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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Rinascimento - 19 dicembre 2000
Relazione di Danilo Quinto
Riunione del Comitato di Coordinamento dei Radicali

Chianciano Terme, 14-17 dicembre '00

Prima di iniziare questa relazione, vorrei dire tre cose: 1) dobbiamo ringraziare davvero Marco Cappato per la relazione che ha fatto, perché credo che la sua relazione aiuti molto il dibattito che dobbiamo fare in questi giorni di lavoro; 2) vorrei che da questo Comitato vada un saluto a coloro che hanno dato vita e hanno partecipato alle elezioni on line, a coloro che non sono stati eletti e che per motivi oggettivi non possono essere qui con noi oggi: e che sono Francesca Mambro e Valerio Fioravanti. Una partecipazione, la loro, che per noi deve avere anche il senso di rilanciare un interrogativo che ancota non trova risposta e che riguarda la storia di questo paese: e se fossero innocenti? 3) vorrei anche ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato a scrivere questa relazione, e in particolare Alessandra Filograno. Ben sapendo che loro tre, insieme a Marco Eramo e ad altre compagne e compagni ci stanno ascoltando attraverso internet da via di torre argentina.

Care amiche e cari amici,

PREMESSA

ci sono due modi per tentare di introdurre una relazione come quella che mi compete (e che guarda alle casse dell'area radicale).

Uno che guardi ai dati finanziari e organizzativi puri e semplici, l'altro che cerchi di guardare per un minimo al contesto in cui ci troviamo. Ho buttato giù prima i numeri e le cifre e poi mi sono reso conto che non bastavano. E' come se un imprenditore non si preoccupasse di cercare di comprendere i fenomeni che gli stanno intorno, nella propria impresa come al di fuori.

E allora, spero sopporterete il mio tentativo di guardare un po' oltre, anche se appare obiettivamente difficile nella situazione attuale essere, come preferirei, più concreti.

Ci sono due possibili o diversi approcci per analizzare quanto sta accadendo: uno quello autoreferenziale e l'altro un po' più aperto ai fenomeni esterni.

Credo, cari amici, che il tentativo da compiere in questi giorni di lavoro, che si aprono oggi, dovrà essere quello di guardare doverosamente a noi stessi, senza per questo restare chiusi dentro noi stessi.

IL CASO ITALIA

Partiamo da una considerazione: viviamo in un'epoca storica in cui, come insegnano i sociologi o gli economisti, la relazionalità è obbligata (la globalizzazione ne è solo un esempio) così come lo è l'interdipendenza. A maggior ragione, in un contesto di questo tipo, ogni forma di necessaria autoreferenzialità che consenta di evitare il rischio di essere eterodiretti dai fenomeni esterni o di sentirci frustrati rispetto ad esempio a quelle ambizioni che spesso abbiamo definito rivoluzionarie verso la politica italiana, non può che essere una autoreferenzialità matura e dialettica.

Il nostro modo di essere partito politico nella storia italiana è stato nel corso di questi decenni unico ed è - spero di non essere frainteso dicendo questo - radicato anch'esso nella tradizione politica e culturale del sistema Italia. Lo è nella sua unicità e nella sua diversità rispetto al sistema dei partiti Stato, della cultura figlia del corporativismo fascista, della cultura erede del comunismo marxista, della cultura confessionale e clericale di quel cattolicesimo temporale che ha fatto e fa ancora dell'Italia territorio Vaticano, così come di quel liberalismo mai affermato pienamente e tanto chiacchierato nei convegni e negli slogan.

Queste caratteristiche del sistema e il nostro essere avanguardia, scritto nello stesso patrimonio genetico, nel nostro DNA, ci hanno reso e ci rendono, è inutile dircelo, alternativi rispetto alle componenti del sistema Italia.

Solo che spesso l'essere alternativi - basta pensare davvero alle singole esperienze individuali - viene interpretato o realisticamente diventa fattore di debolezza.

La capacità vera sta nel sapere di rappresentare alternativa e nel conferire a quel modo di essere fattori di flessibilità e di innovazione. E questo, non solo al nostro interno, anche in virtù di una continua assunzione di responsabilità individuale, ma anche all'esterno e guardando innanzitutto a quello scollamento tra la classe politica e il paese, conservando la capacità di non dire di non sapere e di non comportarci di conseguenza.

La mia, badate, non è un'auto-esaltazione ottimistica del nostro modo di essere.

E' una valutazione realistica.

La classe dirigente politica, ma anche quella sociale e culturale italiana non può non sapere che esiste un caso Italia e un'emergenza Italia. E' scelta irresponsabile farlo e da questo punto di vista, mandare a casa i referendum dello scorso maggio, è stata scelta politicamente calcolata (voluta da più parti, non solo da chi l'ha chiaramente espressa) che non ha guardato all'interesse reale del Paese.

E' miope far finta di non sapere: che in economia il processo di liberalizzazione e di privatizzazione è falsato quando non ostacolato; che il sistema burocratico e il potere dei sindacati rappresentano i padroni delle istituzioni stesse; che la giustizia è al collasso per inefficienza e per emergenzialismo; che si afferma una crescente disaffezione verso la partecipazione alla politica degli oltre 40 partiti (basta guardare i dati sull'astensionismo elettorale crescente o sulle adesioni ai singoli partiti); che l'ingovernabilità è ormai un connotato endemico delle istituzioni italiane grazie al proliferare dei partiti e alla mancanza di una riforma anglosassone delle istituzioni; che la società nuova e le nuove istanze che rappresenta sono imbrigliate dentro confini vecchi e inadeguati. E pensate, in parte lo dice anche il recente rapporto del Censis sulla situazione sociale dell'Italia.

