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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Angiolo - 11 novembre 2000
la prima libertà da garantire non è quella "della scuola", ma quella dell'insegnamento. Se non c'è libertà "dell'insegnamento" e "nell'insegnamento" non c'è nemmeno "insegnamento", processo che ha due protagonisti assoluti e solitari, il docente e il discente - senza famiglie o altro - ma c'è solo "indottrinamento", fatto sia per volontà del potere che della famiglia.

"Educare", viene dal latino "e-ducere", ex-ducere, cioè "estrarre", un processo che ha come obiettivo quello, appunto, di "estrarre" il soggetto in formazione dai suoi condizionamenti di partenza, dunque anche dalle famiglie; che invece vorrebbero, per una logica conservatrice, non farlo partire, separare, allontanare, ecc. Il maestro, il docente, deve essere dunque (oltre che seduttore, cioè uno che sa "secum ducere", cioè portar via, con sé) anche "levatrice" ( capace di arte maieutica, ecc.), colei che sa, perfino con una certa violenza, far partorire il "sé" dal "sé".

Poi, ciascuno fa quel che vuole: la famiglia cercherà di proteggere, o iperproteggere il figlio dall'esterno, scegliergli la scuola più protettiva, più "uguale" alla famiglia, meno problematica, dove l'"altro", il diverso, non c'è, non può esprimersi, ecc. Io però sto con Gide, quello che diceva "Familles, je vous hais" (era anche pedofilo).

Questo insegna la grande pedagogia, la cultura pedagogica da Chirone (grabnde seduttore, insieme con Socrate, immenso educatore) in poi.

 
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