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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Rinascimento - 1 agosto 2000
Intervento di Danilo Quinto, tesoriere del Partito Radicale, alla riunione del Comitato di Coordinamento del 28 luglio '00

Cari compagni e compagne, cari amici e care amiche,

Premessa

In questi giorni e in queste ore in cui il Partito Radicale si trova di fronte ad un vero e proprio assalto rispetto alla sua libertà di parola e di espressione politica alle Nazioni Unite, ci troviamo ancora una volta dinanzi una ennesima sfida.

Una battaglia questa che si giocherà non solo all'interno delle Nazioni Unite e del Consiglio Economico e Sociale, ma che se vorrà essere vinta dovrà fare i conti con la mobilitazione e la solidarietà, il sostegno che riuscirà a raccogliere nell'opinione pubblica italiana, europea e internazionale.

Lo shock provocato dalle accuse russe e la conseguente battaglia politica e diplomatica che siamo riusciti a innescare in questi giorni e ore non può non avere conseguenze sul rilancio di una strategia iniziata anni fa e che aveva visto nella direzione giusta.

"L'ideale sarebbe disporre di un'organizzazione politica capace di consentire in decine di parlamenti - nello stesso giorno, alla stessa ora, con gli stessi testi legislativi, con lotte nonviolente di massa convergenti nei diversi paesi - la discussione e l'approvazione di leggi fondamentali per la vita del pianeta e per la libertà e i diritti di tutti". Così scriveva Pannella, nell''89, nel primo numero del "Partito Nuovo", il giornale che traducevamo e stampavamo in quindici lingue e inviavamo alla classe dirigente di sessanta paesi del mondo.

Certo, mi verrebbe voglia di dire che oggi ci troviamo di fronte ad una nuova missione impossibile. Rilanciare la sfida radicale per nuovi diritti e nuove libertà anche a livello transnazionale - tenuto anche conto di quello che e' stato il progetto e il percorso di questi ultimi anni e in particolare degli ultimi diciotto mesi (l'assalto al regime italiano, con tutte le risorse, umane e finanziarie a disposizione) -non è sicuramente facile, ma d'altronde nulla è mai stato facile nella ormai lunga storia radicale.

E allora si può tentare di porre le prime basi e cercare di tracciare questo percorso. E sicuramente questa riunione potrà aiutarci a capire, riflettere e spero scegliere.

In quest'intervento cercherò di portare il mio contributo di riflessione, oltre che cercare di fornire un quadro più chiaro possibile della situazione economica e finanziaria nella quale si trova non solo il Partito Radicale, di cui ho l'onere e l'onore di essere il tesoriere, ma l'area radicale nel suo insieme.

E allora cerchiamo di partire con ordine.

Il contesto politico italiano

Oltre duecento parlamentari italiani in questi giorni hanno deciso di esprimere la propria solidarietà al Partito Radicale e a tutti coloro, in particolare le voci del dissenso dei paesi a regimi totalitari, che hanno lanciato l'appello per impedire l'espulsione loro e nostra dalle Nazioni Unite.

E' un consenso straordinario, che ha raccolto, tra le altre, le firme dei senatori a vita Norberto Bobbio e Giovanni Leone, di tre Ministri, Livia Turco, Ottaviano Del Turco e Alfonso Pecoraro Scanio, iscritto al Partito Radicale; di pressocchè tutti i capigruppo parlamentari di Camera e Senato; di parlamentari di tutti i gruppi politici: da Walter Veltroni a Giulio Tremonti, che si è anche iscritto al Partito Radicale; da Gustavo Selva, capogruppo alla Camera di Alleanza Nazionale, da anni iscritto al Partito Radicale ad Achille Occhetto; dai parlamentari dei Democratici di Sinistra, Franco Debenedetti e Mario Gatto ai parlamentari di Alleanza Nazionale, Mario Landolfi e Alessandra Mussolini, tutti iscritti al Partito Radicale; dai parlamentari di Forza Italia, Alfredo Biondi, vice-presidente della Camera, Gualberto Niccolini, Cesare Previti, Francesca Scopelliti, Giuseppe Vegas, tutti iscritti al Partito Radicale, ai parlamentari verdi Paolo Cento, Fiorello Cortiana, Athos De Luca, Luigi Manconi, Saro Pett

inato, anche loro iscritti, insieme alla portavoce dei Verdi, Grazia Francescato.

Questo è avvenuto e sta avvenendo in queste ore con motivazioni espresse da parte di molti rappresentanti della politica che derivano dalla storia del Partito Radicale, in particolare riguardo alle sue battaglie di libertà e di conquista di diritti.

Nel momento in cui è stata messa in discussione la libertà di parola di chi si batte o testimonia direttamente le violazioni dei diritti umani a vari livelli, la conquista di nuovi diritti umani e di libertàcivili e politiche, la solidarietà attorno al Partito Radicale e alla sua iniziativa politica è cresciuta, per ora soprattutto all'interno del Parlamento.

