia nazionale. Non so cosa avrei fatto, se mi fossi trovata nella pienezza delle mie responsabilità di segretaria nazionale del partito radicale. Non sono affatto sicura, come si sono proclamati ieri, a quanto pare, i miei illustri colleghi Zaccagnini, Romita, Biasini, Zanone e Berlinguer, che avrei ritenuto di poter e dover anteporre ragioni e incombenze di giurata a quelle, di rilevanza anche costituzionale del mio ufficio. Vi sono contraddizioni evidenti, non ultime ma non soltanto, quelle di natura pratica. Comunque è facile parlare per assurdo. Ma per quello che mi riguarda, fin quando non si saranno creati fatti nuovi, auspicabili e che siamo tesi a conquistare perchè il partito radicale possa riprendere la sua attività nazionale nell'esercizio dei diritti e doveri costituzionali, non

mi attribuisco altri compiti che quelli di una qualsiasi militante, nonviolenta, libertaria, radicale.

Consentitemi per un istante di fare una considerazione forse non oziosa, forse necessaria. Meno di due mesi fa sono tornata a Torino, ho deciso di far cessare l'attività nazionale del partito, dopo 22 anni di lotte d'insuperabile valore civile e politico, di fronte all'evidenza che da tempo celavamo a noi stessi. Nell'Italia degli anni '70 anche il solo chiedere l'attuazione della costituzione, l'abrogazione dei fondamenti fascisti dello stato, il rispetto della sua propria legge da parte del potere, la conquista di diritti civili e costituzionali fondamentali a tutti e per ciascuno esige processi, condanne, discriminazioni, ostracismi; ma esige - anche ormai - di mettere in causa la propria vita, se si è nonviolenti; la vita altrui oltre che la propria se si è violenti e si crede che i fini giustificano i mezzi e non che i mezzi prefigurano i fini. Nel 1977 abbiamo dovuto condurre decine di digiuni per quasi cento giorni ognuno, per ottenere che alcune distorte e avare notizie raggiungessero l'opinione pubb

lica. Contemporaneamente, nel 1977 è stato sufficiente sparare alle gambe, o al cuore di qualcuno, perché messaggi politici venissero trasmessi a 50 milioni di italiani, per essere sempre più eletti a protagonisti della cronaca politica e antagonisti ufficiali di un potere che sembra volere la terra bruciata tra il suo 90% di consensi parlamentari e la "opposizione" violenta dei gruppi terroristici.

In questa escalation della violenza delle istituzioni, dal peggioramento delle leggi fasciste a - soprattutto - l'uso fascista, letteralmente fascista, dell'informazione della RAI-TV e della stampa sovvenzionata contro le grandi, poderose lotte politiche referendarie, civili, del "partito nonviolento" eravamo e siamo giunti al punto in cui m'era parso evidente che, d'ora in poi, un esito tragico dei nostri digiuni della sete, non evitabili dinanzi alla gravità delle violenze anche costituzionali, degli arbitrii cui dobbiamo disobbedire, sarebbe divenuto obbligato. L'informazione di regime, per sua propria ideologia, è omogenea agli assassinii dei cosiddetti "partiti armati".

Ho assunto dunque la responsabilità di far cessare questa nostra attività politica nazionale, contro il prezzo della vita che stava ineluttabilmente divenendo necessario pagare o rischiare per lotte civili doverose ma vietate. E' dunque per questo che ero tornata a Torino e ho avviato una conversione delle lotte radicali. E' qui che di nuovo vengo ora a trovarmi personalmente in collusione con la spirale di violenza e di paura nella quale trent'anni di potere "costituzionale" ha precipitato e sempre più precipita il paese. E' qui che altri sembrerebbero aver scelto di divenire in tutto e per tutto simili a coloro che combattono, nel peggio che li caratterizza.

Non ho quindi avuto esitazioni nel comprendere quel che dovevo fare. Come tutti, come donna, come madre, ho avuto e potrò avere momenti di dubbio e di paura per me, per le mie figlie, per i miei compagni, per gli altri. Penso che il coraggio consista nel superare la paura, non nel non provarla. Penso che il coraggio della paura sia meritevole e doveroso, dinanzi alla morte che una società sempre più basata sull'equilibrio instabile del terrore militare e nucleare prepara e impone: come dinanzi ad ogni morte. Anche per questo per noi e per me la vita è sacra, a cominciare da quella degli altri; così come la libertà e la giustizia.

Ho consultato i compagni del partito e del gruppo parlamentare per meglio valutare con loro le possibili scadenze della vita politica, in particolare quelle riguardanti i referendum di cui siamo promotori e le lotte di difesa della costituzione. Per il resto abbiamo valutato insieme le conseguenze politiche della mia decisione che, se appartiene interamente e integralmente alla mia coscienza, anche e proprio per questo non può non costituire anche una manifestazione concreta dei nostri comuni ideali e obiettivi.

Ho trovato, in tutti, l'uguale consapevolezza che è impossibile, in questa evenienza, non opporre alla spirale della paura che ha dilagato e sta dilagando ovunque, specie a Torino, ora attorno a questo processo, una comune, rigorosa, attiva, azione nonviolenta.

Intendo dunque, da questo momento, comportarmi come possibile giurata del processo di Torino. Non intendo quindi esprimere opinioni in merito; anzi, per l'esattezza, se ne ho avute, non ne ho più. Ho radicato in me il dovere costituzionale e morale di presumere la non colpevolezza degli imputati, di contribuire ad assicurare loro la più piena possibilità di difesa, di ricercare processualmente la verità e, in coscienza, di giudicare.

Mi sia consentito di rivolgere a tutti un appello contro la paura, contro la violenza, contro la rassegnazione a vivere la violenza assassina sia essa quella del potere o di chiunque altro. Rifiuto di ritenere in pericolo la mia vita e quella di chiunque altro per il solo fatto che compie un dovere di coscienza. Non so se la violenza per la quale tanti cittadini, cui va in questo momento tutta la mia comprensione, la mia solidarietà e la mia stima, hanno avuto il coraggio della paura, sia reale o supposta. Fino a prova contraria rifiuto di presupporla. Ma questa spirale va spezzata.

Chiedo alle donne come me, alle donne di Torino, alle compagne di manifestare con la loro sola presenza, silenziosamente e in massa, lunedì pomeriggio alle ore 15, in via Garibaldi 13, la volontà di una vita diversa, di una società nonviolenta, contro ogni assassinio e assassino. Lo chiedo alle madri, come io sono, alle compagne, ai compagni. Muoviamoci come altre donne, in condizioni più tragiche, hanno fatto, in Irlanda. Portiamo figli e genitori.

Chiedo che unanimi e solidali i giurati designati si uniscano con serenità per affrontare il loro compito vincendo la paura con cui si vuole degradare, a sudditi o a donne e uomini vili, in nome della nonviolenza, di una giustizia vera, almeno da tentare>>.

 
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