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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Marco - 18 giugno 2000
La "tecnica dei piani urbanistici generali" non è stata propriamente una conquista dell'urbanistica democratica degli anni 30, semmai è stata una delle forme che la pianificazione ha assunto in questo secolo, e non delle più riuscite. La pianificazione, introdotta dal fascismo ed ereditata dall'Italia repubblicana, si configura come una rigida filiera di piani, da quello territoriale a quello particolareggiato, retta dal principio della stringente conformità tra le previsioni dei diversi strumenti. In sostanza si immaginava la possibilità che il soggetto pubblico potesse definire un disegno, una immagine di un territorio valido a tempo indeterminato e senza alcuna ponderazione delle risorse necessarie alla sua realizzazione. In realtà il piano si è trasformato in un atto politico utile solo a misurare la autorevolezza e la forza dell'amministrazione pubblica, senza alcuna capacità operativa. Il privato aveva la sola funzione di soggetto attuatore. Le convenienze e le risorse necessarie a costruire le città,
a renderle più belle e funzionali erano un tabù, andavano dunque espropriate (vedi il grande dibattito sulla nazionalizzazione dei suoli), al contrario le previsioni dei piani non si realizzavano, non c'erano le risorse per pagare la costruzione di una città a misura del concetto e dell'immagine che noi abbiamo di essa. Quale è il risultato? Il nostro territorio, le nostre città, le nostre periferie che non sono certo una gran bella conquista democratica ..quanto al pianificar facendo del sindaco Rutelli va detto che lui ha fatto un'altra cosa e cioè il pianificare non facendo che è ben diverso da un meccanismo di gestione - di mercato - della città che dia piena rappresentatività ai soggetti interessati alla trasformazione e lasci al soggetto pubblico il compito di regolare attraverso dei documenti di piano soft, che consentano la gestione del bene città, con il concorso attivo di una pluralità di soggetti.

La missione strategica della disciplina e della cultura urbanistica del nostro paese è misurarsi proprio sulla ridefinizione di un meccanismo di regole adeguato ad un momento in cui la priorità non è crescere ed espandersi bensì recuperare, riqualificare e trasformare l'esistente. Per fare ciò ci vuole la soluzione di continuità auspicata dagli azionisti: abolire tutto quanto è stato previsto a partire dalla legge urbanistica generale del 42 e adottare un modello di costruzione delle scelte di piano molto prossimo a quello in uso tra i soggetti presenti sul mercato, fondato sul riconoscimento formale della logica negoziale.

 
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