Politici, tv e bambinidi Fabrizio Rondolino
LA STAMPA, domenica 23 luglio 2000
Silvio Berlusconi ha solennemente ribattezzato la coalizione di cui e' leader "Casa della liberta'"; Walter Veltroni ha pubblicato su questo giornale un ambizioso "manifesto delle liberta'". Eppure nell'Italia di oggi a dominare sembra essere ancora (o di nuovo) la cultura del divieto. Come se alla tradizionale insofferenza degli italiani per vincoli e regole si volesse a tutti i costi contrapporre, ogni volta che insorge un problema, un sistema di divieti e di proibizioni.
L'ultimo caso riguarda una materia delicata: i minori e la televisione. La commissione parlamentare per l'Infanzia ha approvato l'altro giorno, con l'astensione del Polo, una lunga risoluzione, opera del senatore verde Athos De Luca, che chiede di vietare gli spot durante i programmi per l'infanzia. La pubblicita' fa male? Forse no, perche' la stessa mozione chiede con involontaria ironia una campagna di spot televisivi "finalizzata all'uso creativo del tempo libero, diverso dalla fruizione passiva del mezzo televisivo".
Ancora piu' discutibile e' la proposta di "non mettere in onda programmi specificamente dedicati ai minori nella fascia compresa fra le 7,30 e le 9,30 del mattino", con l'obiettivo di costringere le famiglie a non guardate la tv mentre fanno colazione. Se il senatore De Luca sapesse che esistono anche i canali satellitari e i videoregistratori (per non parlare di Internet), capirebbe che la strada dei divieti, oltreche' ridicola, e' inutile. Cosi' come ridicolo e inutile e' "affidare al Garante per le comunicazioni il compito di stabilire la trasmissibilita' in tv" dei film, o addirittura "sperimentare dispositivi che, aggiunti al telecomando, consentano di inibire l'immagine mantenendo inalterato l'audio" (e' la scoperta della radio).
Una classe dirigente liberale non imbocca la scorciatoia dei divieti, ma educa alla liberta'. Non considera i cittadini sudditi ignoranti e bisognosi di aiuto fin dall'ora di colazione, ne' si spaventa di fronte alla complessita' dei problemi. Vietare e' sintomo di debolezza, e di paura. La liberta' va invece coltivata e difesa: costa fatica, ma non conosce alternative. Non si governa con i divieti una societa' complessa