Questi pochi ma significativi esempi sono il segno di un distacco reale tra l'emergenza Italia e una politica che si propone come se non sapesse e in un movimento perpetuo di deresponsabilizzazione. Qualcuno potrebbe dire: non è vero. La politica sa. La società pure. E iniziare a proporre esempi di promessa efficienza. Si potrebbe dire molto su questo, ma basta ricorrere a un riferimento che appartiene alla cultura liberale. Il problema della democrazia non è esattamente quello del governo più efficiente, perchè, se cosi fosse, altre forme di governo potrebbero esserlo ben di più. Il problema della democrazia è invece il problema di un governo che garantisca la maggiore libertà individuale possibile. In caso contrario si ha soltanto l'effetto di coprire con una terminologia democratica la ritirata dalle posizioni della democrazia.

Guardando alle fonti del pensiero politico liberale e democratico scopriamo l'equazione libertà - legalità come condizione indispensabile per fondare una democrazia. Montesqieu diceva che solo la forza delle leggi può regolare la vita dei cittadini in qualunque forma di Stato. Se solo in uno Stato decentrato la libertà si realizza pienamente, se solo una giustizia garante della libertà dell'individuo può essere rispettata, se solo le leggi rappresentative della volontà popolare sono imperative, soltanto i cittadini in grado di controllare la classe politica che li governa sono in grado di opporvisi quando questa diventa dispotica e potremmo aggiungere noi, diventa incontrollabile. Basti da questo punto di vista guardare al sistema dell'informazione e a quanto sta accadendo, non da ultimo, in questi giorni alla Rai con il preannunciato mega concorso della corporazione dell'Ordine dei giornalisti e dei precari piazzati negli ultimi cinque anni di governo della sinistra. E dall'altra parte non è che le cose sti

ano diversamente. Con buona pace di ogni ipotesi di privatizzazione del sistema radio-televisivo, di liberalizzazione del mercato giornalistico e di democratizzazione dell'informazione.

Oppure alla statalizzazione dei partiti, alla politica per dirla con Max Weber intesa come impiego. Dove tutte le lotte tra i partiti non avvengono soltanto per fini obiettivi, ma soprattutto per patronato degli impieghi. Tradizionalmente i partiti hanno distribuito cariche d'ogni specie: nei partiti, nei giornali, nelle associazioni, nelle casse malattia, nei comuni, nello Stato.

L'emergenza Italia è dunque emergenza di deficit democratico prima che di efficienza di governo. Qualunque miracolo promesso se non parte da questa considerazione rischierà di essere esercizio di leadership e non di governo di riforme liberali, democratiche, di progresso, di sviluppo e di libertà.

Eppure, se queste sono le premesse, siamo di fatto immersi ormai da settimane in quella che appare essere una lunga campagna elettorale.

Un'amica mi ha detto: "A dirla tutta verrebbe voglia di andare in Australia tra i canguri!". Anche perché, potremmo aggiungere, non c'è più scampo dopo che il Papa, sconfessando addirittura il cardinale Ratzinger, ha detto che anche gli atei possono finire nel Paradiso dei Cattolici!

E già, la Chiesa Cattolica e i suoi derivati partitici italiani. Apparentemente la campagna elettorale - che si preannuncerebbe come un rinnovato o stai di qua' o stai di la', se non fosse che gli "o di la'" sono sempre di meno e meno compatti - sembra dominata dallo spirito del centro decorato con infiorescenze primaverili. Margherite, Girasoli, Biancofiori, Cespugli.

E' pur vero che si voterà in primavera, salvo anticipi di stagioni, ma comunque si voterà contro i comunisti (non c'è che dire per molti italiani l'occasione fornita dalla comunicazione berlusconiana è ghiotta da questo punto di vista) o contro Berlusconi e comunque aspettando tutti di sentire cosa ne pensa il Vaticano. Con buona pace anche qui della laicità dello Stato.

LA QUESTIONE LAICA

Sì, perche' esiste una questione laica. Alcuni esempi recenti.

Lo ricorderete, il 20 settembre eravamo a Porta Pia per parlare di una cosa sconosciuta ai più: il Sillabo emanato da Papa Pio IX. Uno dei documenti più significativi della lotta del Vaticano contro il liberalismo, lo Stato di diritto e la civiltà in generale. Alcuni giorni fa poi, solo una parte dell'Italia, si è accorta del 30mo anniversario dell'introduzione del divorzio, mentre con un pò più di fatica il Parlamento ha reso possibile l'introduzione della "pillola del giorno dopo" come metodo contraccettivo, eludendo una questione ritenuta più scottante e posta con rigore dalla scienza e in politica nazionale da Emma Bonino: l'introduzione della RU486, un metodo abortivo chimico, già in uso in altri Paesi europei. Più recenti sono le prese di posizione del Ministro della Sanità Veronesi sull'opportunità di guardare al modello svizzero e aprire il bel paese all'antiproibizionismo sulle droghe, così come incentivare l'uso del preservativo innanzitutto per combattere l'Aids. Nel frattempo Papa Giovanni Paolo

II ha beatificato PIO IX, la Chiesa Cattolica ha assunto una posizione oscurantista e di retroguardia sul profilattico, e il centro-sinistra - come notava Rina Gagliardi su Liberazione, e non si può sospettare che non sia di sinistra - a Genova è andato in fumo. "L'Ulivo - ha scritto la Gagliardi - ha dimostrato di essere egemonizzato tanto dalla sua componente centrista quanto dallo schieramento avversario e, più semplicemente, non esiste."