Lo slogan "siamo tutti radicali" sembra avere risposte significative.

Il Partito Radicale Transnazionale sembra avere possibilità di essere ri-conosciuto.

Certo in Italia le faccende in cui la politica è impegnata sono altre, sicuramente di tutta rilevanza, anche se poco hanno a che vedere con le necessità di sviluppo e di modernizzazione di cui il Paese da tempo ha bisogno. Poco o nulla hanno a che vedere con i nostri obiettivi di riforma e di rivoluzione liberale contenuti nei venti quesiti referendari, su cui la politica italiana non sa e non vuole dare nessuna risposta. Poco o nulla hanno a che vedere con le esigenze di riforma e di libertà di cui il Paese ha estrema necessità.

Siamo alle prese con il conflitto di interessi, con gli accordi sul sistema delle telecomunicazioni, con la ricerca di leadership da candidare alla guida di un centro sinistra che cerca di ridefinire - come dire? con qualche difficoltà - una sua più chiara identità e, dall'altra parte, alla crescita esponenziale di carisma tutto giocato sui toni della comunicazione pubblicitaria e miracolistica - adesso anche più vicina all'onnipotenza, da quando Berlusconi ha deciso di comunicare la sua vittoria contro la malattia del secolo (cosa di cui peraltro non possiamo e personalmente non posso che essere umanamente contento, oltre che complimentarmi con la scelta di tempi e modi per la comunicazione).

Così come il contesto politico internazionale è alle prese con la ridefinizione di nuovi equilibri e con il processo di globalizzazione a partire ad esempio dal recente vertice di Okinawa.

Il Partito Transnazionale

In questo contesto è esploso per noi il caso ONU e la possibile censura verso una voce fatta di voci libere.

Da Vladimir Bukovski a Adem Demaci; da André Glucksmann a Bianca Jagger; da Leonid Plioutsch a Wei Jinsheng a Harry Wu sono decine e decine le personalità, i dissidenti di tutto il mondo, a cui abbiamo dato voce in questi anni in sede Nazioni Unite, ad aver aderito a questa campagna, ad aver deciso di mobilitarsi con noi.

E' soprattutto dai non italiani che ci attendiamo in queste ore le risposte più significative, le adesioni e le iscrizioni. Le pagine che abbiamo acquistato in questi giorni rappresentano proprio - come dire? - la fotografia di quello che vuole essere il Partito Radicale Transnazionale.

Come sapete, l'elemento scatenante del "caso Onu" è stato l'intervento di un rappresentate ceceno, Idigov, alla Commissione diritti umani di Ginevra.

Certo, la Russia ha sempre cercato di impedire che la Cecenia avesse voce e lo ha fatto seppure a posteriori con l'iniziativa radicale.

L'Occidente, e in particolare l'Europa, almeno nei termini che sarebbero adeguati ad una possibile soluzione, non sembra interessato a risolvere il conflitto in Cecenia, dove, come opportunamente notava Emma Bonino, se non altro c'è un problema di sproporzione dell'intervento armato russo. Anzi, ormai la corsa sembra essere quella ad accordi di partnership strategica con la Russia di Putin.

"Chi crede che un piccolo popolo di un milione di persone metta in pericolo una grande nazione di 150 milioni di abitanti? - ha scritto Andree Glucksman in un suo recente articolo pubblicato anche dalla stampa italiana.

"Putin - scrive Glucksman - ha dichiarato esemplari i metodi inaugurati a Grozny. Egli eleva il martirio ceceno a paradigma dell'autorita' restaurata, a modello della tanto vantata "dittatura della legge", garantita dalla legge della dittatura. Domare l'insurrezione cecena per ristabilire l'ordine nelle teste russe. Questo programma di educazione popolare non ha nulla di originale; covava nel violento sradicamento dei caucasici da parte delle truppe zariste. Tolstoi descrisse l'esultanza di Nicola I nel ricevere la testa tagliata del capo dei ribelli".

"Finchè il cardo ceceno - scrive ancora Glucksman - libero e selvaggio, non sarà estirpato, l'autocrate del Cremlino teme il contagio. L'ordine, in Russia, si fonda sullo spirito di sottomissione. Stalin non pensava diversamente".

Ora, questa è l'opinione di Glucksman, condivisa per altro da molti attenti osservatori di quanto e' accaduto e sta accadendo in Cecenia. Certo, la realtà va vista anche dal punto di vista della Russia, del contesto geo politico di quell'area e di quello internazionale, ma un'operazione ammantata di essere un'azione anti-terrorirmo poco ha a che vedere con quanto accade nei territori ceceni, con l'estirpazione di un'intera città, con quanto anche questo conflitto comporta in termini di perdite di vite umane per la stessa Russia.

