durante la discussione sulla conversione in legge del cosidetto decreto sulla riduzione del danno, La Camera dei Deputati, con parere favorevole del Governo, ha approvato un emendamento, che reinserisce nella legislazione nazionale sulla droga una delle norme più illiberali ed odiose della legge Jervolino Vassalli (anzi, ad essere precisi, del D.M 445/90 che alla Legge 162/90 dava- se così possiamo dire- attuazione, restingendo la possibilità di cura delle tossicodipendenze con farmaci sostitutivi).
La norma in questione ( di cui all'art.1 comma 3 del testo di conversione approvato dalla Camera), riserva la possibilità di prescrivere e somministrare metadone ai soli medici dei Servizi per le Tossicodipendenze delle USL, e quindi esclude di fatto il 99% dei medici italiani dall'esercizio della professione nei confronti di tossicodipendenti.
Non sta a noi spiegarle quanto sia improponibile disciplinare l'esercizio della professione medica nella cura delle dipendenze con il "divieto" di ricorrere al farmaco più utilizzato, più sperimentato, più sicuro e più efficace per le patologie tossicomaniche da oppiacei.
Sta a noi piuttosto ricordarle che questa norma reintroduce una disciplina abrogata nel 1993 (non 30 anni fa) per via referendaria, e che, quindi, questa versione del decreto, al di là degli aspetti di merito, manca anche di quel minimo di decenza istituzionale, di decoro, di rispetto della volontà popolare, che si dovrebbe presumere e richiedere da ogni provvedimento legislativo, ma a maggiore ragione da quelli che riordinano una materia su cui è già intervenuto un giudizio referendario.
Di quanto è avvenuto la riteniamo responsabile, a maggiore ragione se questa norma (quella del metadone di stato o "di casta") è contraria, come presumiamo, ai suoi stessi convincimenti e lei è stata costretta ad accettarla per "altre" ragioni (qualcuno direbbe politiche, ma di quale politica?).
Le ricordiamo inoltre che i due precedenti Governi, meno, sulla carta, disponibili dell'attuale a riformare le politiche sulla droga in senso "liberale", pur facendo una pessima, a volte orrenda, politica sulle droghe, non sono mai giunti al punto di rovesciare il risultato referendario, e ne hanno al contrario dato una qualche attuazione (come fece il ministro Costa, con le sue Linee Guida per le cure delle tossicodipendenze da oppiacei con Farmaci sostitutivi, emanate nel settembre 1994).
Se il decreto venisse approvato in questa forma, interromperebbe le migliaia di trattamenti metadonici attualmente in corso presso medici di medicina generale o presso altre istituzioni sanitarie; ridurrebbe, anzichè il danno, i diritti e le cure per tutti i cittadini tossicodipendenti; impedirebbe quanto negli ultimi anni è stato sistematicamente invocato ed auspicato: il coinvolgimento dei medici di famiglia nella cura dei tossicodipendenti.
Gli stessi medici dei Sert, attraverso le proprie organizzazioni, hanno pronunciato parole di aspra critica al monopolio sul metadone che il decreto assegna loro.
Le faccio un esempio, che probabilmente lei conoscerà, ma su cui è bene che rifletta: nella sola provincia di Trieste più di 40 medici (che non prestano servizio nei Sert) prescrivono metadone a centinaia di tossicodipendenti. Lo fanno da quanto la normativa lo consente, cioè da dopo il referendum, ed hanno dimostrato una intraprendenza meritoria. Dall'oggi al domani, potrebbero essere costretti a sospendere i trattamenti, ed a "girare" i pazienti ai medici dei Sert, senza alcuna assicurazione sulla continuazione della terapia, anzi a volte con l'assoluta certezza del contrario.
E' per lei questo un esempio di riduzione del danno?
L'iter del provvedimento le assegna in questa fase nuove responsabilità: è tecnicamente impossibile, visto che il decreto decade il 17 luglio, che il Senato possa convertire definitivamente in legge il provvedimento, a meno che non approvi, senza emendamenti, il testo licenziato dalla Camera; in caso di decadenza spetterà al Governo di reiterarlo. Dunque, in qualunque ipotesi, spetta a Lei, ed al Governo (e in parte alla maggioranza), intervenire per impedire la definitiva conversione in legge del decreto in Senato, o per reiterarlo in una forma diversa rispetto a quella licenziata dalla Camera.
Per questa ragione riteniamo nostro dovere esercitare nei suoi confronti, e in quelli del Governo, la massima pressione a che dopo un errore non si compia un orrore.
Speriamo che in questi giorni le giungano messaggi analoghi, da parte di quanti per questo decreto rischiano di perdere molto -non solo cittadini medici e tossicodipendenti, ma tutti quei cittadini italiani, lei compresa, che sono stati defraudati del risultato referendario.
La forma che noi scegliamo è quella che ci consente ed assegna la nostra cultura e tradizione, e la nostra condizione "clandestina" (non è una lamentela: ma che tutti gli organi di informazione, eccezion fatta per radio radicale, abbiano mancato di riportare quanto, su questo decreto, abbiamo fatto e detto è una spiacevole coincidenza).
Dunque, nei confronti Suoi e del Governo, scegliamo la forma del "digiuno di dialogo", che per il Cora, con il Cora, e per i diritti dei medici e dei tossicodipendenti, inizierò da questa sera a mezzanotte (nella speranza che che anche a lei, a volte, la notte porti consiglio).
Distinti saluti.