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Conferenza Rivoluzione liberale
Aduc Associazione - 20 febbraio 2001
SI RINNOVA LA COMMISSIONE CENSURA DEL CINEMA

COMUNICATO STAMPA DELL'ADUC

Associazione per i diritti degli utenti e consumatori

URL: http://www.aduc.it

mailto aduc.it@aduc.it

Tel.055290606 - 0552302266

CONTINUERA' MEGLIO LA SUA OPERA DANNOSA

Firenze, 20 febbraio 2001. Il ministero dei beni Culturali fa sapere che ha deciso di rinnovare la "Commissione di revisione cinematografica", piu nota come commissione censura, facendovi entrare i rappresentanti delle associazioni dei genitori, che si affiancheranno alla pletora di consulenti delle varie scienze ed arti educative che sono pagati per dirci quando un film debba essere vietato o meno ai minori di 14 o di 18 anni.

Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.

Dobbiamo confessare che ogni volta che sentiamo nominare questa commissione, siamo presi da un brivido sulla schiena, e la mente ci corre a periodi piu' tristi per la nostra Europa e ancora attuali in buona parte del mondo, dove c'e' sempre chi dice cosa e' giusto e cosa e' sbagliato per l'educazione e l'informazione del singolo.

Ci viene in mente, tra l'altro, che in Gran Bretagna si discutera' fra poco di abbassare il limite dei 14 per portarlo a 12, ma Oltremanica, si sa, in materia "sono molto diversi da noi".

Quel che ci preme contestare, non e' tanto l'esistenza di una commissione che svolga opera di indirizzo, ma che quanto deciso da questa commissione divenga poi norma valida per tutti. Stiamo parlando di un ambito -l'educazione e l'informazione dei giovani- dove, almeno fino a 18 anni (per oggi) la responsabilita' e' della famiglia o del tutore, e allora, perche' questa responsabilita' deve venir meno nell'ambito del cinema, e deve unificarsi alla volonta' di Stato? Non e' un'invadenza dello Stato nel privato di ognuno? Perche' un genitore/tutore non dovrebbe poter decidere se un film vietato debba essere visto o meno dal suo ragazzo?

Non abbiamo tanto da ridire sul fatto che uno Stato, attraverso una commissione che un ministro stabilisce come vuole nell'ambito dei suoi poteri, si faccia promotore di un giudizio, ma ci sembra quantomeno inopportuno che a questo giudizio ci sia l'obbligo di uniformarsi, a maggior ragione in una societa' in cui la pluralita' delle culture e degli approcci educativi e' sempre piu' vario.

E' evidente che dentro questo sistema censorio (come, del resto, in qualunque altro sistema di censura) c'e' una volonta' prevaricatrice dello Stato rispetto al singolo, convinto -lo Stato- di sue capacita' maieutiche superiori a chiunque altro: una visione del mondo, della societa' e dell'economia che ha riempito di lutti gli ultimi due secoli, ma che continua a trovare alloggio nelle stanze di quello che, senza far torto ad alcuno, possiamo serenamente chiamare Minculpop.

 
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