PRESSO IL TRIBUNALE DI TORINOIllustrissimo Signor Procuratore,
io sottoscritto Silvio Viale, nato a Cuneo il 2.6.57 e residente a Torino in via Sarre 4, medico iscritto all'Ordine dei Medici e Chirurghi della Provincia di Torino (n 13909) e Consigliere Comunale di Torino, a Lei mi rivolgo per esporre quanto segue.
Nell'ambito della mia attività professionale sono venuto a conoscenza che nelle aziende sanitarie e ospedaliere torinesi molti medici si rifiutano di prescrivere la cosiddetta "contraccezione di emergenza", meglio conosciuta come "pillola del giorno dopo" senza fornire alcuna documentazione clinica e senza riportare alcuna annotazione di tale diniego sui verbali sanitari.
Si potrebbe ipotizzare, a mio giudizio, un profilo di responsabilità penale perché si tratta di medici che esercitano le funzioni di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio nei confronti dei cittadini e perché potrebbero sussistere le circostanze di omessa sorveglianza da parte dei responsabili sanitari e dei Direttori delle Aziende sanitarie e ospedaliere.
Tutto ciò mi è stato riferito in diverse occasioni professionali e politiche. Da una sommaria verifica personale mi è apparso verosimile che negli ospedali torinesi, almeno in alcuni turni, i medici di servizio non prescrivano questo farmaco, come mi è stato informalmente riferito dal personale non medico e da alcuni colleghi.
Ho anche avuto segnalazioni riguardanti i servizi di guardia medica.
Occorre a riguardo tenere presente che la difficoltà ad avere notizie nasce dalla delicatezza della materia e dal conseguente imbarazzo personale che induce le donne, dopo avere subito la mortificazione, a non rendere pubblica la propria disavventura sanitaria.
La situazione è particolarmente grave nelle ore e nel periodo di chiusura dei Consultori Familiari (alla sera e dal venerdì pomeriggio al lunedì mattina) e di non attività dei medici di medicina generale.
Il farmaco, registrato per questa indicazione, è il "Norlevo". Per ottenerlo è necessaria la semplice prescrizione medica, non specialistica. Qualunque medico, sulla base dell'ordinaria valutazione anamnestica e dell'esclusione delle scarse controindicazioni cliniche, è in grado di prescriverlo. Se viceversa, in scienza e coscienza, ritenesse di non doverlo prescrivere, nello specifico caso in esame nonostante l'esplicita richiesta della donna, non dovrebbe riportare sul documento clinico le motivazioni del diniego? Non è forse il medico tenuto a redigere, e consegnare alla donna, la necessaria documentazione sanitaria soprattutto nei servizi di pronto soccorso e di accettazione pubblica, affinché ella possa utilizzarla nel rapporto con aòltri medici e per gli usi consentiti dalla legge?
Voglio sottolineare che, essendo questo farmaco pressoché innocuo in una gravidanza di qualsiasi epoca, non è necessario escludere una eventuale gravidanza in corso come viceversa viene fatto per moltissimi altri farmaci di prescrizione più comune e molto più pericolosi nell'ordinaria attività professionale medica..
La pillola del giorno dopo è considerabile una prescrizione necessaria ed indifferibile in relazione al fatto che l'efficacia contraccettiva dipende dalla tempestività dell'intervento, per almeno tre considerazioni.
La prima è che l'efficacia si riduce lievemente se viene assunta nelle prime 24 ore (95%) rispetto alle seconde 24 ore (85%), per scendere sensibilmente tra le 48 e le 72 ore (58%). Nelle note informative approvate dal ministero vi è infatti scritto che "la prima compressa va assunta al più presto possibile, preferibilmente entro 12 ore dopo il rapporto sessuale non protetto, e non oltre 72 ore dopo il rapporto".