Ma proprio a partire da questa realtà, seppure senza fermarsi ad essa, la campagna che il Partito Radicale ha lanciato contro la censura che verrebbe posta al diritto di espressione alle Nazioni Unite per una organizzazione non governativa è centrale anche per quello che ho chiamato all'inizio il rilancio di battaglie per nuovi diritti e nuove libertà.

Alcuni anni fa quando decidemmo di dare vita al partito radicale transnazionale, gli obiettivi che ci eravamo posti apparivano impossibili. L'obiettivo di costruire un partito transnazionale era ambizioso e gli strumenti a nostra disposizione sembravano sproporzionati. Eppure quello è stato un percorso che ha portato in alcuni anni a compiere molti passi avanti e a ottenere successi e a conseguire obiettivi significativi. Basta guardare a quanto e' accaduto nella campagna per la creazione della Corte Penale Permanente, nell'affermazione sempre più vicina che la pena capitale non è più questione che riguarda unicamente i codici penali sotto la sovranità dei singoli Stati, ma che la sua applicazione entra nella sfera delle violazioni dei diritti umani.

Il partito transnazionale, nato da un'idea di Marco Pannella alcuni anni fa era stata un'intuizione giusta, soprattutto guardandola oggi. Quando Emma Bonino e tutti noi ponevamo la riforma del sistema delle Nazioni Unite come priorità politica avevamo visto giusto.

Ricordate quando il 25 aprile del 1994, dopo la vittoria in Italia del centro destra, nelle piazze in molti marciavano per celebrare la festa della Liberazione, alle nostre finestre c'erano invece le bandiere che chiedevano una Bosnia libera e l'allora Sindaco della Sarajevo bombardata veniva in Italia per marciare con noi radicali per chiedere la creazione di un tribunale internazionale sui crimini commessi nella ex Yugoslavia e l'abolizione della pena di morte.

"Ho visto morire troppa gente - diceva dai microfoni di Radio Radicale Kresevljakovich - per potere aderire all'idea che lo Stato possa condannare a morte".

"Salvare i corpi" diceva Albert Camus. E per salvarli occorre usare tutti i metodi e tutti gli strumenti a disposizione. Se c'è stata un'occasione in cui l'azione umanitaria ha sperimentato quasi tutte le sue possibilità, questa è stata - a detta di molti - la guerra nella ex Jugoslavia. La cosiddetta "diplomazia umanitaria" ha coperto a lungo i tanti spazi lasciati liberi dalla diplomazia tradizionale e dalla politica, cercando di imporre, se non la pace, le tregue. La teorizzazione del diritto di ingerenza ha avuto attraverso l'azione politica radicale degli anni in cui abbiamo costruito il partito e l'attività transnazionale, nella nostra azione, un veicolo formidabile di affermazione nella cultura politica di questo terribile ultimo decennio, attraversato anche in Europa da genocidi e conflitti. Il diritto d'ingerenza è stato ed è sempre più diritto di prevenzione delle guerre.

C'è ormai una opinione condivisa del fatto che le frontiere e la sovranità degli Stati devono essere rispettate solo fintantochè questi rispettano i diritti dell'uomo: in caso contrario si deve imporre il fatto che, al di là e al di sopra della sovranità nazionale, esiste una considerazione per gli uomini e per i loro diritti. La riforma delle Nazioni Unite, la loro democratizzazione sono in questo senso e rimangono obiettivi costitutivi di un'azione politica volta a far vincere il primato del diritto anche inteso come diritto/dovere d'ingerenza.

In un messaggio a noi radicali del '93 dell'allora Segretario Generale dell'Onu Boutros Ghali si leggeva: "L'Organizzazione delle Nazioni Unite è stata creata innanzitutto per ognuno di noi. Nessuno degli obiettivi dell'organizzazione potrà realizzarsi veramente se l'insieme degli individui che compongono la grande famiglia umana non verrà direttamente coinvolto. L'imperativo di pace deve innanzitutto iscriversi nella coscienza degli individui. L'imperativo di sviluppo è inteso oggi come un diritto dell'uomo. La democrazia, infine, è un nuovo imperativo che ci assegniamo. Ho detto anche che "la pace nel senso più vasto del termine non potrà essere assicurata soltanto nel sistema delle Nazioni Unite o solo dai governi. Organizzazioni non governative, scuole, parlamenti, sfere di affari e professioni, media e grande pubblico devono tutti contribuire."

Ricordate anche le parole del Dalai Lama invitato grazie ai radicali in Italia, nel '94: "Nonostante il Tibet arrivi raramente sulle pagine dei giornali, la situazione sociale e politica del Tetto del Mondo rimane drammatica. La Cina Popolare che occupa illegalmente il Tibet non sembra intenzionata ad attenuare la dura politica repressiva che attua con feroce determinazione nei confronti del dissenso tibetano. Ho detto ad alcuni giovani tibetani che è nostro compito, in quanto cittadini del mondo, combattere per la libertà attraverso metodi nonviolenti".

