Il testo penso possa essere utile per rispondere alle più scontate obiezioni proibizioniste, tanto più che ci sono dati precisi sull'Olanda e sulla Svizzera.Spero di non aver fatto proprio una XXXXXX e che possa servire a qualcuno.
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SU ALCUNI LUOGHI COMUNI DEL PROIBIZIONISMO
a cura di Fabrizio Starace(*)
Prima affermazione
La politica olandese di legalizzazione dei derivati della cannabis è un insuccesso. Tra il 1984 e il 1992 tra gli adolescenti olandesi il consumo di marijuana è aumentato di circa il 200%. Le autorità e i cittadini hanno espresso allarme sull'aumento del consumo di droghe leggere tra i minori e per l'incremento dei crimini e del "turismo della droga". Per questo il Parlamento olandese ha dimezzato i coffee shop, ha aumentato l'età minima ammessa per i consumatori da 16 a 18 anni e ha ridotto la quantità personale acquistabile di cannabis da 30 a 5 grammi.
L'Olanda non ha tecnicamente legalizzato i derivati della cannabis, ma ne ha decriminalizzato l'uso: obiettivo primario della politica olandese è la salvaguardia della salute dei consumatori, da un lato, e, dall'altro, la riduzione dei danni derivanti dalla perseguibilità legale dell'uso. Le evidenze che giustificano ed incoraggiano tale approccio sono:
1) una trascurabile percentuale di utilizzatori di derivati della cannabis fanno uso di servizi specialistici;
2) la separazione dei mercati limita il passaggio ad altre sostanze stupefacenti;
3) la decriminalizzazione evita lo stigma sociale dell'arresto e/o della detenzione e le conseguenze ad esso associate in termini di acquisizione di modelli devianti di comportamento in conseguenza (e non a causa) dello stesso.
Chi afferma che questa politica danneggia i giovani evidentemente adotta criteri di definizione del "danno" differenti da quelli dichiarati dalle autorità olandesi.
I dati relativi all'incremento del 200% dei consumatori in età adolescenziale dal 1984 al 1992 sono parziali. Infatti:
1) tali percentuali sono riferite ai giovani che hanno dichiarato di aver fatto uso almeno una volta nel mese precedente l'intervista;
2) è lecito attendersi che una quota maggiore di giovani dichiari tali comportamenti se gli stessi non costituiscono reato perseguibile;
3) in oltre la metà dei casi il comportamento veniva indicato come "sperimentazione" d'uso;
4) un aumento del consumo di derivati della cannabis è stato registrato nella quasi totalità dei Paesi occidentali, anche laddove venivano adottate politiche repressive e francamente proibizioniste.
Più che giudicare negativamente la politica olandese, che ha ottenuto i risultati attesi, i proibizionisti farebbero meglio a preoccuparsi del reale fallimento della politica repressiva proprio negli USA che ne sono il principale sostenitore.
In Olanda le politiche sulle tossicodipendenze ed i loro effetti diretti e indiretti sono oggetto di una costante e rigorosa attività di monitoraggio. Le recenti decisioni assunte dal Parlamento olandese confermano la linea politica intrapresa, concedendo marginali restrizioni (riduzione della quantità acquistabile da 30 a 5 grammi) alle pressioni esercitate dalla Francia. La situazione è tuttavia di fatto immodificata.
Circa il turismo legato alla droga è appena il caso di ricordare che esso è determinato dalle politiche proibizioniste dei Paesi confinanti. In particolare, il governo francese ha colpevolmente limitato sino a tutto il 1995 l'uso del metadone nei trattamenti sostitutivi per la tossicodipendenza da eroina, rendendosi responsabile di gravissime conseguenze sul piano della sanità pubblica.
Seconda affermazione
La legalizzazione delle droghe non diminuisce la criminalità. La proposta di estendere l'esperienza olandese agli altri Paesi dell'Unione Europea è contraddetta proprio da tale esperienza. I costi sanitari, sociali e della giustizia esploderebbero in una situazione di legalizzazione.
Le più diffuse affermazioni dei proibizionisti lasciano capire che troppo spesso essi non sappiano distinguere tra effetti diretti e indiretti (cioè legati a fattori individuali e contestuali) di una sostanza e che essi non facciano differenza fra sostanze i cui effetti possono essere diametralmente opposti (si consideri l'effetto analgesico e narcotico dell'eroina e l'effetto eccitante dell'amfetamina). I comportamenti criminali il cui incremento viene continuamente paventato non sono certo attribuibili agli effetti dei derivati della cannabis e le previsioni di incremento di spesa sanitaria e assistenziale mostrano la mancanza di conoscenza delle più elementari nozioni farmacologiche.
Quanto all'aumento delle spese per la giustizia criminale, i proibizionisti potrebbero riferire quelle relative agli USA, ove l'enorme dispendio di risorse finanziarie nella war on drugs non ha minimamente rallentato l'espandersi dei fenomeni criminali: negli USA il tasso di criminalità violenta è tre volte superiore a quello olandese!
