Il signor Sergio Attolini lavorava come architetto capo al Comune di Brindisi. Un professionista come ce ne sono tanti, non fosse per un aspetto che lo rende, probabilmente, unico: è stato inquisito e processato trentasei volte; e trentasei volte è stato assolto. Per la trentasettesima, bisognerà attendere a metà novembre. Le incriminazioni di volta in volta parlavano d'abuso d'ufficio o di potere; per questo ha dovuto patire un migliaio di giorni agli arresti: parte in cella, parte ai domiciliari. Altro curioso particolare: se l'imputato era sempre lo stesso, anche il magistrato che apriva i fascicoli e i procedimenti, era sempre lo stesso. "I miei guai", racconta Attolini, "cono cominciati nel 1993. Inizialmente l'accusa è abuso di potere, omissione d'atti d'ufficio, poi la tentata corruzione. Quattro volte mi hanno sbattuto dentro". Prima sono stati 17 giorni; una sorta di "antipasto", visto che poi è arrivato un ordine d'arresto durato sei mesi; accompagnato dalla sospensione per cinque anni dall'uffi
cio.
Un inferno. Attolini, la moglie e i tre figli per tirare avanti sono stati costretti a svendere le proprietà di famiglia. Per le spese legali è andata meglio: il fratello è avvocato, non ha voluto una lira.
Se da Brindisi ci si sposta a Fasano, ci s'imbatte in un'altra sconcertante vicenda: il sindaco della città, Sante Nardelli ha subito ventun processi; conclusi tutti con assoluzione. "Diversi procedimenti", dice Nardelli, "li ha avviati quello stesso pubblico ministero che si è occupato dell'architetto Attolini. Mi sono fatto 17 giorni agli arresti, e dopo gli accertamenti patrimoniali, sono stato prosciolto. Pensate che mi contestarono addirittura la tentata concussione per aver sollecitato l'assunzione di un dipendente che non è mai avvenuta".
Lelio Luttazzi, l'indimenticabile animatore di Hit Parade che si vide stroncata la carriera a causa di una falsa accusa che lo portò ingiustamente in carcere, rivivendo quello che aveva dovuto subire e patire quando scoppiò il caso Tortora, spezzò il riserbo che si era imposto: "Una volta passato il Castello Kafkiano della Giustizia", scrisse, "si diventa pavidi e vili La responsabilizzazione dei P.M.: affermano che è impensabile, perché li paralizzerebbe. Allora propongo: che il Consiglio Superiore della Magistratura faccia un controllo annuale, biennale o triennale sulle schede di tutti i P.M.; quelli i cui imputati, dimessi perché assolti dopo un'ingiusta carcerazione, superano un prestabilito tetto numerico, vadano al Civile, fuori dalle scatole!".
Era, a ben vedere, una proposta estremamente ragionevole. Per questo, naturalmente, è caduta nel vuoto.