Queste evocazioni sono parte di una storia che è stata la storia della politica radicale transnazionale di questi ultimi anni.

Ed è parte di quella storia a cui si vuole oggi tappare la bocca.

Sarebbe grave cedere ad una tale provocazione, peraltro immotivata nei contenuti - pensate in questo senso all'accusa di essere finanziati dai narcotrafficanti - sarebbe politicamente poco opportuno non rilanciare quelle ragioni costitutive di allora, che oggi hanno e possono avere più forza.

Non solo perchè la complessità del processo di globalizzazione impone nuove forme anche alla politica, ma perchè la sfida posta allo sviluppo è la creazione di libertà nuove e la conquista di diritti nuovi.

Lo strumento Partito Transnazionale a questo punto può essere rilanciato. A partire dall'Italia e dall'Europa.

Ci sono altri scenari possibili su cui possiamo e siamo a mio avviso in questo senso chiamati a riflettere.

Le nuove tecnologie

Sappiamo ormai tutti quanto l'impatto delle nuove tecnologie stia cambiando radicalmente la struttura della società e il nostro modo di vivere. Le idee e le conoscenze sono i principali generatori di ricchezza. E per la prima volta nella storia moderna il possesso di beni materiali viene considerato un limite alla capacità di adeguarsi al cambiamento.

Quasi tutte le attivita' - come ben evidenzia l'economista Jeremy Rifkin - diventano esperienze a pagamento. Si sta realizzando quella che viene definita l'economia delle reti e l'era dell'accesso.

Anche il recente vertice di Okinawa ha ben messo in evidenza come da un lato cresca il divario tra chi è connesso e chi non lo è e come però, dall'altro lato, si faccia sempre più spazio la possibilità di una maggiore diffusione della conoscenza, della democrazia e del benessere. In una parola, dello sviluppo.

Ma senza addentrarsi troppo negli aspetti peculiari di quella che viene definita la rivoluzione della new economy - tra l'altro non è nè il mio mestiere, né il luogo per farlo- potremmo semplicemente cercare di capire quali possono essere gli strumenti su cui lavoare.

Allora le nuove tecnologie e la rete possono iniziare a rappresentare anche per i radicali uno strumento per rivoluzionare non solo il modo di fare politica ma la politica stessa?

In questi giorni in Italia si è parlato tanto di "conflitto di interessi" e prima di "par condicio". Gli accordi all'italiana nel presunto libero mercato delle telecomunicazioni e dei media ottengono le prime pagine dei giornali. Su questo più che su altro si spacca il fronte compatto del sistema consociativo della politica italiana. Ma i media, quelli che producono informazione, sono sempre quelli tradizionali, negli strumenti e nei contenuti. E uno strumento come il Web, per limitarci a questo, è ancora ai margini. E se i partiti fanno finta di essere nella realtà delle nuove tecnologie, nella realtà della nuova politica, nella realtà della nuova economia, in realtà i loro siti ufficiali sono poco piu' che delle bacheche, come notava un giornale di settore trattando l'argomento. La politica continua a navigare su mari già noti e già solcati e l'assenza di gravità che caratterizza la rete ancora non gli appartiene. Il sistema dei partiti continua a pesare, a gravare, a cadere come un macigno sullo sviluppo

di nuovi diritti e di nuove libertà e dunque sullo sviluppo e sull'accesso alle nuove tecnologie che attende che la politica italiana si accorga che il mondo è cambiato e che l'aborto e il divorzio sono diritti conquistati e patrimonio genetico del DNA di qualunque società avanzata e che oggi è ora di porre le basi per non arretrare in posizioni di retroguardia che rendano la società italiana non competitiva, fuori da processi di modernizzazione, con un sistema di rappresentanza politica vecchio di almeno 30 anni.

Certo tutti ne parlano, molti meglio di altri. Ma alla fine tutti i tentativi di rendere la società, l'economia e la politica italiana nuova si fermano di fronte a miracolistici progetti o a vecchi conservatorismi tutti di derivazione Prima Repubblica.

Per questo le nostre analisi e le nostre iniziative, non ultima quella referendaria, rimangono analisi e iniziative politiche che conservano in pieno la loro portata dirompente e innovatrice. Non soltanto perchè denunciavano e denunciano il "Caso Italia" non solo nel contesto europeo su settori chiave della vita e dello sviluppo del Paese, dalla giustizia all'economia, all'assetto democratico e istituzionale, ma perchè cercavano e potrebbero cercare ancora di proporre quelle soluzioni che ormai sono probabilmente già superate e inadeguate per il grave ritardo con cui non sono state realizzate e non sono state volute. Ma questa è storia nota a tutti e tutti sappiamo come è andata a finire la stagione referendaria.