L'aumento della criminalità generale è un fenomeno di carattere generale, avvertito nella maggior parte dei Paesi Europei e negli USA. E tuttavia, i tassi di criminalità mostrano un andamento in discesa (ad esempio nelle rapine a mano armata) in Olanda a partire dal 1991.
Terza affermazione
Non è vero che la legalizzazione eliminerebbe il mercato nero e ridurrebbe l'attività delle organizzazioni criminali. L'esperienza olandese dimostra il contrario: dal 1988 al 1993 il numero dei gruppi criminali in Olanda è passato da tre a novantatré.
Anche l'aumento del numero di gruppi criminali va riferito ad un fenomeno di carattere più generale, legato anche alla caduta della "cortina di ferro". Semmai la contraddizione offerta dall'attuale politica sui derivati della cannabis del governo olandese va individuata nel permanere dell'illegalità dell'approvvigionamento di tali sostanze da parte dei coffee shop autorizzati a venderli al dettaglio. Questa contraddizione potrà essere positivamente superata solo con una reale e completa legalizzazione.
Quarta affermazione
La legalizzazione delle droghe, consentendo produzione e commercio e garantendo la disponibilità di droghe come marijuana, cocaina ed eroina, non ne diminuirà l'uso.
Gli effetti che è ragionevole attendersi dalla legalizzazione di qualsivoglia sostanza attualmente usata illegalmente sono:
1) la qualità della sostanza migliorerebbe e di conseguenza si ridurrebbero i rischi associati alle manipolazioni chimico-fisiche;
2) il costo diminuirebbe in maniera più significativa per quelle sostanze in cui il valore aggiunto dovuto all'illegalità è più elevato;
3) le spese per le attività di repressione sarebbero ridotte ed orientate alla lotta ai narcotrafficanti internazionali, liberando al contempo risorse per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti;
4) probabilmente l'uso aumenterebbe inizialmente per poi stabilizzarsi ed eventualmente diminuire anche in relazione ad iniziative informative e di riduzione della domanda;
5) diminuirebbe l'uso pericoloso;
6) il fenomeno potrebbe essere monitorato ed in definitiva controllato.
Quinta affermazione
Non è vero che la legalizzazione ridurrebbe i problemi sanitari e la diffusione di malattie come AIDS ed epatiti. Gli esperimenti svizzeri tentati a partire dal 1987 sono stati disastrosi e il "parco della droga" di Zurigo è stato chiuso. In Italia, nonostante sia depenalizzato il possesso per uso personale, il 70% dei casi di AIDS è attribuibile all'uso di droga.
L'esperienza svizzera cui molto spesso i proibizionisti (ma anche gli organi di informazione) fanno riferimento è quella di Platzspitz: esso non è affatto un esempio di legalizzazione ma al contrario di "proibizionismo circoscritto" per evitare il dilagare del fenomeno in tutta la città, una misura d'emergenza inevitabilmente fallita. Diverso il discorso circa la somministrazione di eroina sotto controllo medico. A questo proposito si riporta una sintesi dei risultati a 18 mesi dell'esperienza svolta a Zurigo:
* non sono stati registrati problemi degni di nota per quanto riguarda la gestione del ambulatorio e in un gran numero di partecipanti si sono potuti registrare dei buoni sviluppi;
* la maggior parte dei partecipanti esprime opinioni positive sul progetto. Parlano di una normalizzazione nei ritmi della giornata, di un alleggerimento della situazione finanziaria e di un miglioramento della loro situazione sanitaria;
* la gestione dell'ambulatorio non ha creato problemi agli abitanti della zona per tutti i diciotto mesi;
* la prescrizione di eroina anche diciotto mesi dopo l'inizio della sperimentazione non si dimostra problematica. Non si sono presentati effetti collaterali né casi di sovradosaggio;
* in un setting che lascia ai partecipanti un'ampia autonomia di gestione nel loro consumo di stupefacenti si rileva una riduzione sia del numero delle assunzioni giornaliere, sia della quantità di stupefacenti consumata;
* nell'arco di un anno la frequenza di consumo è diminuita in media da 2,53 a 2,07 assunzioni al giorno. Mentre nel giugno del 1994 ancora il 62% dei partecipanti ricevevano 3 somministrazioni al giorno, un anno dopo tale percentuale si è ridotta al 38%;
* la dose media giornaliera dell'eroina consumata per via endovenosa è diminuita nell'arco di un anno da 437 mg a 331 mg che corrisponde ad una riduzione di 106 mg, pari al 24%;
* nel 1994 sono stati accolti nel progetto in totale 68 persone (12 donne, 56 uomini). Fino alla fine del giugno 1995 sono stati registrati soltanto 14 drop-out (21%), i quali hanno abbandonato il programma senza dare motivazioni o sono stati allontanati. Il 16% (11 persone) si è potuto trasferire ai programmi successivi, o ha smesso di consumare droga. Il 63% (43 persone) a tutt'oggi partecipa al progetto "Lifeline";
* tutti i partecipanti, alla fine del giugno 1995, disponevano di una dimora fissa;
* la percentuale di persone con lavoro o impiego fisso è aumentata progressivamente. Alla fine del giugno 1995 poco meno del 40% erano disoccupati, circa il 60% avevano impegni giornalieri più o meno regolari e fissi da rispettare, in gran parte partecipazione a programmi sociali di occupazione e integrazione lavorativa;
* una decina di partecipanti ha presentato difficoltà nell'uscire dall'ambiente della droga;
* la percentuale delle persone che consumano cocaina proveniente dal mercato clandestino si è ridotta dall'87% all'inizio del progetto, al 38% del marzo 1995. Da allora il consumo di cocaina sta aumentando di nuovo notevolmente e rimane uno dei più grossi problemi insoluti;
* dal giugno al settembre 1994 è stato realizzato un progetto pilota con la prescrizione di sigarette a base di cocaina. Visti i risultati soddisfacenti conseguiti dall'esperimento, si è fatto domanda all'Ufficio Federale della Sanità Pubblica per prolungare la durata del progetto;
* il 18 gennaio 1995 il Consiglio comunale di Zurigo ha accordato l'ampliamento del progetto Lifeline da 50 a 150.
