L'ASSESSORE REGIONALE ALLA SANITA D'AMBROSIO (AN) RISPONDENDO A UNA INTERPELLANZA DEI CONSIGLIERI REGIONALI RADICALI DICHIARA: "AI MEDICI, SECONDO SCIENZA E COSCIENZA, LA SCELTA SULLE MODALITA DI INTERRUZIONE DELLA GRAVIDANZA"
Torino, 13 dicembre 2000
L'Assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Antonio D'Ambrosio (AN), ha risposto a una interpellanza su "Contraccezione postcoitale e aborto farmacologico" presentata dai consiglieri radicali Carmelo Palma e Bruno Mellano e dalla consigliera DS Giuliana Manica.
Gli interpellanti, rilevando come forme di aborto farmacologico fossero regolarmente praticate all'interno delle strutture pubbliche piemontesi (mediante il ricorso a farmaci chemioterapici e prostaglandine, non essendo stata ancora registrata in Italia l'RU486), ma fossero limitate a casi 'particolari' (gravidanze extrauterine e aborti cosiddetti terapeutici), richiedevano all'Assessore se qualche norma impedisse il ricorso generalizzato all'aborto farmacologico.
L'Assessore D'Ambrosio in risposta ha dichiarato pubblicamente che "àL'unica normativa di riferimento è la legge nazionale 194/78 (legge sull'aborto) che non impedisce né impone il ricorso generalizzato all'aborto farmacologico. La legge 194/78 riconosce alle donne, entro certi limiti, il diritto di scelta sull'interruzione di gravidanza, demandando ai medici, secondo loro scienza e coscienza, la scelta sulla modalità di interruzioneà". Dunque, per bocca dell'Assessore 'antiabortista' D'Ambrosio, la Regione Piemonte afferma che sulla base della legge 194/78 ogni divieto o limitazione all'aborto farmacologico è illegittima.
Carmelo Palma e Bruno Mellano hanno dichiarato:
"La dichiarazione dell'Assessore D'Ambrosio è il classico uovo di Colombo; pare scontata, è rivoluzionaria. Finalmente, dopo 22 anni, si prende atto ufficialmente che la legge del 1978 consente l'aborto, sia esso chirurgico sia esso farmacologico. Persino gli assessori 'antiabortisti' - quando devono rispondere in veste istituzionale, come l'Assessore D'Ambrosio ha dovuto fare - sono costretti a smentire la panzana secondo la quale per introdurre nel nostro Paese l'aborto farmacologico sarebbe necessaria la modifica della 194. L'aborto farmacologico è già praticato (anche oggi, senza RU486), secondo modalità del tutto legittime, in moltissime strutture pubbliche; è ampiamente generalizzabile (non è cioè limitato solo ad alcuni tipi di aborto) e non può essere impedito da alcuna 'direzione sanitaria' complice del pregiudizio antiscientifico e antigiuridico di chi, non potendo rendere l'aborto illegale, vorrebbe renderlo impossibile 'per via amministrativa'. L'aborto farmacologico rappresenta una alternativa a
ll'aborto chirurgico conveniente in termini economici e, nella generalità dei casi, preferibile in termini clinici, non presentando i rischi connessi all'intervento operatorio.
In questo quadro, è ancora più incomprensibile che continui a essere 'proibita' in Italia la registrazione dell'RU486, cioè del farmaco più indicato e più utilizzato in tutto il mondo per gli aborti farmacologici".
Per informazioni: Carmelo Palma (0329.593.36.76); Bruno Mellano (0329.593.36.78).