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Conferenza Rivoluzione liberale
Radio Radicale Andrea - 7 luglio 2000
Nella onelist di Umbria libertaria è comparso questo intervento di Remo Appignanesi
Che merita più di una riflessione anche se ho delle personali perplessità su alcuni aspetti

Tracciati.

Remo mi ha autorizzato a trasmetterlo in questa conferenza. Mi ha anche pregato di

diffondere il suo e-mail: r.appignanesi@megi.it

La situazione interna al PR è in uno stato incredibile. I difensori dello

stato di diritto hanno dimenticato il proprio statuto, gli antipartitocrati

hanno fatto della cooptazione il principio guida nelle nomine interne, le

cassandre del debito pubblico italiano svendono il patrimonio e fanno

debiti, con un gioco di scatole cinesi di società, per iniziative che nessun

congresso ha ratificato.

Difronte a questa situazione si è costituito un comitato di, pochi, radicali

che vogliono essere radicali innanzitutto a casa propria. Il Comitato di

Liberazione del Partito Radicale si è costituito per ripristinare la

legalità statutaria nel partito. Tale obiettivo non risponde semplicemente

ad un anelito legalitario (vita del diritto) ma al riconoscimento della

necessità di una profonda ridiscussione sugli obiettivi

e sulle forme organizzative dei radicali.

Il Comitato (home page: www.megi.it/utenti/eclettico/clpr)

intende innanzitutto promuovere la convocazione di un congresso da parte

degli iscritti (come previsto dallo statuto), ma gli organi statutari non

rispondono circa le possibilità pratiche di attuazione di tale norma.

Qualora tale via fosse preclusa (senza indirizzari e spazi nella Radio

radicale di Massimo Bordin lo è di fatto) si dovrà procedere per le vie

legali ed anche in sede internazionale denunciando alle nazioni unite lo

stato di assenza di democrazia interna al partito, che costituisce un

requisito per l'ammissione quale Organizzazione Non Governativa.

Ma quali potrebbero essere le prospettive del Partito Radicale

Transnazionale?

La politica "di Buridano" (ovvero abbastanza liberismo da essere lontani dal

fieno dell'Ulivo e abbastanza libertarismo da mantenere le distanze dal

Polo) di questi anni ha prodotto l'inconcludenza assoluta ed ha anche

favorito quel clima di inciucio tra i due poli che ha riportato la

prospettiva della proporzionale. Non resta probabilmente che la scissione in

due movimenti politici italiani che siano quella piattaforma, che Tortora

nel 1988 (ma questo Tortora è stato accuratamente epurato dalle

ricostruzioni di radio radicale) ci pregava di non toglierci da sotto i

piedi, per le iniziative transanzionali. Due movimenti, l'uno liberista

(Della Vedova) l'altro libertario (Bonino) che spezzino le tendenze

consociativisme e con un sano pragmatismo individuino obiettivi annuali

concreti e consentano di avere un'Italia più libertaria e più liberista.

E Pannella?

Pannella per anni ci ha detto che l'unione di leadership e cariche

statutarie era pericolosa, e dal 1992 tale unione ha in effetti condotto al

partito con le "mani occupate a tenere alte le bandiere" (è impressionante

come ricorra tale espressione nei suoi discorsi di questi anni) che ci

ritroviamo oggi. Pannella dovrebbe riflettere sul dove, sotto la sua

esclusiva e diretta direzione, ci ha portato in questi anni, sull'utilità di

misurare il valore dell'iniziativa politica in kilogrammi di carta firmata

da depositare in Cassazione. Un Pannella libero battittore tra due forze

politiche che si ispirano al suo inesauribile pensiero ma dotate di una

propria dirigenza autonoma, aperte al dialogo e non centralizzate su Roma,

continuerebbe a dare quell'impulso essenziale per avere un'Italia più libera

e felice.

Remo Appignanesi

 
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