Sulla questione dell'incidenza dell'AIDS basti ricordare che la diffusione dell'infezione da HIV nei tossicodipendenti è oltre 10 volte maggiore in Italia rispetto all'Olanda.
Interventi a basso costo di riduzione del danno (che non è legalizzazione) hanno mostrato grande efficacia nel fermare la diffusione dell'AIDS in diversi Paesi (Australia, Nepal) e nel rallentarla in altri (Tailandia, Gran Bretagna). E' stato recentemente calcolato che se tali interventi fossero stati implementati negli USA, invece di essere colpevolmente impediti dalla politica proibizionista nonostante i risultati di sei rapporti ufficiali che indicavano questa necessità, il numero di infezioni da HIV che avrebbero potuto essere prevenute tra il 1987 ed il 1995 oscilla tra 8.361 e 19.673 con un risparmio stimato tra i 500 milioni ed oltre il miliardo di dollari.
Sarebbe interessante conoscere il pensiero dei proibizionisti sui 10/20.000 nuovi casi di infezione da HIV tra tossicodipendenti attribuibili, secondo uno studio di ricercatori americani presentato alla recente Conferenza Internazionale sull'AIDS di Vancouver, alle attuali politiche proibizioniste mantenute anche dalla democratica amministrazione Clinton.
Sesta affermazione
La legalizzazione, anche se si limitasse ai maggiorenni, renderebbe la droga disponibile anche per i minorenni. La storia e le ricerche dimostrano che la legalizzazione incrementerebbe il numero dei consumatori e dei crimini correlati all'uso di droga e avrebbe un impatto devastante sullo sviluppo fisico e intellettuale dei giovani.
Sulla disponibilità ai minori delle sostanze ad azione psicoattiva forse occorrerebbe ribadire che solo nell'attuale regime di legalizzazione del tabacco e degli alcoolici è possibile prevedere campagne dissuasive, limiti d'età, proibizione della pubblicità, ecc.
Le statistiche diffuse dal National Institute of Drug Abuse (NIDA) sull'aumento dell'uso dei derivati della cannabis nei giovani americani osservato negli ultimi anni (NIDA Report, March-April 1995) sono l'evidenza più eloquente della cattiva coscienza di chi mette in guardia sui possibili pericoli di approcci innovativi senza considerare il clamoroso fallimento delle politiche proibizioniste.
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Questa scheda trae spunto dall'articolo "No, legalizing drugs would harm young people in Europe" di Joseph A. Califano, presidente del National Center on Addiction and Substance Abuse della Columbia University di New York, pubblicato dall'International Herald Tribune il 18 ottobre 1996.
L'articolo era rivolto contro la commissaria europea Emma Bonino che recentemente, in varie sedi, ha ribadito le proprie convinzioni antiproibizioniste e le proprie proposte di modifica delle politiche attualmente vigenti in materia di droghe nei Paesi dell'Unione Europea. Nell'articolo, J.A.Califano ha riportato quasi integralmente un intervento al Congresso americano dell'Hon. Gerald B.H. Solomon (Congressional Record, E482-484, 4.7.95) già puntualmente smentito dalla Dr. Inge P. Spruit, responsabile del Research and Information Dept. presso il Netherlands Institute on Alcohol and Drugs.
(*) Coordinatore nazionale del CORA-Coordinamento Radicale Antiproibizionista, docente di Igiene mentale presso la Scuola di specializzazione in Psichiatria della Seconda Università di Napoli, Honorary lecturer presso il Royal Free Hospital School of Medicine della University of London, già consulente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità
Ha collaborato Roberto Spagnoli