Dunque, la nuova economia, l'economia dell'accesso in Italia e' in grave ritardo ma lo è anche la politica dell'accesso. Mentre nella gran parte dei paesi industrializzati al lavoro sicuro, nella stessa azienda, per tutta la vita, si è sostituito l'incarico temporaneo legato alla durata di un determinato progetto e i lavoratori ad ogni livello si adeguano progressivamente all'idea di una sempre maggiore volatilità del mercato del lavoro, adattandosi a cambiamenti continui nell'occupazione, nella carriera e, perfino nel modo di vivere.

E il ritardo accumulato si verifica anche nella politica, dove l'accesso ai servizi della comunicazione, dell'informazione, della partecipazione attiva, sta cambiando il modo di intendere ed esercitare libertà e responsabilità individuali anche nel contesto sociale e politico.

E' qui il primo tassello di un possibile strumento per iniziare ad affrontare la nostra missione impossibile: costruire e costituire quel portale della politica che può rappresentare, come per molti versi è stato ed è Radio Radicale nella storia italiana e della politica italiana uno strumento formidabile di conoscenza e di libertà.

Che significa costruire un portale della politica? Significa rendere accessibile anche in rete la politica italiana e se mi consentite anche quella internazionale. Significa compiere i primi passi per uscire da quel provincialismo italiota soffocante delle possibilita' offerte dalle nuove tecnologie.

Se era impensabile per la classe politica italiana e per il succedaneo sistema dell'informazione e della comunicazione immaginare che i dibattiti di Camera e Senato potessero essere trasmessi in diretta via etere e che la politica potesse cosi diventare accessibile a tutti, ci sono voluti molti anni di trasmissioni di Radio Radicale prima che la RAI decidesse di tentare di svolgere quello che viene definito servizio pubblico, chi meglio dei radicali può immaginare di dare uno scossone alla comunicazione, alla politica, alla società adeguandole alle potenzialità offerte dalla nuova tecnologia?

Radio Radicale e' gia' on line. Va implementata, costruita in modo che sia quel fenomeno politico e mass mediologico che ha caratterizzato in tutti questi anni la vita di Radio Radicale. Il progetto è ambizioso e necessita investimenti di risorse umane e finanziarie che non possono attendere altri tempi morti della politica di palazzo. Il partito in rete dovrà crescere di pari passo con sforzi di invenzione e di impegno che sono alla nostra portata.

Agora Telematica e Roberto Cicciomessere in particolare in questi anni ne hanno segnato la strada. Va percorsa, praticata, calpestata, individuandone gli strumenti piu' efficaci. Radicali.eu, i radicali in Europa, Radicali.it, i radicali in Italia, Radicali.org, i radicali organizzati nel partito transnazionale. Come è accaduto per il Centro di Produzione, per il quale un imprenditore della new economy, Marco Podini, ha acquistato il 25% delle azioni, anche su questa strada potremmo incontrare altri imprenditori, altri soggetti possono aggiungersi.

Certo queste sono enunciazioni, obiettivi verso cui tendere, la cui realizzabilita' va progettata e su cui il miglior modo per avviare il progetto e' partire nella concretezza del fare e tentare di costruire, se sarà possibile, una struttura di servizi e organizzativa utile per far vivere il partito.

Elementi sulla situazione finanziaria relativi ai soggetti politici e ai soggetti economico-imprenditoriali dell'area radicale.

Internet, quindi. Il che significa anche e forse soprattutto un nuovo modello politico-organizzativo d'informazione e comunicazione.

E' un tema, questo, che ha certamente attinenza con lo stato attuale dell'area radicale. La relazione sullo stato dell'area radicale, che è stata realizzata per il seminario di un mese fa, forniva gli elementi di conoscenza e di informazione relativi:

al bilancio politico ed economico-finanziario degli ultimi diciotto mesi di attività e sulla situazione economico-finanziaria dei soggetti imprenditoriali e di quelli politici dell'area radicale;

alle risorse umane e materiali e sulle strutture di cui dispone l'area radicale nel suo insieme.

In quest'intervento rinvio al testo di quel documento, che del resto è stato ampiamente diffuso, anche attraverso internet, nei siti radicali e quindi sono certo che molti tra voi l'abbiano letto e ascoltato. Peraltro è stato distribuito anche per questa riunione.

Non è però possibile, io credo, fare l'economia, ai fini di questa riunione del Comitato di Coordinamento, di una sintesi di quell'analisi.

Il dato di partenza di un anno e mezzo fa, il dato di partenza della prima riunione costitutiva di questo Comitato, era contenuto in un messaggio che Marco Pannella rivolse ai radicali nel gennaio '99, volto a porre l'attenzione a scadenze "obiettive":

la preparazione di eventuali forme di partecipazione alle elezioni europee;

la preparazione di eventuali azioni in relazione all'elezione del Presidente della Repubblica;

la preparazione di eventuali Referendum, gli ultimi permessi dalla legge prima del 2002;

la preparazione e l'eventuale decisione di grande "assalto" radicale sul fronte italiano, con la conversione di tutte le risorse, ideali, politiche e patrimoniali dell'"area" in un obiettivo politico "generale".