E i laici dove sono? Non si sa.

Oppure un pò di qua e un pò di la'. Ma comunque tenuti a bada.

INTERNET

Nel frattempo, mai come oggi, il mondo è invaso da tanti uomini e donne muniti di apparecchi tecnologicamente avanzati che portano fino a Internet. Mai come oggi possiamo essere spettatori tanto del progresso della scienza e di quello tecnologico come delle catastrofi dell'umanità, superando il fossato che separa l'informazione dalla conoscenza. Mai come oggi possiamo non essere solo spettatori passivi del Grande Fratello (a proposito, non chiedetemi perché, ma ne sono spettatore affezionato), ma protagonisti del cambiamento dell'economia e della società. E mai come oggi la politica ha l'opportunità di tornare alla polis, aprendosi alla modernità fornita dalla tecnologia informatica.

E noi lo abbiamo fatto a partire dal nostro stesso Partito. Sono stati mesi di lavoro duro e per molti versi entusiasmante.

In una delle e-mail inviate a centinaia di migliaia di destinatari Internet abbiamo scritto, rievocando Totò e Peppino, ve li ricordate?:

"Noi vogliamo sapere: per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?" Ben consci che ciascuno nel suo lavoro, nella vita privata se sa dove vuole andare si chiede che strada vuole percorrere e che Internet è un modo per essere più liberi anche nella politica. Eppure per molti, spesso la politica sembra così lontana dalla vita reale. Ma quella è la politica di quei partiti che poco ha a che fare con le scelte di futuro di ciascuno.

Noi radicali sappiamo cosa vogliamo e dove vogliamo andare.

Le libertà individuali, la libertà economica, la giustizia giusta, le riforme istituzionali, la laicità dello Stato, l'informazione, la democrazia, lo sviluppo dei diritti, solo per citarne alcuni, sono obiettivi antichi e nuovi da conquistare. Per farlo da dove dobbiamo andare? Con il Polo, con l'Ulivo? Da soli? Sarà possibile farlo da soli o rilanciare una possibile alleanza?

Lo abbiamo chiesto intanto in un gioco senza Rete - come lo ha definito la Bonino - innanzitutto ai navigatori on line, perchè chi meglio dei nuovi lavoratori, dei nuovi imprenditori, dei nuovi disoccupati, delle nuove generazioni, delle donne protagoniste della nuova economia e della nuova società, può saperlo?

La risposta che è venuta dalla Rete, e attraverso essa, la conosciamo. Ed è stata una risposta politicamente rilevante anche per la consistenza che ha avuto un fenomeno vergine per la politica, che abbiamo voluto e creato e che sicuramente produrrà nuovi altri fenomeni. E come gli attenti osservatori della Rete sanno, è stato un successo.

Decidere di essere liberi, anche di votare, è stato un esperimento, un gioco democratico, ma la democrazia on line produrrà un avanzamento di quella off line?

IL PARTITO IN RETE TELEMATICA

Già nella relazione di settembre alla riunione del comitato di coordinamento avevo svolto osservazioni e riflessioni di carattere strutturale e progettuale relative all'obiettivo di realizzare al meglio le potenzialità offerte dalla rete e più in generale relative al progetto di mettere il "partito in rete". Le riprendo brevemente qui perché credo siano utili al dibattito di questi giorni, sia in relazione alla discussione che avremo sulla forma partito sia in relazione al risultato conseguito con le elezioni on line, che ci obbliga a considerare la rete come strumento importante della nostra iniziativa politica e credo anche che con la rivoluzione tecnologica in atto deve misurarsi - in termini di strumenti ed obiettivi - anche il Partito Radicale Transnazionale.

Le fasi indicate erano due: una, più interna, volta ad aumentare l'efficacia strutturale della nostra organizzazione rispetto al mondo della rete; l'altra, esterna, volta ad aumentare la presenza e la visibilità sulla rete dei soggetti dell'area radicale e delle loro iniziative.

Abbiamo cercato, in questi mesi, di affrontare entrambi gli aspetti del problema. Con molto lavoro e con qualche successo, consapevoli che l'avvio di questo processo comporta inevitabilmente un rivoluzionamento del modo di lavorare e di operare.

