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Vecellio Valter - 23 luglio 2000
MORTE DI UN GIOVANE

Puoi unirti o meno al coro che definisci "tanto per bene" delle deplorazioni per il comportamento del poliziotto che l'altro giorno ha ucciso un ragazzo a Napoli. Ma come dicono gli inglesi, fact are stubborn, i fatti sono testardi. E i fatti testardi dicono questo:

Il ragazzo è stato colpito alle spalle.

Il ragazzo non minacciava e non aveva minacciato nessuno.

Il ragazzo si limitava a tentare la fuga, non perché avesse commesso un reato grave (rapina, scippo, ecc., che peraltro non erano stati segnalati), ma semplicemente perché temeva una multa e/o il sequestro del motorino.

Non credo proprio si possa sostenere che la fuga a bordo di un motorino di un ragazzino legittimi non dico lo sparare alla schiena, ma il semplice sparare in aria a scopo intimidatorio. L'agente non correva pericoli di sorta per la sua incolumità, nessuno lo aveva minacciato o aveva minacciato i suoi colleghi. Che fosse un ragazzino lo sapeva. Dunque l'arma neppure doveva essere estratta.

Un tempo avremmo denunciato l'assurda morte di questo ragazzino come vittima della Legge Reale; legge per la quale noi raccogliemmo le firme per un referendum abrogativo; il PCI allora scatenò una canea vergognosa e molti dei suoi esponenti di maggior spicco se ne uscirono con affermazioni incredibili, del tipo: "Vogliono scarcerare Vallanzasca, Curcio e Concutelli".

Quel referendum venne sconfitto, ma se non ricordo male un buon 20 per cento disattese l'indicazione data dai maggiori partiti, contrari all'abrogazione.

Il risultato di quella legge l'ho macabramente censito e costituisce credo la più lunga interrogazione parlamentare che storia repubblicana: centinaia di persone uccise o ferite più o meno seriamente, perché non si erano fermati all'alt in posti di blocco notturni, o perché il colpo "accidentalmente partiva", o perché sparando a scopo intimidatorio in aria, il malcapitato finiva centrato in testa.

Poi la legge Reale è morta di morte sua, ma evidentemente certi comportamenti che quella legge legittimava, sono ancora presenti; e spero si trovi la forza e la capacità per combatterli come è giusto siano combattuti. I tutori delle forze dell'ordine hanno molti doveri, ma non quello di sparare alla schiena di chi fugge alla loro vista.

La Zero tolerance è una strategia anticrimine dell'ex capo della polizia di New York William J.Bratton - e che poi tutti hanno attribuito a Rudolph Giuliani, che l'ha fatta sua - riassumibile così: "Se lasci una finestra rotta, presto l'intero condominio finirà in malora. Così se un giovane barbaro rompe una finestra, poi la deve aggiustare. Se insudicia un autobus, lo deve pulire. I genitori devono essere responsabili per lui, se è minorenne". Il resto è una conseguenza di questa teoria. Accompagnata a una legge non scritta, ma ferreamente applicata: chi spara e uccide un poliziotto ha praticamente nessuna possibilità di cavarsela. Ci pensano i suoi colleghi, a "fare giustizia". Ufficialmente quella morte è un incidente, tutti sanno da chi e perché è stata provocata.

La Zero tolerance ha portato dei risultati, a New York, visto che le statistiche dicono che il tasso di criminalità è sensibilmente diminuito. Il rovescio della medaglia è costituito da casi come quello di Anadou Diallo, ucciso con 19 colpi di pistola su 44 sparati, mentre tirava fuori di tasca i documenti che gli agenti di polizia gli avevano chiesto (pensavano stesse estraendo un'arma); oppure da casi come Abner Loumia, che condotto nel distretto di polizia viene sodomizzato con un manico di scopa e lasciato per quattro giorni ad agonizzare (diranno, i responsabili, che quello di Loumia era il "risultato di un violento coito gay"). Non si tratta di episodi isolati. Chi invoca la zero tolerance metta in conto anche questo.

E' vero che garantismo non significa tolleranza (concetto di per sé leggermente razzista; più che tolleranti sarebbe molto meglio essere rispettosi), ma rispetto della regola. Per cui, se la regola o la legge prescrive la pena di morte, paradossalmente è garantista chi la applica secondo i modi che la legge prescrive. Vero che più che l'entità della pena è la sua certezza, il miglior deterrente. Ma questa riflessione, cosa c'entra con il ragazzino ucciso?

Il ragazzino era solo colpevole di non indossare il casco. Punibile dunque con una multa o con il sequestro del motorino. Per favore, stiamo ai fatti, che sono, appunto, testardi.

 
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