"A mio avviso - aggiungeva Pannella - un Congresso del Partito Radicale che non si limiti a cosatituire uno sterile e costoso adempimento moralistico e formalistico, ma rilanci come concreta forza politica transnazionale e internazionale il Partito Radicale, è immaginabile solamente all'interno temporale e logistico dell'"assalto radicale" sul fronte italiano (ed eventualmente "europeo"). Così pure una qualsiasi altra iniziativa di adeguato e significativo rilievo, e un qualsiasi "soggetto politico-sociale" convocatore di questa.

A seguito di questo messaggio, l'area radicale decide di costituirsi in Comitato di Coordinamento per la Rivoluzione liberale e gli Stati Uniti d'Europa, stabilendo di riunirsi nel marzo successivo, a Roma, in assemblea con almeno mille presenze.

In quest'Assemblea, viene presa la decisione della messa in vendita dell'intero patrimonio radicale, per rendere possibile la realizzazione delle campagne politiche conseguenti.

Terminata l'assemblea, Marco Pannella interviene per dichiarare la sua partecipazione al nuovo progetto.

La decisione di mettere in vendita l'intero patrimonio radicale e metterlo a disposizione del nuovo progetto e dei suoi obiettivi fu condizione che potremmo definire costitutiva del Comitato di Coordinamento e del percorso iniziato nel marzo '99.

Le campagne politiche (Emma For President, le elezioni europee, il primo tentativo di raccolta firme sui 20 referendum di liberazione e di libertà politica, economica, sociale di questo paese e i 28 miliardi spesi in estate per la raccolta firme insieme al lavoro e all'impegno di alcune centinaia di radicali sparsi per l'Italia, le elezioni regionali con il progetto di rivoluzione federalista e presidenzialista, insieme alle costanti denunce sul caso Italia, che è un caso di illegalità e di non democrazia) vanno di pari passo all'attività necessaria che tende alla valorizzazione dei beni patrimoniali che fanno parte dell'area radicale.

L'ingente investimento nell'acquisto di comunicazione politica - insieme al riconoscimento di milioni di persone dell'immagine e dell'identità di Emma Bonino e dei radicali - costituiscono un "effetto sorpresa" nei confronti dell'assetto di regime che domina il sistema Italia.

Il costo sostenuto per l'insieme delle iniziative politiche nel corso degli ultimi 18 mesi è stato di circa 60 miliardi con un debito complessivo nei confronti di terzi che risulta economicamente annullato, un saldo positivo di 450 milioni oltre ad un debito nei confronti del Centro di Produzione per 5,4 miliardi.

Abbiamo speso questi 60 miliardi ogni volta senza garanzia di copertura, mettendo effettivamente in gioco tutto il patrimonio e riuscendo ogni volta a trovare soluzioni per onorare gli impegni presi.

Finanziariamente, questo saldo è determinato da:

* debito verso terzi tra giugno 2000 e febbraio 2001 pari a 9,9 miliardi.

* crediti da incassare entro la stessa data di 10,35 miliardi, compresivi delle attuali disponibilità.

Tale risultato è tuttavia condizionato dagli incassi previsti per le ultime rate di pagamento per Agorà Telematica e per il Centro di Produzione.

Per Agorà Telematica, il vincolo è relativo all'ottenimento di un determinato fatturato, mentre per il Centro di Produzione al rinnovo della convenzione.

Rimane tuttora da decidere chi e come dovrà intervenire sulla partita interna relativa al debito verso il Centro di Produzione.

A fronte della indicata situazione economica sostanzialmente equilibrata, la gestione finanziaria si presenta già nell'immediato molto difficile.

Sarebbe stata già oggi inaffrontabile sul piano delle risorse a copertura del debito prodotto dalle iniziative politiche, se non avessimo già operato una ripianificazione del debito, che ha consentito di annullare il gravame finanziario di 1.5 miliardi di debito che sarebbe dovuto essere soddisfatto entro la fine del mese di luglio.

Quello che si è evitato per il mese di luglio, lo si è solo rinviato, senza che a tutt'oggi sia possibile fare una previsione finanziaria certa di copertura del debito nei confronti dei terzi.

Dal mese di agosto al mese di dicembre il fabbisogno finanziario necessario per garantire gli impegni presi nei confronti dei terzi è di circa 4 miliardi.