Sul piano più interno, i problemi che avevamo - e che sono in fase avanzata di soluzione, come dirò tra breve - erano sostanzialmente:

il ridisegno della struttura della comunicazione interna fra le componenti dell'area radicale e in particolare la costruzione di un sistema di posta elettronica interna completamente integrato con la posta internet e con la gestione dei fax;

la ridefinizione del sistema di gestione delle basi dei dati (gli indirizzari), secondo parametri di funzionalità che rispondano alle esigenze interne di gestione delle problematiche di associazione e di Call Center (e questo progetto è già in fase di test);

la creazione di un database di e-mail, funzionale alla possibilità di comunicare a tempo reale con coloro che diventano soggetti attivi attraverso l'interazione con i siti radicali;

la rivisitazione del sistema di connessione e di sicurezza della rete internet di Torre Argentina (entrambi questi ultimi due progetti saranno operativi entro gennaio);

così come entro gennaio sarà adeguata e potenziata la dotazione hardware e software della sede, sulla base di un piano preciso di omogeneizzazione delle dotazioni in uso e particolare attenzione sarà rivolta agli strumenti di assistenza e controllo delle configurazioni in remoto, in modo da garantire un servizio di assistenza e di manutenzione adeguato;

sempre la sede, entro gennaio, sarà dotata di nuove apparecchiature tecnologiche, che aumenteranno le potenzialità degli impianti audio-video, di sicurezza e controllo.

Questi progetti, già operativi, sono stati resi possibili grazie alla supervisione della società di Trento Delta Informatica e soprattutto grazie al libero contributo in danaro (superiore ai 400 milioni di lire) che Marco Podini - proprietario di Agorà Telematica, azionista al 25% del Centro di Produzione e imprenditore radicale - ha inteso destinare in relazione al progetto del "partito in rete" al soggetto politico radicale.

Si tratta di un primo, cospicuo investimento, al quale se ne dovrà aggiungere un altro - se avremo le risorse economiche necessarie - relativo, sempre sul piano interno, alla definizione dei flussi informativi che portino alla memorizzazione in maniera organizzata di tutta la documentazione prodotta dai vari soggetti dell'Area Radicale, in modo da garantire nel medio periodo la possibilità di agevole reperimento dei documenti prodotti in ogni fase della attività del Partito. Un sotto progetto di questa attività dovrebbe porre attenzione alla valorizzazione del patrimonio conservato negli archivi dei componenti dell'Area Radicale. Dovranno anche essere definiti dei "cammini di conoscenza" che permettano di utilizzare la conoscenza prodotta all'interno del partito in termini di notizie, documenti, appelli, mozioni e quant'altro per aggiornare e rendere dinamici i siti radicali.

Sul piano esterno. L'esperimento delle elezioni on line ci ha consentito di utilizzare strumenti tecnologici nuovi o già comuni (messaggi diretti, forum, newsletters, mailing list), così come ci ha obbligato a ricercare sinergie con altri attori dell'area internet e in generale dei mezzi di comunicazione: questo l'abbiamo fatto sia rispetto all'area dei portali generalisti (Virgilio, Yahoo, Msn.it, per citarne solo alcuni), sia rispetto ai giornali on line. Con i responsabili dei portali e delle società che abbiamo incontrato (Telecom, Tim, Microsoft, Ibm, Tiscali, Kataweb di Repubblica ed altri), abbiamo tenuto sempre presente l'esistenza del Centro di Produzione: della sua strategia e della capacità di quest'impresa di fornire, anche ad altri soggetti, grandi quantità di contenuti pronti per l'utilizzo su mezzi tradizionali e di nuova tecnologia, sfruttando le capacità acquisite negli anni nel settore dell'informazione istituzionale, politica, associativa e la decisione di Radio Radicale, a partire da lugl

io 1998, di sviluppare la sua attività anche su Internet.

Siamo consapevoli che sul piano esterno c'è ancora molto da fare verso il progetto della costruzione del partito in rete:

dovranno essere analizzati i siti radicali per verificare la loro effettiva aderenza al nuovo modello di presenza. In ognuno di essi dovranno essere adottati degli strumenti organici ed omogenei di comunicazione, sia per la modalità di broadcasting che per la modalità one-to-one e degli strumenti di ricerca personalizzabili che facilitino il reperimento delle informazioni;

dovranno essere ricercate in maniera sistematica sinergie con altri attori dell'area Internet e in generale dei mezzi di comunicazione che permettano di veicolare traffico sui siti dell'area radicale;

dovrà essere ideata e realizzata una strategia e una pratica di web marketing per il sito e per le campagne ed iniziative dell'area, che non si limiti alla pur necessaria registrazione nei motori di ricerca e monitoraggio del numero di visitatori e del loro comportamento all'interno del sito. La comunicazione via Internet deve diventare un elemento necessario della strategia di comunicazione del Partito e di qualsiasi iniziativa a livello nazionale e a maggior ragione internazionale;

dovrà essere data attenzione alla comunicazione personalizzata con gli aderenti sulla base di un profilo che venga continuamente alimentato da tutti i contatti personali o telematici che l'aderente ha con il partito. Particolarmente importante in questo caso è la funzione del Call Center che deve essere visto come una preziosa opportunità di conoscenza della persona contattata in modo da "ritagliare" la comunicazione ad esso rivolta secondo le sue preferenze e i suoi interessi;

potrebbe essere utile - e mi permetto di insistere e di sottolineare questo punto - una iniziativa editoriale autonoma dell'area radicale che riporti in formato giornalistico i messaggi prodotti dalle entità dell'area. Potrebbero essere veicolate su questa iniziativa risorse già presenti che a vario titolo producono contenuti in modo da generare un "giornale telematico" in continuo aggiornamento. Parte dei contenuti potrebbe anche essere prodotta da gruppi di appoggio e/o simpatizzanti attraverso l'utilizzo della Rete.

