La visita di oggi al carcere di Rebibbia femminile è stata decisa all'improvviso, dopo l'arrivo di una lettera indirizzata al Partito Radicale da un gruppo di detenute. Nella lettera si denuncia una situazione di grave tensione in attesa di un intervento di "clemenza" da parte dello Stato volto a corrispondere alle aspettative che si sono venute a creare in questi ultimi mesi.
Alle ore 18 un ispettore di polizia penitenziaria ci accompagna, come richiesto dal Senatore Milio e da Sergio D'Elia, nel reparto "cellulari", dove sono detenute 85 donne e da dove è partita la lettera indirizzata ai radicali. Secondo l'ispettore c'è una "calma apparente" che non lascia presagire nulla di buono: le detenute attendono la risposta dello Stato.
Le incontriamo in una saletta di ricreazione: dai tre piani scendono, una per volta, una ventina di recluse. Nell'attesa alcune parlano dell'esperienza che in 12 hanno fatto domenica a Regina Coeli in occasione della visita del Papa, ma subito il discorso cade sul recentissimo e drammatico fatto di cronaca accaduto nel carcere di via della Lungara a poche ore di distanza del grande avvenimento della visita papale: il detenuto che aveva portato la croce durante la messa è morto lì in galera per una overdose... Sì, siamo in tema, visto che la stragrande maggioranza delle detenute del reparto "cellulari" è in carcere proprio per reati connessi alla droga.
C'è chi cerca di sapere da Milio - prima che arrivino le altre - quali siano le notizie dal Senato sui provvedimenti di clemenza... si crea un po' di confusione, le voci si accavallano, tutte vogliono parlare, ma soprattutto sapere che speranze concrete ci siano di uscire o di avere uno sconto di pena, fino a che l'ordine viene ristabilito da Roberta, con un autorevole "Ascoltiamo il senatore, me sa che è mejo!".
Milio fa il punto della situazione e afferma subito che il momento non è roseo per i veti incrociati di maggioranza e opposizione. "Ad oggi, a questo momento -- conferma D'Elia - non c'è l'accordo per ottenere, come serve per provvedimenti come l'amnistia e l'indulto, la maggioranza qualificata dei due terzi e occorre tenere presente che il Parlamento chiude il 27/28 luglio... è probabile che qualcosa vada in porto discutendo i disegni di legge collegati, ma non dobbiamo farci eccessive illusioni". Milio ricorda la proposta da lui presentata in Senato per un indulto generalizzato di tre anni: uno "sconto da applicare alla condanna, alla pena, e non al tipo di reato commesso. Con questo provvedimento - precisa - uscirebbero 17.500 detenuti". Ricorda anche la contrarietà radicale ad un provvedimento di amnistia che estingue il reato e spiega il suo disegno di legge sulla 'liberazione anticipata' che, a differenza della proposta del governo, prevede meccanismi di automaticità, senza passare per i Giudici di S
orveglianza, già oberati da una mole immensa di lavoro che non sono in grado di affrontare in tempi ragionevoli.
Le domande delle detenute si concentrano sui tempi e - come è umano - su come i diversi provvedimenti potrebbero poi adattarsi a ciascun caso personale. Ma Milio e D'Elia spengono immotivati entusiasmi che possono tramutarsi in dolorose delusioni.
"Ma con che faccia - urla una detenuta - andranno in televisione a dire 'non vi diamo niente'?
"Gli unici che hanno detto la verità fin dall'inizio - risponde un'altra - sono i radicali, gli altri sono venuti solo a farci promesse..."
LO SFOGO
A questo punto, nella saletta dell'incontro, si scatena una "guerra fra poveri", uno sfogo che vede in alcuni momenti contrapporsi le italiane con le extracomunitarie, chi è dentro per reati di droga con chi è in carcere per altri reati:
"Sono gli extracomunitari che riempiono le carceri e che godono di tutti i benefici: solo loro vanno in permesso! La Caritas si occupa solo di loro, solo a loro procura i vestiti!"
"Noi italiane paghiamo di più delle straniere per traffico di droga: vi sembra giusto? Qui c'è gente che sta in galera per un grammo di fumo!"
"E allora io? Non m'hanno trovato niente: sto dentro solo per un'accusa di un tossico come lo ero io!"
Una straniera: "E allora perché ve la dobbiamo portare noi la droga? Non avete il coraggio di venirvela a prendere?"
Una sudamericana si difende "La maggior parte di noi non può usufruire degli arresti domiciliari perché non ha una casa". La sostiene l'ispettore: "E' una minoranza quella degli extracomunitari che usufruisce dei benefici previsti dalla legge e poi occorre tenere presente che quelli che li ottengono sono ormai radicati nel nostro Paese, hanno una casa, figli, parenti..."
Una ragazza campana che deve ancora scontare due anni: "Appena m'hanno applicato la legge Simeone me l'hanno subito revocata: lo sapete perché? Non perché ho commesso altri reati! Perché non ero più tossicodipendente! E allora, dico io, m'è convenuto fare lo sforzo di smettere? Non posso nemmeno avere i colloqui perché non ho parenti a Roma!"
Una signora di 62 anni portati benissimo: "Me mancano solo sei mesi... io esco pe' conto mio... mica sto ad aspettà loro (il Parlamento, il Governo)! Penso alle altre che hanno pene più lunghe da scontare".
"Ce stanno a prende in giro! Che ce famo co' quattro mesi de sconto all'anno? No, nun esce niente, da 'sti governanti - sentenzia sconsolata la "romana".
NO ALLA GUERRA FRA POVERI
Sono proprio le cifre drammatiche della vita di una carcerata, addirittura più sventurata delle altre, a far riflettere tutte sull'inutilità di una guerra fra poveri. E' una signora di circa quarant'anni condannata a 17 anni per assegni a vuoto e conseguente ricettazione: in tutto sette milioni di truffa. 2 figli morti in un incidente stradale mentre lei era in galera; 1 figlia cerebrolesa; un'altra bambina di 4 anni affidata per il momento alla sorella.
No, nessuna promessa è uscita dalla bocca dei radicali anche in questa visita-lampo a Rebibbia, se non quella che nelle carceri sovraffollate di questa estate che avanza, ci saranno anche loro. Da quale parte, altrimenti, dovrebbero trovarsi? Sicuramente non dalla parte di chi - per incapacità di governo - ha causato e causa i disastri che sono sotto gli occhi di tutti.
Mentre stiamo per lasciarci, l'ispettore che ci ha accompagnato rimugina preoccupato sui prossimi, difficili, giorni. Il personale di custodia, anziché aumentare, diminuirà a causa delle ferie estive e delle malattie che colpiscono chi è costretto a sottoporsi a turni stressanti. "No, non sono iscritto al sindacato - risponde così a Sergio D'Elia che glielo chiede - non dico che i sindacalisti non facciano gli interessi della categoria... ma ci sono tanti che dimenticano la divisa... e tutti i problemi che questa comporta".