Nello stesso periodo è previsto solo l'incasso derivante dalle elezioni regionali (circa 700 milioni), mentre non sono previste ulteriori entrate derivanti dall'incasso dei crediti prodotti dalla vendita di Agorà Telematica e del Centro di Produzione. Questi incassi (sempre che non si manifestino i vincoli richiamati sopra) pari, per quanto riguarda Agorà Telematica a 2.350 milioni e, per quanto riguarda il Centro di Produzione, pari a 4.375 milioni, sono previsti oltre l'anno e andrebbero a sanare sul piano economico la situazione complessiva finale del debito prodotto dalle iniziative (producendo, come detto, un saldo attivo economico, alla fine del periodo, di 450 milioni) e a soddisfare la parte restante del debito nei confronti dei terzi (3.1 miliardi), che è pianificata nei primi mesi dell'anno.

E' necessario che questa situazione sia ben presente a questa riunione: dal punto di vista finanziario è necessario trovare circa 3.7 miliardi splanati da agosto a dicembre per sostenere gli impegni nei confronti di terzi.

Così come è necessario tenere presente che di qui alla fine dell'anno il fabbisogno preventivato della struttura nell'assetto attuale, comprensivo delle situazioni pregresse di debito, è di 4 miliardi.

Tornerò tra un momento su questi dati. Ora voglio sottolineare che la gestione politica della messa in vendita del patrimonio, ha quindi consentito di sostenere adeguatamente, dal punto di vista economico, il complesso delle iniziative politiche effettuate, qualitativamente e quantitativamente di portata assolutamente senza precedenti rispetto all'intera storia radicale.

Il patrimonio disponibile ne è risultato:

* invariato per quanto riguarda la Torre Argentina, limitatamente alla sede a al Centro d'Ascolto;

* ridotto a seguito della cessione di Radio Radicale DUE e di Agorà Telematica;

* incrementato, nel suo valore, per quanto riguarda il Centro di Produzione, di cui si continua a detenere il 75%. Infatti, dall'offerta iniziale della RAI per la rete di Radio Radicale e l'Archivio, pari a 27 miliardi, si è arrivati oggi, salvaguardando l'identità di Radio Radicale, ad una valorizzazione potenziale superiore a 100 miliardi.

Bisogna però tener conto che tale valore può essere realizzato solo nel caso in cui si proceda ad ulteriori cessioni di quote della società, mentre non risulta in nessun modo conveniente, oltre a essere oggetto di garanzia verso la minoranza, la cessione di rami d'azienda e in particolar modo la vendita della rete di Radio Radicale.

Nella relazione di Soriano era analizzata la situazione economico-finanziaria dei soggetti imprenditoriali e di quelli politici. Rinvio a quella relazione, l'analisi delle situazioni di bilancio.

Voglio qui soffermarmi, un momento, sul Centro di Produzione: nella relazione era segnalato, in particolare, l'avvio dello studio di un piano di sviluppo per le attività del Centro di Produzione.

L'obiettivo del piano è quello di valorizzare - scrivevamo - il Centro di Produzione nel suo complesso, attraverso un processo di razionalizzazione, integrazione e sviluppo delle singole attività.

Risultato di questa strategia deve essere quello di rendere il Centro di Produzione capace di fornire anche ad altri soggetti grandi quantità di contenuti pronti per l'utilizzo su mezzi tradizionali e di nuova tecnologia, sfruttando le capacità acquisite negli anni ad operare nel settore dell'informazione istituzionale, politica, associativa.

In questa logica diventa centrale l'attività di produzione di programmi fino ad oggi destinata esclusivamente a Radio Radicale e all'Archivio. Per il futuro, l'obiettivo dovrebbe essere quello di fornire tale servizio anche ad altri soggetti per pubblicizzarne l'attività attraverso propri strumenti multimediali o resi disponibili dallo stesso Centro di Produzione.

In questo senso lo sviluppo dell'attività di Radio Radicale su Internet assume un ruolo fondamentale, rappresentando concretamente la capacità produttiva e tecnologica del Centro di Produzione.

Perché il Piano possa essere portato a termine con l'effetto di un'ulteriore valorizzazione della società sul mercato, pur in assenza di nuovi investimenti, è però necessario che le attuali fonti di reddito vengano rinnovate.

La convenzione per la trasmissione delle sedute parlamentari va in scadenza a novembre di quest'anno. E' necessario comprendere come e in che forma deve essere condotta e portata avanti l'attività politica necessaria per ottenere il risultato del suo rinnovo.

Il mancato rinnovo della convenzione, oltre agli effetti sul pagamento dell'ultima rata di acquisto del 25% già citati in precedenza, provocherebbe quasi sicuramente la cessazione delle attività di Radio Radicale o il sostanziale mutamento di identità e quindi una probabile dismissione.

Il rinnovo della convenzione di Radio Radicale è quindi un passaggio fondamentale; potrà essere anche occasione per dare avvio a progetti più ambiziosi, che riguarderebbero l'area radicale nel suo insieme.

La situazione è analoga a quella in cui si è avviata ciascuna delle ultime campagne, dovendo però valutare se e quale effetto può essersi prodotto nel paese, attraverso l'investimento dei 60 miliardi, per la prospettiva di ulteriori campagne politiche.