dovranno essere realizzate o potenziate le aree di comunicazione "autogestita" che permettano all'utenza di condividere informazioni e pareri con altre persone interne ed esterne al Partito;

dovrebbe essere considerato sempre più spesso l'utilizzo della rete come veicolo per la trasmissione di eventi in diretta, con l'uso di tecniche di web-casting o di eventi registrati, utilizzando la grande quantità di documenti in formato digitale presenti negli archivi dei soggetti;

dovrebbe essere considerata la possibilità di aprire dei portali tematici all'interno dei siti che raggruppino le informazioni a seconda di un criterio che può essere una particolare tematica;

dovrebbe essere considerata la opportunità di svolgere servizi "vecchi" (tra virgolette) con modalità nuove, come estendere il monitoraggio della presenza televisiva al mezzo Internet o la produzione di programmi specifici per Internet da parte di Radio Radicale o la raccolta di "firme" di appoggio ad una campagna o altro.

LE ELEZIONI ON LINE

Io non immaginavo ad agosto:

che saremmo riusciti a coinvolgere nel nostro "gioco democratico" 15.304 persone, comprese 269 persone residenti in 42 paesi diversi dall'Italia (2.674 nel mese di agosto, 1.900 a settembre, 6.371 ad ottobre, 3.636 a novembre, 2.941 a dicembre); considerando anche le 2.021 registrazioni cancellate (in gran parte perché contenenti dati anagrafici incompleti o relativi a persone che avevano effettuato più di una registrazione), il totale delle registrazioni è stato di 17.325;

a portarne al voto oltre due terzi (10.211, pari al 66.7% degli aventi diritto);

che l'evento di apertura del voto on line, realizzato con costi vicini allo zero, producesse in 24 ore non solo informazione, anche on line, ma l'immediata registrazione, in due giorni, di 1.000 persone. Altri avrebbero dovuto coinvolgere forse pubblicitari o professionisti del settore, per noi è bastata l'insostenibile leggerezza dell'immaginazione e di uno stand a Fontana di Trevi il giorno di ferragosto;

a far votare e registrare 8 Ministri, dieci Presidenti di Regione su 20, 18 deputati, 18 senatori, 2 eurodeputati, 13 Sindaci, 13 consiglieri comunali, 3 consiglieri provinciali, 15 consiglieri regionali, di tutti i gruppi politici;

a seguire passo passo, giorno dopo giorno, i problemi che l'esperimento ci imponeva di risolvere, a raccapezzarci tra web, siti, portali, connessione, mailing list, interattività, e-mail, password, provider, pin, unicità del voto, ican, lettere postali, controlli telefonici, spamming, il garante della privacy che chiede informazioni, i problemi del nostro server;

che alla chiusura delle votazioni on line, alle ore 16.00 dell'8 dicembre, il sito HYPERLINK http://www.radicali.it www.radicali.it registrasse più di 9.000 accessi in un'ora (pari al 12% del totale degli accessi al sito nel mese di novembre, che sono stati 75.403);

così come non immaginavo che nell'ultimo mese di quest'esperimento fossero visitate 1.200.000 pagine del sito radicale;

che il nostro Call Center sarebbe riuscito ad effettuare 12.000 conversazioni telefoniche in 20 giorni, per garantire la possibilità che i registrati sostenessero le liste ed esprimessero il voto (con una risposta positiva del 30% dei nostri interlocutori alla nostra richiesta di finanziare le iniziative radicali);

o che saremmo stati in grado di creare da un giorno all'altro una struttura di lavoro capace di:

verificare le registrazioni;

dare supporto telefonico 15 ore al giorno per chi non riusciva a registrarsi o a votare; ristampare le lettere con pin e password, redarre quotidianamenti grafici e andamenti delle registrazioni e delle votazioni;

controllare le candidature nelle 10 liste (verificando accettazione di ogni singolo candidato e il suo versamento di 200.000 al Comitato di Coordinamento);

gestire le e-mail in arrivo (ne sono arrivate più di 8.000, di vario tipo: richieste di cancellazione, richieste di invio lettera, messaggi di aiuto per i sostegni e le votazioni, mailer daemon di email errate);

gestire i ritorni postali delle lettere con pin e password.

Se non lo immaginavo, lo speravo.

Sapevo però che su quest'obiettivo saremmo diventati, come sempre, impresa, impresa politica.

Come ci è capitato con Radio Radicale, con Agorà Telematica, con la gestione di noi stessi, con la nostra lotta politica - di cui conosco la tenacia e la determinazione da 15 anni - tenacia e determinazione che devono moltiplicarsi sempre per garantire la vita di quest'impresa che è costretta a navigare sempre controcorrente.

L'AUTOFINANZIAMENTO

Controcorrente è stata, in tutti questi anni, ad esempio, tutta l'attività politica di autofinanziamento che abbiamo realizzato.

23.630 milioni di lire a favore dei soggetti politici dell'area radicale (Partito Radicale, Coordinamento Radicale Antiproibizionista, Esperanto Radikala Asocio, Nessuno tocchi Caino, Non c'è pace senza giustizia, Comitati referendari, Lista Pannella, Movimento dei Club Pannella - fino a luglio '97 - e questo Comitato di Coordinamento) dal '96 al 30 novembre di quest'anno. 81.638 versamenti.

