Che merita più di una riflessione anche se ho delle personali perplessità su alcuni aspettiTracciati.
Remo mi ha autorizzato a trasmetterlo in questa conferenza. Mi ha anche pregato di
diffondere il suo e-mail: r.appignanesi@megi.it
La situazione interna al PR è in uno stato incredibile. I difensori dello
stato di diritto hanno dimenticato il proprio statuto, gli antipartitocrati
hanno fatto della cooptazione il principio guida nelle nomine interne, le
cassandre del debito pubblico italiano svendono il patrimonio e fanno
debiti, con un gioco di scatole cinesi di società, per iniziative che nessun
congresso ha ratificato.
Difronte a questa situazione si è costituito un comitato di, pochi, radicali
che vogliono essere radicali innanzitutto a casa propria. Il Comitato di
Liberazione del Partito Radicale si è costituito per ripristinare la
legalità statutaria nel partito. Tale obiettivo non risponde semplicemente
ad un anelito legalitario (vita del diritto) ma al riconoscimento della
necessità di una profonda ridiscussione sugli obiettivi
e sulle forme organizzative dei radicali.
Il Comitato (home page: www.megi.it/utenti/eclettico/clpr)
intende innanzitutto promuovere la convocazione di un congresso da parte
degli iscritti (come previsto dallo statuto), ma gli organi statutari non
rispondono circa le possibilità pratiche di attuazione di tale norma.
Qualora tale via fosse preclusa (senza indirizzari e spazi nella Radio
radicale di Massimo Bordin lo è di fatto) si dovrà procedere per le vie
legali ed anche in sede internazionale denunciando alle nazioni unite lo
stato di assenza di democrazia interna al partito, che costituisce un
requisito per l'ammissione quale Organizzazione Non Governativa.
Ma quali potrebbero essere le prospettive del Partito Radicale
Transnazionale?
La politica "di Buridano" (ovvero abbastanza liberismo da essere lontani dal
fieno dell'Ulivo e abbastanza libertarismo da mantenere le distanze dal
Polo) di questi anni ha prodotto l'inconcludenza assoluta ed ha anche
favorito quel clima di inciucio tra i due poli che ha riportato la
prospettiva della proporzionale. Non resta probabilmente che la scissione in
due movimenti politici italiani che siano quella piattaforma, che Tortora
nel 1988 (ma questo Tortora è stato accuratamente epurato dalle
ricostruzioni di radio radicale) ci pregava di non toglierci da sotto i
piedi, per le iniziative transanzionali. Due movimenti, l'uno liberista
(Della Vedova) l'altro libertario (Bonino) che spezzino le tendenze
consociativisme e con un sano pragmatismo individuino obiettivi annuali
concreti e consentano di avere un'Italia più libertaria e più liberista.
E Pannella?
Pannella per anni ci ha detto che l'unione di leadership e cariche
statutarie era pericolosa, e dal 1992 tale unione ha in effetti condotto al
partito con le "mani occupate a tenere alte le bandiere" (è impressionante
come ricorra tale espressione nei suoi discorsi di questi anni) che ci
ritroviamo oggi. Pannella dovrebbe riflettere sul dove, sotto la sua
esclusiva e diretta direzione, ci ha portato in questi anni, sull'utilità di
misurare il valore dell'iniziativa politica in kilogrammi di carta firmata
da depositare in Cassazione. Un Pannella libero battittore tra due forze
politiche che si ispirano al suo inesauribile pensiero ma dotate di una
propria dirigenza autonoma, aperte al dialogo e non centralizzate su Roma,
continuerebbe a dare quell'impulso essenziale per avere un'Italia più libera
e felice.
Remo Appignanesi