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SETTE - CORRIERE DELLA SERA
Giovedì 22 febbraio 2001 pag. 146

CI VOLEVA MARCO PANNELLA

PER "RADICALIZZARE" IL PRESIDENTE CIAMPI

di Francesco Merlo

Non sembra il vero presidente Ciampi, ma piuttosto il presidente Ciampi immaginato da Pannella quello che si è offeso perché Pannella ha usato contro di lui il solito linguaggio radicale, che è violento ma smaterializza la violenza, colpisce ma rende aereo il colpo, uccide ma toglie alla morte ogni traccia di fisicità. Rimane vero che la parola "pugno" pronunziata da Pannella fa molto più male del pugno vero di un leghista. Il linguaggio di Bossi, fatto di pallottole, musi di porco, lazzi omofobi e truculenze razziste, è uno sproloquio da bettola o da caserma che a volte disgusta ma non riesce mai a irritare, a colpire davvero, a ferire. Infatti, per affrontare Bossi, basta mandargli un vigile urbano, perché mai le sue sgangherntezze sono solidali con la dimensione intellettuale della convivenza civile. Al contrario, qualsiasi persona civile percepisce la sostanza intellettuale del ragionamento di Pannella, se solo la depura dalla retorica di Pannella.

Così, per esempio, tutti vedono la verità di quell'opportunismo politico imperante che nel linguaggio di Pannella diventa "regime", e tutti assistono al degrado del rapporto tra l'informazione e il potere che in Pannella è "la morte della libertà". E ancora tutti capiscono che Pannella ha il diritto di criticare, con tutta la forza morale del suo linguaggio eccitato, l'impotenza istituzionale nella quale gli pare costretto il Garante di tutto, anche di quell'opportunismo e di quel degrado.

Da sempre, i primi a non sopportare Pannella sono quelli che meglio capiscono la sostanza delle sue battaglie civili, ma vivono come una ferita la radicalizzazione della coscienza. E nel mondo laico ed è nella sinistra che si avvertono le più scomposte reazioni di malessere davanti a Pannella, il quale infatti è stato combattuto più dei democristiani e più dei missini, al punto da legittimare la vecchia vulgata del Pci secondo la quale "gratta gratta, dietro un radicale trovi sempre un fascista". E probabile dunque che Ciampi, o forse i suoi consiglieri, non si siano sentiti offesi, come ora dicono, dalle parole di Pannella, dalla cattiva educazione, dagli eccessi lessicali, dall'"insostenibile linguaggio". Piuttosto Ciampi si è sentito offeso perché sempre ci si sente offesi dall'insulto di un familiare, dall'insolenza di un compagno che condivide la tua stessa grammatica etica, e anzi di quella grammatica è il professore, l'autorità, l'eroe combattente,

Ciampi è un vecchio signore che la lunga e intensa vita ha reso esperto, un uomo che ha tanta saggezza da non indignarsi quando il leghista invoca "la morte e l'annegamento dello scarnificato Rutelli nelle acque torbide del Tevere" o il suo "accoppamento con un colpo sul collo come si fa con i conigli".

E tuttavia Ciampi si mostra indignato e inalbera le regole del cerimoniale davanti alla febbre lessicale, alla provocazione linguistica di Pannella, gli oppone la liturgia e la lingua manierata del ruolo, lo stile delle cancellerie, pur sapendo bene che nessuno può costringere Pannella dentro un cerimoniale, contenere il fiume radicale nella scaletta di una trasmissione televisiva alla Vespa, infilare le radici dentro un vaso da balcone. Sempre il linguaggio radicale è abitato da agili spasmi, da un'improprietà lieve e costante, da un gioco di trasmissioni espressive che è tipico del linguaggio poetico e del linguaggio etico. Rileggiamo Pannella, rileggiamo quel passo della lettera-appello che ha scritto sulla prima pagina del quotidiano Libero: "Tu sai bene quale sia il dovere che virtù repubblicana e pensiero liberale mi impongono. Il dovere di giungere ad abbatterti, a colpirti, a ucciderti quale Simbolo e Garante di un potere che offende, nega, uccide, la stessa legalità che proclama e che ha il compito

di servire". Ecco: a far saltare il linguaggio qui è la fortissima trama etica, la convinzione che l'etica non sia ancillare alla politica. Ed è questo che offende Ciampi: la radicalizzazione di un disagio che tutti sentiamo. A irritarlo, a irritarci, è la soluzione radicale a quel comune disagio.

Ovviamente Ciampi sa bene che mai Pannella attenterà alla sua vita. Ma sa anche che è lecito immaginare un altro modo di fare il presidente, un modo un po' più ostile a quella cultura politica che la retorica pannelliana definisce "di regime". E Pannella vorrebbe appunto che Ciampi non si spogliasse dei propri umori e che si radicalizzasse.

Invece, almeno in questo caso, Ciampi ha radicalizzato solo il cerimoniale e si è rifugiato nella forma. Al sostanzialismo etico di Pannella ha opposto lo stile, la sobrietà del linguaggio, il tono della voce, i passi felpati della funzione. Pretende di "sradicalizzare" i radicali. Che non è solo una cosa impossibile, un adynaton, come raddrizzare le gambe ai cani o asciugare il mare. Sarebbe anche un pessimo servizio agli italiani. Rutellizzare Pannella ci lascerebbe infatti tutti orfani di Pannella, senza magari essere mai stati pannelliani, Così come ci sentiamo tutti orfani degli scritti corsari di Pasolini, anche quelli che mai li condivisero.E dunque meglio lasciar straripare il linguaggio di Pannella, fiume in piena e alluvione, piuttosto che cercare di canalizzarlo in rubinetti di ceramica. Ed è strano infine che il presidente Ciampi non sappia che per smontare Pannella bisogna cominciare col sorprenderlo. Forse, se invece di dilatare la propria funzione, Ciampi, almeno in questa occasione, l'avesse

rimpicciolita... Forse, per essere grandi, qualche volta bisogna essere piccoli.

 
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