Per il 2000, 5.938 milioni (1.700 milioni in più del '99), grazie a 14.523 versamenti effettuati da 10.705 persone (3.085 milioni per il Partito Radicale, 36 milioni per il Comitato di Coordinamento Antiproibizionista, 39 milioni per l'Esperanto Radikala Asocio, 261 milioni per Nessuno tocchi Caino, 37 milioni per Non c'è pace senza Giustizia, 71 milioni per il Comitato di Coordinamento, 1.333 milioni per i Comitati Referendari, 1.073 milioni per la Lista Pannella).

Un risultato complessivo che voglio definire straordinario, soprattutto perché è stato conseguito - e lo dico con umiltà - resistendo e lottando giorno dopo giorno, anche grazie all'invenzione, 4 anni fa, del primo - e a mia conoscenza ancora unico - call center italiano per l'iniziativa politica: con questo strumento abbiamo dato informazione sulla nostra esistenza a centinaia di migliaia di persone in questi anni, abbiamo effettuato alcuni milioni di contatti telefonici, abbiamo realizzato 17 miliardi (il 72%) dell'intero autofinanziamento (con una media mensile di 230 milioni di lire, una media settimanale di 52 milioni e una media giornaliera superiore ai 9 milioni), siamo riusciti a garantire che i costi annuali di quest'attività non superassero il 20% delle entrate e che all'interno di quest'attività crescessero individualità importanti per la "macchina organizzativa" dell'area radicale.

LA SITUAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA

Nel corso dell'ultima riunione del Comitato, demmo la notizia della decisione di Marco Podini di anticipare l'ultima rata di pagamento relativa all'acquisto del 25% delle azioni del Centro di Produzione (acquistate al prezzo di 25 miliardi): con questa decisione, l'ultima rata di pagamento, di 5 miliardi, che era prevista in scadenza a febbraio, è stata corrisposta, per i primi 4 miliardi, tra settembre e dicembre di quest'anno, mentre l'ultimo miliardo sarà corrisposto all'inizio del mese di gennaio.

Questo fatto ci ha consentito di onorare, alle scadenze stabilite, i debiti pregressi prodotti dalle iniziative del '99 e della prima parte dell'anno duemila.

Il residuo del debito prodotto da queste iniziative (4,2 miliardi) è coperto quindi dall'ultimo miliardo relativo alla vendita delle quote del Centro di Produzione e dall'ultima rata relativa alla vendita di AgoràTelematica (che, al netto delle tasse, è pari a 2.384 milioni, in scadenza alla fine di questo mese).

Il saldo economico è positivo per 1.500 milioni e può coprire i costi delle iniziative della seconda parte di quest'anno, relativi innanzitutto alle "elezioni on line" (l'acquisto delle pagine sui giornali, l'invio dei messaggi diretti agli utenti internet, il lavoro relativo al software di gestione delle elezioni on line) e allo svolgimento delle riunioni di questo Comitato (quelle di luglio, di settembre e di ottobre), pari complessivamente a circa 750 milioni di lire.

Rimane una partita di debito che il soggetto politico ha nei confronti del Centro di Produzione, pari a 5.400 milioni, al netto degli interessi.

Il costo complessivo delle iniziative a cui ci riferiamo (l'iniziativa Emma for President, le elezioni europee, la raccolta di firme sui 20 referendum, le elezioni regionali e il voto referendario) è stato di oltre 60 miliardi ed stato possibile sostenerlo avendo deciso - all'inizio della vita del Comitato di Coordinamento - di mettere a disposizione parti rilevanti del nostro patrimonio, che ne è risultato:

invariato, per quanto riguarda la società Torre Argentina, limitatamente alla sede e al Centro d'Ascolto dell'Informazione Radiotelevisiva;

ridotto a seguito della cessione di Radio Radicale Due e di Agorà Telematica;

incrementato, nel suo valore, per quanto riguarda il Centro di Produzione, di cui si continua a detenere il 75%. Infatti, dall'offerta iniziale della Rai, del dicembre '98, per la rete di Radio Radicale e l'Archivio, pari a 27 miliardi, si è arrivati oggi, salvaguardando l'identità di Radio Radicale, ad una valutazione potenziale superiore ai 125 miliardi.

Abbiamo speso questi 60 miliardi ogni volta senza garanzia di copertura, mettendo effettivamente in gioco tutto il patrimonio e riuscendo ogni volta a trovare soluzioni per onorare gli impegni presi.

Se questo è il quadro economico-finanziario delle iniziative svolte da febbraio '99 a giugno del 2000 e di quelle intraprese nella seconda parte di quest'anno, qualche cenno va anche fatto alla situazione finanziaria relativa alla struttura dell'area.

I debiti pregressi che fanno capo ai soggetti Partito Radicale, Lista Pannella e Comitati Referendari, Torre Argentina Società di Servizi, Centro d'Ascolto dell'Informazione Radiotelevisiva (considerando che la situazione di quest'ultimo soggetto non grava sui costi della struttura, perchè ampiamente autofinanziata), e i costi di struttura a preventivo dei medesimi soggetti possono essere garantiti, in un arco temporale di 6 mesi (da questo a mese al mese di maggio 2001), attraverso un introito finanziario di almeno 4,4 miliardi di lire.