Le soluzioni da proporre devono necessariamente tener conto dell'insieme dei vincoli che sono stati evocati, ponendo particolare attenzione a quei soggetti imprenditoriali che hanno ritenuto di trovare nella nostra iniziativa politica anche motivazioni di carattere economico. Non dobbiamo infatti dimenticare che tale impegno ha consentito di portare a compimento il processo fino ad oggi attuato. Da questo punto di vista, compito e responsabilità del soggetto politico è anche quello di individuare le iniziative più efficaci da attuare, che consentano di consolidare i rapporti già esistenti e di generarne di nuovi.

Tornando, per un momento, alla questione del fabbisogno finanziario complessivo dell'area di qui alla fine dell'anno (tra debiti pregressi prodotti dalle iniziative, coperti economicamente, ma non finanziariamente, nella misura di 4 miliardi - sempre che ci sia il rinnovo della convenzione di Radio Radicale e la conferma del fatturato di Agorà Telematica - e costi di struttura nell'assetto attuale, che si stimano in altri 4 miliardi, comprensivi dei debiti nei confronti di terzi del Partito Radicale e di Torre Argentina Società di Servizi), questo fabbisogno si può cifrare in 8 miliardi.

A questo fabbisogno finanziario si deve aggiungere quello relativo alle iniziative politiche del periodo. La determinazione di questa parte del fabbisogno può essere quantificata quindi al termine di questa riunione.

Già la cifra di di 8 miliardi da trovare attraverso l'autofinanziamento di qui alla fine dell'anno (4 dei quali rientrebbero dagli ultimi incassi previsti dalla vendita di Agorà Telematica e del Centro di Produzione, superati i vincoli, all'inizio del nuovo anno) è una cifra che rappresenta esattamente il doppio dell'autofinanziamento dell'intero anno '99. Da questo punto di vista va considerato che nella prima parte dell'anno 2000, attraverso l'autofinanziamento, abbiamo raccolto 4 miliardi a favore dei soggetti politici dell'area radicale. Va però anche considerato che questo risultato è stato il frutto di un pieno senza precedenti dell'iniziativa politica.

Siamo in grado ora, senza decidere di intaccare nuovamente il patrimonio, di porci obiettivi di autofinanziamento, di iscrizioni e sottoscrizioni, analoghi, come ordine di grandezza, a quelli del '93?

E' un interrogativo che lascio alla riunione. Per quel che mi riguarda, devo considerare che qualsiasi decisione noi prendessimo, anche su questo punto, dobbiamo avere per intero la consapevolezza che non sarà semplice portarla a compimento: dipenderà da ciascuno di noi; da quanta forza e determinazione ciascuno di noi riuscirà ancora a dedicare a quest'impresa radicale e soprattutto dipenderà dalla possibilità di elaborare e di proporre un progetto politico di pari ambizione a quello che ci ha visti uniti nell'ultimo anno e mezzo, per verificare come quest'impresa organizzata e patrimonialmente solida può incidere nella realtà italiana ed internazionale.

Conclusioni

Care compagne e cari compagni

Questi giorni di dibattito che ci aspettano sono dunque importanti per ridelineare strumenti e consolidare obiettivi. Io sono partito, in quest'intervento, da un obiettivo: quello, lo ripeto, di conquistare nuovi diritti e nuove liberta', guardano ad un mondo che cambia rapidamente e di cui la cultura e la politica radicale sono pienamente parte e devono esserne parte attiva per nuove conquiste democratiche e liberali.

Non so ancora cosa decideremo; questo dipende molto dall'esito dei nostri lavori. Ma se posso, anche da tesoriere, e ne ho bisogno, dichiarare un mio auspicio, potrei concludere questo mio intervento dicendo che negli anni la tessera radicale ha aperto molte porte. Le porte delle conquiste civili. Oggi è di nuovo venuto il momento per non lasciare che altre porte restino chiuse.

"Noi esistiamo - scriveva Marco con Adriano Sofri su un giornale che facemmo nel '93 per la campagna dei 30 mila iscritti - per quello che abbiamo previsto, auspicato, combattuto. Per quella dialettica tra movimento e istituzioni, fra nonviolenza, referendum, e parlamento, fra diritto, disobbedienza civile, capacità di governo che è la nostra. Questo ha consentito il miracolo economico di un'impresa raramente superiore a mille persone, spesso inferiore . Questa storia continua a operare in noi. Il rapporto tra la sua qualità e la sua quantità è messo oggi a una prova diversa. Significa quante persone. Significa quanti soldi. Nel momento in cui la naturalezza abituale e distratta della disonestà di un sistema lo precipita nella bancarotta, noi contiamo sui soldi che valgono, sui soldi con cui si compra una tessera, si prende un impegno, si tiene aperta la speranza".

Grazie e buon lavoro a tutti

 
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