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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Marco - 18 giugno 2000
Ringrazio per il mica male e per lo spunto sulla tradizione della pianificazione anglosassone. La differenza che passa tra la nostra e quella anglosassone è che la prima ha concentrato tutto il suo interesse e la sua carica ideologica nella definizione di uno strumento come il PRG che conteneva con eguale vigenza (addirittura con eguale forza di legge) tutte le sue prescrizioni, mentre la seconda ha pensato alla riuscita dei prodotti piuttosto che alla definizione formalistica dei processi. E non a caso il nostro piano è tutt'altra cosa. Il PRG all'italiana è uno strumento prescrittivo e ad immediata validità fondiaria. La proiezione senza limiti temporali che esso delinea ha valore coercitivo e limitativo della proprietà privata dal momento dell'adozione senza limiti temporali. Questo significa che il pianificatore deve elaborare un documento di piano che passa dalla definizione del possibile ruolo della città al disegno della strada che collega un quartiere ad un altro. E tutto ciò costituisce simultaneame
nte un imprenscindibile punto di partenza ed un punto d'arrivo autoritativamente precostituito. Lo stesso strumento contiene dunque la dimensione strutturale e quella prescrittiva, propria del regolamento edilizio ottocentesco per intenderci. Questo, più della debolezza del potere politico-amministrativo, rappresenta il vero limite all'efficacia del PRG e di tutti gli strumenti di piano all'italiana anche di quelli di coordinamento territoriale a maggiore valenza strategica. Basta pensare all'obbligo anche per questo tipo di strumenti della redazione di elaborati grafici, e confrontarlo con la prescrizione esattamente opposta dell'ordinamento anglosassone. In Inghilterra è tassativamente vietato allegare ai documenti strategici qualsiasi elaborato grafico. Ecco allora spiegato uno dei segreti del successo dell'esperienza anglosassone che riesce a tenere ben separata la pianificazione strategica dagli strumenti con cui la città si trasforma. Quest'ultimi diventano veri progetti urbani negoziabili perché nello

strumento preordinato non c'è nessuna indicazione localizzativa e prescrittiva che determini alla cieca (non fosse altro per lo iato temporale), dei vantaggi di fatto tra i soggetti interessati alla trasformazione della città. Per concludere quello che è proprio dell'urbanistica inglese ed olandese è la pianificazione strategica, mentre quello che è proprio della disciplina e della cultura urbanistica italiana è la battaglia per l'affermazione di un piano regolatore che grazie alla possibilità dell'esproprio generalizzato governi la trasformazione della città alla cieca, e cioè senza il confronto con le dinamiche e le domande reali del mercato. Con un solo risultato però: per avere un piano al riparo dai grandi interessi abbiamo avuto un processo di piano senza mercato e cioè un piano senza città. E di conseguenza una città senza piano, senza idee e senza progetti.

Lego il piano al fascismo non tanto per Piccinato o Piacentini quanto perché la pianificazione urbanistica è un altro dei pezzi del Welfare state costruito nel ventennio, anche se al suo scadere.

 
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