Nel corso dei lavori di questi giorni, soprattutto nell'ambito del dibattito delle Commissioni, sarà opportuno approfondire questioni che sono aperte. Si può dire che la fase del Partito Radicale Transnazionale che abbiamo vissuto necessita una riorganizzazione, strutturale e di obiettivi, anche nella composizione maggiormente coordinata delle varie realtà associative dell'area (mi riferisco all'Associazione Esperantista, al Cora, a Nessuno tocchi Caino, a Non c'è pace senza giustizia).

Ci sono poi le iniziative da intraprendere nei prossimi giorni, nelle prossime settimane e mesi relative all'obiettivo politico che il Comitato di Coordinamento del luglio scorso ha deliberato:

"il rilancio di una campagna rivolta al terzo stato dei produttori, delle partite Iva, dell'impresa libera, autonoma e privata e alle loro rappresentanze, perch si mobilitino a sostegno delle iniziative di riforma per il mercato e le libert economiche proposte dai radicali, contribuendo ad assicurarne una significativa presenza parlamentare nella prossima legislatura".

E' bene considerare che oggi, rispetto al patrimonio, l'unica operazione concreta e nello stesso tempo difficile da realizzare può essere quella relativa ad ulteriori cessioni di quote della società Centro di Produzione.

Perchè non risulta in alcun modo conveniente, oltre ad essere oggetto di garanzia verso la minoranza, la cessione di rami d'azienda e in particolar modo la vendita della rete di Radio Radicale.

RADIO RADICALE

Il Centro di Produzione - come dichiara Marco Podini oggi in un'intervista al Corriere della Sera - è impegnato a perseguire un suo piano di sviluppo che tende a valorizzare l'azienda nel suo complesso, attraverso un processo di razionalizzazione, integrazione e sviluppo delle singole attività. Obiettivo di questa strategia è quello di rendere il Centro di Produzione capace di fornire, anche ad altri soggetti, grandi quantità di contenuti pronti per l'utilizzo su mezzi tradizionali e di nuova tecnologia, sfruttando le capacità acquisite negli anni ad operare nel settore dell'informazione istituzionale, politica, associativa.

Alla fine del mese di settembre si è avviata una fase di incontri con altri operatori per verificarne l'interesse su possibili sinergie. I primi tentativi si sono orientati sulle seguenti ipotesi: accordi con soggetti che già oggi diffondano per via telematica informazioni su eventi, utilizzando la sola forma scritta, per fornire ai loro abbonati la possibilità data dal Centro di Produzione Spa di seguire in audio ed in video lo stesso evento, in diretta o in differita con selezione di singoli brani; partecipazione ad iniziative imprenditoriali nel settore telematico che abbiano come specifico oggetto l'informazione la documentazione dell'attività politica italiana ed europea; iniziative in accordo con i soggetti fornitori di informazione istituzionale per avviare, attraverso la trasmissione delle sedute parlamentari tramite Internet, la messa in rete delle assemblee elettive regionali e locali. E' del tutto evidente che la realizzazione di ciascuna delle ipotesi prospettate avrebbe come effetto una valorizz

azione del Centro di Produzione, con il conseguente maggiore interesse da parte di soggetti terzi alla acquisizione di quote di partecipazione.

LA CAMPAGNA ELETTORALE

E veniamo alla campagna elettorale.

Abbiamo scritto in un annuncio sul Foglio "Noi siamo pronti ad alleanze. Ma loro (gli o di qua o di la') non vogliono allearsi con noi, perche' sono convinti che così non ci voterete."

Se questo e' un tassello importante del puzzle pre-elettorale per quanto ci riguarda, ce ne sono altri che vanno tenuti nella dovuta considerazione. Non sono pochi i segnali di attenzione e di ricerca di dialogo nei nostri confronti, e le elezioni on line ne sono state un esempio. Elezioni on line che hanno visto anche una situazione di sostanziale equilibrio tra i sostenitori dell'alleanza con il centro-destra e i sostenitori dell'alleanza con il centro-sinistra. Mi è non soltanto utile citare a questo proposito e per necessità di sintesi quanto ha scritto Renato Farina, vice direttore di "Libero" qualche giorno fa sul suo giornale: "Mi sono iscritto al Partito radicale. Non ho saputo dire di no a una gentile vocetta che mi interpellava telefonicamente. Ho mollato persino la lira - dice sempre Farina - Non e' che sono impazzito. Sono contro l'aborto e pesino contro la pillola del giorno dopo. Ma io con questa gente ci discuto. Sono persone che prendono sul serio chi ha una passione." Gia', la passione

Chi ama il proprio mestiere, chi ama ciò che fa e ciò in cui crede vive di passioni. E da questo punto di vista è difficile per noi radicali prendere le distanze dalla passione civile per i compiti e i destini del Paese, come per i destini dell'Europa, per i destini dei diritti umani o dei diritti civili. Lo stesso vale per le imprese e per le aziende non statalizzate. E di fronte alle passioni occorre stare attenti a non farsi travolgere per chi le nutre, ma è anche difficile non arrendersi di fronte ad esse per chi ci si confronta. In questo senso il dialogo con i poli in campo può essere ancora possibile? E' un interrogativo a cui siamo chiamati a dare una risposta urgente.

Certo, è indispensabile alimentare la nostra passione per quella politica di alternativa liberale, liberista, libertaria e aggiungerei democratica che ha motivato e caratterizza certa parte dell'Italia che lavora, che produce, che non trova garanzie e che vuole vedere riconosciuti i propri diritti senza vivere per tutta la vita da suddito di uno Stato paternalista e mammone ma avendo lo Stato al servizio, laicamente, delle proprie liberta' e dei propri diritti.