La seconda è che spesso, come conseguenza di un incidente non previsto, vi è una componente ansiosa nel cercare di ottenere subito la prescrizione per evitare la probabilità, razionalmente inferiore al 10%, dell'inizio di una gravidanza non voluta, che potrebbe comportare scelte personali e relazionali più difficili.
La terza è che nei periodi di chiusura dei Consultori Familiari e degli ambulatori dei medici di medicina generale, non vi è un'alternativa alla possibilità di una assunzione del farmaco nel periodo di maggiore efficacia, o addirittura in tempo utile, se la donna viene respinta dalla struttura alla quale si è prontamente rivolta. E' naturale che, in analogia con altre esigenze sanitarie spesso meno immediate, ci si rivolga alla guardia medica o agli ospedali. In particolare proprio a strutture, ritenute specialistiche, come il S. Anna, che da sola assorbe quasi i due terzi dell'attività ostetrica e di IVG (interruzione volontaria della gravidanza) della provincia di Torino. Meno normale è che medici in servizio presso l'Ospedale Mauriziano o l'Ospedale Maria Vittoria, piuttosto che in Guardia Medica invece che prescrivere la pillola del giorno dopo inviino le donne ad un altro ospedale.
Su questi problemi ho sollecitato più volte invano, con interpellanze in Comune e scrivendo all'Ordine dei Medici, l'attenzione delle autorità sanitarie e non mi risulta che nel frattempo siano state emanate circolari o disposizioni specifiche sulla mancata prescrizione della "contraccezione d'emergenza" nelle strutture sanitarie da parte della Regione Piemonte o dei responsabili della sanità pubblica ai vari livelli.
Anzi viene da molti verbalmente invocata una sorta di obiezione di coscienza ai sensi della legge n 194 del 1978. A parte che tale circostanza non è verificabile in quanto non sono pubblicamente disponibili le liste dei medici che hanno comunicato la scelta di obiezione, si tratta, a mio giudizio, di una giustificazione impropria, che non a caso non viene trascritta nella documentazione clinica e che comunque non può esimere i responsabili dei presidi sanitari, che sono preposti al controllo, dal garantire la prestazione nei servizi pubblici e nelle strutture incaricate di pubblico servizio.
La legge 194 prevede l'obiezione di coscienza solo in relazione all'aborto volontario, e cioè in relazione ad una gravidanza accertata e documentata di cui si procede all'interruzione. Come è possibile certificare una gravidanza non ancora iniziata? Quale medico in scienza e coscienza può certificare che quella donna, che riferisce di avere avuto un rapporto (ma potrebbe anche non essere vero) sia in gravidanza? Quando la scienza viceversa ci dice con certezza che la somministrazione della pillola del giorno dopo non interrompe una gravidanza in corso e non la danneggia?
Viene infatti definita una contraccezione di tipo "intercettivo" proprio perché non è più efficace una volta che la gravidanza si è impiantata ed a conferma la nota informativa approvata dal ministero afferma: "Questo medicinale non è indicato in caso di gravidanza già in atto e non può interrompere la gravidanza stessa. In caso di insuccesso di questo anticoncezionale con proseguimento della gravidanza, studi epidemiologici hanno indicato che i progestinici non hanno effetti avversi di tipo malformativo sul feto."
La prescrizione della pillola del giorno dopo non può quindi rientrare nella precisa procedura prevista dalla legge per l'interruzione della gravidanza semplicemente perché agisce prima che si instauri una gravidanza, non la interrompe qualora sussistesse e non è documentabile in alcun modo.
Non adempiere alla prerogativa di prescrizione che la legge attribuisce al medico, soprattutto se pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, qualora non fosse adeguatamente motivato da documentabili controindicazioni cliniche potrebbe essere un reato per il medico e per coloro che hanno il dovere di sorveglianza.
Tanto premesso, Le chiedo di verificare l'eventuale sussistenza di estremi di reato e, di conseguenza, di procedere con gli opportuni provvedimenti nei confronti di chiunque ritenga responsabile.
Torino, 7 aprile 2001
Silvio Viale