a renderle più belle e funzionali erano un tabù, andavano dunque espropriate (vedi il grande dibattito sulla nazionalizzazione dei suoli), al contrario le previsioni dei piani non si realizzavano, non c'erano le risorse per pagare la costruzione di una città a misura del concetto e dell'immagine che noi abbiamo di essa. Quale è il risultato? Il nostro territorio, le nostre città, le nostre periferie che non sono certo una gran bella conquista democratica ..quanto al pianificar facendo del sindaco Rutelli va detto che lui ha fatto un'altra cosa e cioè il pianificare non facendo che è ben diverso da un meccanismo di gestione - di mercato - della città che dia piena rappresentatività ai soggetti interessati alla trasformazione e lasci al soggetto pubblico il compito di regolare attraverso dei documenti di piano soft, che consentano la gestione del bene città, con il concorso attivo di una pluralità di soggetti.La missione strategica della disciplina e della cultura urbanistica del nostro paese è misurarsi proprio sulla ridefinizione di un meccanismo di regole adeguato ad un momento in cui la priorità non è crescere ed espandersi bensì recuperare, riqualificare e trasformare l'esistente. Per fare ciò ci vuole la soluzione di continuità auspicata dagli azionisti: abolire tutto quanto è stato previsto a partire dalla legge urbanistica generale del 42 e adottare un modello di costruzione delle scelte di piano molto prossimo a quello in uso tra i soggetti presenti sul mercato, fondato sul riconoscimento formale della logica negoziale.