La legge elettorale vigente, tradita nelle sue ambizioni maggioritarie e conservatrice della tradizione proporzionalista all'italiana, costringe per molti versi alla ricerca di un accordo.

Per quanto ci riguarda è stato ed è ricerca di un confronto e di un dialogo serio che deve tenere nella dovuta considerazione che c'è chi ha remato e continua a remare contro, demonizzando i radicali, come certa sinistra che ci ha dipinti nell'essere a favore della libertà di licenziare (chissà perchè non di quella di creare nuovi posti di lavoro attraverso riforme liberali e strutturali dell'economia) oppure dall'altra parte come coloro che vogliono libertà civili destrutturanti della tradizione cattolica italiana (chissà perchè non quelle libertà che nel rispetto della coscienza dei cattolici, come di chiunque abbia una fede religiosa, garantiscano il rispetto della laicità dello Stato, senza scomodare John Locke e ricordare che prima di tutto si deve distinguere l'interesse della società civile da quello della religione).

LE FIRME

Nei file che restano aperti sul tavolo dei nostri lavori c'è l'urgenza di porci in condizione di presentare liste radicali autonome alle prossime elezioni politiche.

Le firme da raccogliere, autenticate e certificate, sono:

dalle 97.000 alle 110.000 per il proporzionale della Camera (dalle 4.000 alle 4.500 in ciascuna delle 26 circoscrizioni, tranne Trentino Alto Adige, Umbria, Basilicata (in ciascuna di queste regioni se ne devono raccogliere dalle 2.500 alle 3.000) e Molise (per questa regione se ne devono raccogliere dalle 1.500 alle 2.000);

dalle 237.500 alle 475.000 per il maggioritario della Camera: in ciascuno dei 475 collegi, dalle 500 alle 1.000;

dalle 59.750 alle 85.500 per il Senato (si raccolgono in ognuna delle regioni contemporaneamente per maggioritario e proporzionale): dalle 3.500 alle 5.000 in ciascuna delle 20 regioni, tranne Trentino Alto Adige, Umbria, Basilicata (in ciascuna di queste regioni se ne devono raccogliere dalle 1.750 alle 2.500), per il Molise e la Valle d'Aosta dalle 1.000 alle 1.500.

E' un'impresa possibile? Abbiamo appena iniziato a lavorarci. Come strumento di lavoro preliminare ci siamo dotati di un software nel quale abbiamo riversato tutti i dati dei nostri sostenitori e dei firmatari dei referendum, suddividendoli per regioni e per collegi di appartenenza. E tutto questo per avere la possibilità di individuare le candidature (e sono tante quelle necessarie, oltre 800) e le disponibilità per la raccolta delle firme).

Poi c'è tutto il lavoro preparatorio da svolgere relativo alla composizione delle liste, al deposito dei simboli, alla nomina dei rappresentanti di lista, ecc., tutte cose che Rita Bernardini può dire meglio di me.

Chi ha organizzato e materialmente fatto la raccolta delle firme per le elezioni regionali sa che cosa è stata quell'impresa e quanto è costata (quasi 3 miliardi di lire) e sa che quella raccolta di firme presenta minori difficoltà di quella di cui stiamo parlando.

Come faremo? Questa volta è difficile da dire. Dipenderà molto da questa riunione anche, e da come ciascuno deciderà di affrontare questo problema.

CONCLUSIONI

Avviandomi alla conclusione vorrei prendere in prestito un'osservazione di Giuliano Ferrara che qualche giorno fa acutamente osservava sul Foglio come la fase attuale sia una tipica situazione di rischio democratico in un paese di cultura istituzionale debole, in un Paese che non ha mai conosciuto un'ordinaria alternanza di forze diverse alla guida dello Stato.

La linfa della tradizione e della cultura dell'alternativa radicale e liberale non può che portare ossigeno alla soluzione di quella che lo stesso direttore del "Foglio" vede come una tragedia in forma di farsa, per di più mal recitata.

Insomma, care amiche e cari amici, se il coraggio della solitudine dopo avere raggiunto la cima di una montagna è quello di sapere di dovere essere pronti a scalarne un'altra, non per questo occorre perdere invece che conquistare, laicamente, la consapevolezza di poterci arrivare insieme a chi vuole armarsi del necessario per iniziare un'altra impresa, che si preannuncia come sempre difficile. Dovremo cercare gli strumenti più adatti e attrezzarci di conseguenza, senza dimenticare che le montagne contengono anche passaggi stretti e per niente rassicuranti.

Nelson Mandela nella sua autobiografia ha scritto: "Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho fatto alcuni passi falsi lungo la via. Ma ho scoperto che dopo aver scalato una montagna ce ne sono sempre altre da scalare. Adesso mi sono fermato un istante per riposare, per volgere lo sguardo allo splendido panorama che mi circonda, per guardare la strada che ho percorso. Ma posso riposare solo un attimo, perchè assieme alla libertà vengono le responsabilità, e io non oso trattenermi ancora: il mio lungo cammino non è ancora alla fine".

Aggiungerei che le sfide sono il pane che ci nutre e che del senso di responsabilità abbiamo fatto tesoro. Un tesoro radicale.

Vi ringrazio e auguro a tutti noi buon lavoro.

 
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